Piero Gros: “Fare l’atleta è un privilegio”
Alla serata per la proiezione del docufilm "La Valanga Azzurra", con Panathlon, Azzurri e Maestri di Sci
ALESSANDRIA – “Quando andavamo allo Stelvio, d’estate, per gli allenamenti, si sciava tra due ali di folla. ‘La Valanga Azzurra’ ha dato un impulso straordinario allo sci in Italia”.
Piero Gros confessa di aver partecipato a tutte le serate organizzate per presentare il docufilm di Giovanni Veronesi, omaggio ai sogni di un bambino appassionato della neve, il regista, e a una squadra che “faceva tremare il mondo”, alla maniera del Bologna scudettato. “Una famiglia” come la definisce, nel film, Oreste Peccedi, l’allenatore di quell’insieme di atleti straordinari, scomparso quasi un anno fa.
Gros ringrazia la Fandango, Procacci e Veronesi per aver fatto rivivere anni forse irripetibili. “La Valanga Azzurra è nata già alla fine degli Anni Sessanta e sono convinto che ci sarebbe stata continuità con Leonardo David, atleta fortissimo e sfortunato, che sarebbe stato l’anello di congiunzione tra noi e Alberto Tomba“.
La serata, in due tappe, a Centogrigio e alla Multisala Kristalli, è l’omaggio di Panathlon Club, Atleti Azzurri e Maestri di Sci alla città. E il sindaco Giorgio Abonante ringrazia per una opportunità straordinaria di rivivere una epopea attraverso il racconto, spontaneo e totale, di chi quegli anni li ha vissuti sul palcoscenico mondiale.
Davvero un evento eccezionale, sottolineato da Peo Luparia, Giulio Sartorio e Marcello Pittaluga
Gros che si considera, “come i miei amici di quella squadra”, un ragazzo “privilegiato”, perché “è una fortuna poter vivere la propria passione ad altissimo livello. . Un privilegio di cui ci si rende conto dopo e questo film mi permette di riscoprirlo ad ogni serata”.
Racconto a ruota libera
Racconta Gros che tutti i protagonisti coinvolti da Veronesi hanno scoperto le parole e i contributi di ognuno solo quando il docufilm è arrivato alla Festa del Cinema di Roma. “Non c’era un copione da seguire, è stato un racconto a ruota libera, per questo ancora più bello ed emozionante”.
Gros che svela di conservare, accanto alla Coppa del Mondo – “era così pesante da sollevare, eppure mi sembrava leggera” – la prima medaglietta conquistata a 5 anni sulla pista del Gran Vilard, vicino a casa, a Jouvenceaux, “perché in ogni storia c’è sempre un inizio e quello è il mio. Io amo laneve, appena cade vado a passeggiare nei boschi o inforco gli sci”.
E svela cosa farà il 14 febbraio 2026. “Sarò a Innsbruck, 50 anni dopo la medaglia d’oro vinta alle Olimpiadi. Per un atleta il massimo salire sul podio olimpico con la maglia azzurra”