«Il rapporto umano fa la differenza: per me vale quanto una terapia»
Intervista alla dottoressa Simona Cavazzoli, medico di Assistenza Primaria a Castellazzo
ALESSANDRIA – Dallo scorso 3 giugno, Castellazzo ha un nuovo medico di Assistenza Primaria: è la dottoressa Simona Cavazzoli, che dopo un lungo percorso in ospedale, ha fatto una scelta ben precisa. Sicuramente singolare di questi tempi, perché spesso si dice che in particolare nei piccoli comuni manchino i riferimenti sanitari.
Dottoressa, quali sono i motivi che l’hanno portata a prendere questa decisione?
Ho lavorato per 20 anni al Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo e dopo così tanto tempo cercavo un’esperienza che mi consentisse di svolgere la professione come a mio parere deve essere intesa. Dedicando, quindi, tanto tempo ai pazienti e stabilendo un rapporto, duraturo sul lungo periodo.
Immaginiamo che, per tutta una serie di ragioni, nel Pubblico tutto questo risulti piuttosto complicato…
A livello ospedaliero, specialmente dopo l’emergenza legata alla pandemia, le prospettive per chi fa questo mestiere sono profondamente cambiate: oggi, a mio parere, è molto difficile lavorare, perché noi medici siamo pochi, come del resto sono pochi i posti letto, mentre i pazienti sono numerosi. Così, prendendo ispirazione da un collega che ha compiuto il mio stesso percorso, ho scelto di esercitare come medico di Medicina Generale.
Il settore privato non era un’opzione convincente?
Sinceramente non mi attirava molto. E poi ho ricordato le mie primissime esperienze professionali dopo la laurea, quando ho avuto la possibilità di sostituire medici di famiglia, un’esperienza formativa e che ho apprezzato molto. Insomma, arrivare a Castellazzo è stata una sorta di ritorno alle origini.
A Castellazzo che situazione ha trovato?
Mi sento a mio agio, è il posto in cui vivo e del quale sono originaria. Certo, le criticità non mancano, ma sono pienamente convinta della mia decisione. Anche perché la seconda alternativa – dopo avere lasciato l’ospedale e dopo avere escluso il privato – era proprio tra città e paese.
Quali sono, a suo parere, i gli aspetti positivi e le criticità di essere medico di Medicina Generale in un paese?
Apprezzo molto il fatto che con i pazienti si instauri un legame particolare, che va ben oltre le semplici considerazioni professionali: in realtà così piccole, di fatto ci si conosce tutti e il rapporto che si crea è duraturo e consolidato. Le criticità riguardano i numeri, oggettivamente elevati, ma a mio parere la problematica principale è un’altra e non deriva dal fatto di lavorare in un piccolo centro.
Quale sarebbe?
La burocrazia, sempre più impattante. È molto complicato districarsi attraverso certi paletti, peraltro molto rigidi e che riguardano un po’ tutti gli aspetti, dalla prescrizione di esami o farmaci fino all’individuazione di piani terapeutici o alle esenzioni.
Dottoressa, sembra evidente che per lei l’aspetto umano conti davvero molto…
È esattamente così, a mio parere è un fattore che fa la differenza. E che in certi casi vale quasi quanto una terapia.
Il paziente, quindi, è una persona a tutti gli effetti e come tale va trattato…
Esatto. Spesso il paziente viene considerato un semplice numero, ma io mi sono sempre relazionata in maniera diversa. Conosco i nomi delle persone che curo, credo sia il modo migliore di porsi, prima di tutto a livello umano
Quali sono le esperienze, umane o comunque legate alla professione, che le sono rimaste particolarmente impresse?
Sono numerose, magari diverse da loro, ma accomunate da un solo filo conduttore: mi ha sempre fatto piacere essere ricordata con affetto e gratitudine dai miei pazienti o dai parenti delle persone che ho seguito. Significa che ho fatto un buon lavoro, e non alludo solo alle considerazioni di tipo strettamente medico.
In conclusione, a suo parere, che requisiti dovrebbe avere un buon medico di famiglia al giorno d’oggi?
Il medico di Medicina Generale per me deve essere un medico a 360 gradi, che oltre a trattare la malattia (e in questo la mia lunga carriera ospedaliera mi sarà di grande aiuto) si occupi della persona in toto. Prendendo in considerazione tutto ciò che preoccupa il paziente, non solo la problematica transitoria. Il fatto di avere la possibilità di seguirlo nel tempo è senza dubbio importante per sviluppare tutte queste considerazioni.