Unione Camere Penali: le toghe dei penalisti appese al chiodo per tre giorni
Stato di agitazione: "Pacchetto sicurezza tipico del populismo giustizialista e del diritto penale simbolico"
ALESSANDRIA – Avvocati penalisti in sciopero. La Giunta dell’Unione Camere penali ha deliberato l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale da oggi, 7 febbraio, a venerdì 9.
Invitando le Camere Penali territoriali ad organizzare, per quei giorni, iniziative di informazione e di discussione sulle ragioni della protesta. Iniziativa che interessa, ovviamente, anche Alessandria (presidente della Camera Penale è l’avvocato Roberto Cavallone).
«Matrice populista»
Lo stato di agitazione è stato proclamato con delibera del 20 novembre 2023, «denunciando le determinazioni assunte dal Governo con l’emanazione del pacchetto sicurezza, violative dei principi di offensività e proporzionalità, tipiche del populismo giustizialista e del diritto penale simbolico».
L’Unione delle Camere Penali ritiene che «il contenuto del pacchetto sicurezza, lungi dal porsi in sintonia con un programma di riforma della giustizia in senso liberale, rivela una matrice securitaria sostanzialmente populista e profondamente illiberale caratterizzata da un irragionevole rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi e ai danni dei soggetti più deboli, distinguendosi per l’introduzione di un’iniqua scala valoriale, in relazione alla quale taluni beni risultano meritevoli di maggior tutela rispetto ad altri di eguale natura, in violazione dei principi di eguaglianza e proporzionalità».
“Rimedi inadeguati”
Tra i vari punti tecnici analizzati dalla Giunta, si legge «che a fronte della oramai concorde esigenza di addivenire ad una complessiva, radicale ed organica riforma del processo penale che restituisca coerenza al modello accusatorio, si è proceduto ancora una volta in maniera disorganica alla formulazione di rimedi inadeguati e limitati, mentre si è assegnato il compito di operare la riforma del codice ad una Commissione ministeriale che risulta tuttavia formata nella sua schiacciante maggioranza da esponenti della magistratura spesso portatori di una visione assai distante dal ripristino di quel modello originario;
che d’altronde, in linea con la scelta di privilegiare in esclusiva il contributo “tecnico” della magistratura, si è anche ritenuto di non intaccare affatto l’egemonia dei “fuori ruolo” all’interno del Ministero della Giustizia, effettuando con la riforma ordinamentale in atto una vera e propria “fotografia” dell’esistente, così confermando il sostanziale presidio dei rappresentanti del giudiziario all’interno dell’esecutivo con un evidente violazione del principio liberale di separazione dei poteri».