Acciaierie d'Italia, nuovo match tra Arcelor Mittal e Invitalia
MILANO — Oggi a Milano torna a riunirsi l’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia. Arcelor Mittal, socio di maggioranza con…
TARANTO — Iniziano oggi a Taranto le operazioni di fermata dell’altoforno 2, uno dei due ancora funzionanti nello stabilimento ex Ilva (l’Afo-1 è fermo da agosto). La ripartenza dell’impianto è fissata all’11 dicembre.
Lo stop dell’Afo-2 determinerà un’ulteriore diminuzione della produzione di ghisa, già ai minimi storici e ben al di sotto di quanto previsto dal piano industriale di Acciaierie d’Italia. E ovviamente avrà conseguenze su tutti gli stabilimenti “a valle” di Taranto, come Genova e Novi Ligure. La fermata è stata decisa per manutenzione. Proprio uno dei punti dolenti all’ex Ilva. Come hanno denunciato i sindacati, i pezzi di ricambio mancherebbero a causa delle note difficoltà economiche in cui versa l’azienda.
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Le sigle dei metalmeccanici però sospettano che ci sia altro sotto la fermata dell’altoforno. Loris Scarpa, coordinatore nazionale Fiom Cgil, suggerisce che «potrebbe apparire come l’ennesima arma ricattatoria nei confronti di un Governo incapace di determinare le scelte strategiche sia sul futuro della siderurgia che della transizione ecologica e sociale».
Mercoledì 6 dicembre infatti è prevista una nuova riunione dell’assemblea dei soci (la terza). Arcelor Mittal e Invitalia devono trovare un accordo sulla ricapitalizzazione: servono subito 380 milioni per la continuità produttiva e per pagare le forniture di gas. Ma si tratta solo della punta dell’iceberg. La vera partita si gioca sui 4,6 miliardi di euro necessari per ammodernare Taranto e rilanciare il gruppo ex Ilva. Lo Stato, tramite Invitalia (che detiene il 38% di Acciaierie d’Italia) dovrebbe contribuire con 2,27 miliardi di euro, la multinazionale Arcelor Mittal (che ha il restante 62%) dovrebbe impegnarsi con 2,35 miliardi.
Acciaierie d'Italia, altro rinvio. «Ora si rischia la chiusura»
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