Federica Grosso: “La ricerca prosegue, due volte al mese confronto europeo”
L'oncologa alessandrina racconta l'avanzamento degli studi sul tumore: "Alessandria è diventata centro di riferimento"
Federica Grosso oggi a Roma al convegno di Oncologia Nazionale per presentare lo studio sull’efficacia dell’associazione tra chemioterapia e immunoterapia nei pazienti con diagnosi di mesotelioma non operabile
ALESSANDRIA – Mesotelioma: una parola che solo a pronunciarla fa tremare. Una diagnosi che destabilizza, toglie il fiato, perché la malattia è molto aggressiva e difficile da trattare.
Ma «si può curare, per vivere al meglio e il più a lungo possibile convivendoci e facendo in modo che influenzi il meno possibile la quotidianità», ci spiega la dottoressa Federica Grosso, dirigente medico responsabile di Struttura Semplice Dipartimentale dell’ospedale civile di Alessandria.
Una equipe affiatata
Con lei, al sesto piano del Santi Antonio e Biagio, lavora un’equipe affiatata formata dai dirigenti medici Luigi Cerbone, Antonina De Angelis e Sara Delfanti, col fondamentale supporto della Case manager Angela Cimorelli che coordina tutto il percorso di presa in carico del malato.
Un gruppo capace di parlare e condividere anche i momenti emotivamente difficili, e forte al punto tale da azzerare le distanze dalla persona ammalata standole vicino, approfondendo la conoscenza reciproca in quello che diventa un rapporto più famigliare. Pazienti che possono anche contare sul supporto di gruppi dove condividere la loro esperienza guidati da uno psicologo.
«Abbiamo un servizio che segue i pazienti dalla diagnosi alla fase terminale – spiega Federica Grosso – Il valore aggiunto del nostro metodo è la presa in carico globale di pazienti e famigliari, sia dal punto di vista clinico-assistenziale che psicologico».
Il suo gruppo è il primo anello di una Rete che garantisce ciò che di meglio offre la medicina a livello mondiale: «I pazienti non vengono mai lasciati soli – spiega – Siamo in contatto con tutti i centri vicino a noi che possono offrire percorsi diversi, ad esempio quando si renda necessario uno studio di valutazione molto precoce. Se in loco non abbiamo la risposta sperimentale, siamo noi che tracciamo al paziente la strada più idonea in centri specializzati continuando, però, a seguirli, incontrarli, cogestirli».
Un sistema che ha radici nel vecchio progetto di collaborazione tra Asl e Aso su questa patologia, ovvero percorsi di presa in carico globale di pazienti che sanno di non poter guarire.
«Parallela all’aspetto clinico-terapeutico – continua – c’è infatti tutta la parte assistenziale che, secondo me, oggi, è ciò che fa la differenza».
Pareri a confronto
Lo scorso giugno, Federica Grosso era a Lille al congresso Mesothelioma Interest Group e ha diretto la sessione sugli aspetti psico-assistenziale. «Mi sono dedicata molto a questi argomenti, oltre, ovviamente, alla ricerca che mi affascina. Perché il paziente accudito dal punto di vista assistenziale e psicologico, reagisce meglio alle terapie che abbiamo a disposizione per affrontare una malattia che influenza tutto il nucleo famigliare. Sono momenti importanti, in cui si creano sinergie entrando in contatto con esperti di tutto il mondo».
Due studi rilevanti
«Quest’anno sono stati presentati due lavori rilevanti. Il primo riguarda la terapia medica, in particolare – spiega – lo studio sull’efficacia dell’associazione tra chemioterapia e immunoterapia nei pazienti con diagnosi di mesotelioma non operabile, con malattia avanzata, che sono circa l’ottanta per cento. Alessandria ha fornito un contribuito importante avendo arruolato il maggior numero di pazienti nel mondo. Si tratta di uno lavoro internazionale cogestito dall’Italia e dal Canada, e che ha coinvolto molti centri anche in Usa ed Europa».
Oggi, sabato 11 novembre, sarà proprio Federica Grosso a presentarlo a Roma, in rappresentanza di tutto il gruppo internazionale.
«Questa ricerca – spiega – ha valutato l’associazione di chemioterapia e immunoterapia, dimostrando un vantaggio, anche se piccolo, per questo tipo di strategia rispetto alla chemioterapia da sola, soprattutto in termini di risposte di riduzione del volume tumorale. Si ottiene in più del 60 per cento dei pazienti. Cosa che, con la chemioterapia da sola, non è così evidente.
Non sappiamo che seguito avrà e se verrà registrato in Italia.
C’era tantissima attesa per questi dati, perché, purtroppo, l’immunoterapia da sola, nel mesotelioma, è stata autorizzata solo per pochissimi pazienti, quelli con l’istologia di tipo non epitelioide, che sono circa il 20-25 per cento.
Oggi, in Italia non siamo in grado di utilizzare l’immunoterapia come avviene nel resto del mondo – continua – perché l’Aifa non ha ritenuto il vantaggio così rilevante (rispetto alla chemioterapia da sola) da giustificarne il rimborso. Quindi lo ha registrato solo in un sottogruppo, quello in cui la chemioterapia non funziona.
Mentre negli epitelioidi, che sono la maggior parte, dove la chemioterapia qualche risultato lo dà, non hanno ritenuto di rimborsare l’immunoterapia perché i vantaggi tutto sommato sono minori. E per noi è un peso enorme. Sappiamo che abbiamo due strategie potenzialmente utili, ma una non è utilizzabile perché il nostro sistema sanitario non la rimborsa.
C’è un grosso movimento di oncologi e pazienti per far sì che l’immunoterapia possa essere utilizzata, se succederà, sarà in là nel tempo. Dovrebbe partire uno studio – insiste l’oncologa – che ci consentirà di utilizzarla anche nei pazienti con istologie epitelioide. Per ora, però, non è possibile».
Federica Grosso, come già accennato, presenta oggi, a Roma, questo lavoro al convegno di Oncologia Nazionale, analisi di cui si è già parlato a giugno a Chicago e ancora a Lille, e ridiscussa al convegno mondiale del polmone di Singapore dove l’oncologa alessandrina si è occupata della sessione in cui si discutevano pro e contro di immunoterapia e chemioterapia nel trattamento del mesotelioma.
La ricerca inglese
C’è anche un’altra grande novità. «Sono stati presentati i risultati di uno studio inglese che valuta il ruolo della chirurgia dei pazienti con malattia operabile – sottolinea – Sebbene molto criticato, sostiene come la chirurgia sia svantaggiosa sia in termini di sopravvivenza che di qualità della vita, che di costi.
Questa ricerca tenderebbe a negare l’opzione terapeutica anche nei pazienti con patologia operabile.
Un risultato difficile da accettare, nel senso che, quando il paziente ha una malattia circoscritta, cerchiamo di procedere con l’intervento per aggiungere qualcosa in più».
Perché questa pioggia di critiche?
«Il 50 per cento dei pazienti sono stati operati in centri a bassa casistica di pazienti, probabilmente questo potrebbe aver inficiato sui risultati. Ma è pur sempre uno studio importante: il confronto tra chirurgia più chemioterapia e chemioterapia da sola in pazienti con malattia operabile ci insegna come la chirurgia debba essere effettuata solo in centri esperti».
Le nuove frontiere
E poi ci sono le nuove frontiere.
«Due gli aspetti – sottolinea Federica Grosso – L’importanza di studiare a fondo le caratteristiche della malattia in stadio avanzato e delle cellule tumorali perché potrebbero essere sensibili a determinati farmaci.
Quindi analizzare con metodiche sempre più innovative gli aspetti genetici mutazionali della malattia per capire se possano essere utilizzati farmaci usati in altre patologie.
La parola mesotelioma – continua – nasconde una quantità infinita di particolarità, probabilmente solo quando riusciremo a capire cosa differenzia l’una dall’altra potremo impostare le cosiddette terapie bersaglio molecolare come si fa per altri tumori.
Dall’altro lato l’attenzione è puntata sulla prospettiva della genetica e della predisposizione a sviluppare questo tipo di patologia. Ma c’è ancora molto da approfondire su questi aspetti».
Confronto ad alto livello
«Noi cerchiamo di fare Rete per avere la possibilità di gestire al meglio i nostri pazienti. Da due anni siamo diventati il Centro di riferimento della European Reference Network, Reti europee sui tumori rari, e c’è un gruppo specifico sul mesotelioma. Ci incontriamo ogni due settimane, di giovedì, e discutiamo i casi più complessi in maniera collegiale soprattutto per quegli approcci innovativi dello studiare la genetica del tumore. Questo permette un confronto ad altissimo livello».