«Il mio appuntamento con la vita, una storia da spiegare a teatro»
Cinzia e le trasfusioni da fare ogni venti giorni: «Non dicevo a nessuno della talassemia, invece è parte di me. Così porto in scena la mia malattia»
Ogni venti giorni, Cinzia ha un «appuntamento con la vita». La definizione è sua. E non fa una grinza perché, se tali appuntamenti non ci fossero, non saremmo qui a incontrare questa signora di 47 anni.
47 anni trascorsi a suond di trasfusioni di sangue.
Si chiama talassemia major la malattia genetica da cui è affetta Cinzia Fichera, che abita a Morano sul Po, che s’è curata prima a Casale Monferrato, poi a Torino e che ora è assidua frequentatrice dell’ospedale di Alessandria, de quale ben conosce i reparti di Ematologia, Oncoematologia e Day Hospital.
D’altronde è qui che ha gli appuntamenti di cui si diceva per restituire i globuli rossi a un organismo che li divora. Quindi servono trasfusioni di sangue.
Aveva solo 13 mesi…
«Sono la testimonianza vivente di quanto è importante donare – premette – Se non ci fosse l’Avis, se non ci fossero i donatori, non sarei qua. Io vivo essenzialmente grazie a loro. Spesso c’è la sensazione che il sangue serva solo per pazienti coinvolti in incidenti stradali o vittime di traumi. Invece non è così; c’è anche chi come me necessita delle trasfusioni per ovviare a carenze, nel mio caso di globuli rossi, dovute a una malattia genetica ereditaria. I miei famigliari non hanno avuto di questi problemi in quanto portatori sani».
La prima trasfusione quando aveva 13 mesi. Per un lungo periodo si sottoponeva alle sedute ogni due settimane; ora il tempo si è per fortuna dilatato, seppur di poco.
«Altra cosa positiva: l’ospedale di Alessandria ha “accorpato” tutti quelli che hanno il mio medesimo problema. Significa che, pressapoco, ci si ritrova lo stesso giorno alla stessa ora. Si chiacchiera, si parla di tutto un po’, si instaurano amicizie. E sembra che le tre ore di durata della trasfusione trascorrano più velocemente… ».
Insieme è meglio
Va da sé che ci sono luoghi e occasioni migliori per socializzare, ma è altresì evidente che, avere a fianco una persona accomunata dalla medesima sventura, può essere un utile momento di confronto, non certo una banale consolazione.
E poi a quell’«appuntamento con la vita» ci sono pure medici e infermieri coi quali ci si lega per forza.
«Lo staff del primario Marco Ladetto è molto preparato – racconta Cinzia – Cito, in particolare, la dottoressa Daniela Pietrasanta, una persona eccezionale ». La 47enne moranese è sposata, senza figli, «ma sono mamma virtuale dei tanti ragazzi che ho seguito durante i 15 anni in cui ho militato all’Anffas di Casale» precisa, sorridendo. E ricordando il periodo in cui lavorava per l’associazione che si occupa di persone con disabilità intellettive, dimostrando una propensione per il sociale dovuta forse anche al fatto che la sua vita, come specifica sempre, dipende dagli altri. Ad esempio da chi dona sangue.
Un palco per spiegare
«Da bambina, non dicevo mai che dovevo assentarmi da scuola per le trasfusioni – racconta – Ogni volta trovavo una scusa valida, dal mal di denti a una generica “visita”. Poi mi sono detta che la talassemia fa parte di me: inutile nasconderla».
Dunque, ne parla in pubblico. Anzi “al” pubblico. Quello che, ad esempio, assiste agli spettacoli della Stardust, la compagnia teatrale (e non solo) di cui lei fa parte. «Ma, con Fabio Fazi e il Teatro della Nebbia, ho anche seguito laboratori durante i quali ho avuto modo di raccontarmi».
Più che teatro verità è un utile esercizio per capire se stessi e sentirsi liberi (e liberati).
Inoltre, Cinzia è nel consiglio direttivo dell’Associazione talassemici Piemonte, che ha un punto di riferimento all’ospedale San Luigi di Orbassano e centri operativi in alcune città della regione.