Personaggi valenzani: Bernardino Stanchi
Curiosità dalla storia della Città del Gioiello
VALENZA – Una delle principali e più antiche famiglie di Valenza è quella degli Stanchi. Nel 1347 Giacomo Stanchi è un ambasciatore di Valenza che presta fedeltà al marchese di Monferrato. Un dato certo su questa famiglia viene da una pergamena datata 6 ottobre 1497 e riguardante certi proventi su rendite di Valenza ceduti dalla Camera Ducale a favore di un primo Bernardino Stanchi figlio di Giovanni Giacomo.
Altra testimonianza di questa illustre famiglia valenzana si trova in un diploma di Federico d’Aragona a Giacomo Vincenzo Stanchi risalente al 1502; nel documento il re tesse anche le lodi del primo giureconsulto Bernardino Stanchi. Il giureconsulto del tempo è un esperto dell’ordinamento giuridico che fornisce pareri su questioni legali e che spesso si dedica anche all’insegnamento del diritto.
Il nome degli Stanchi compare più volte negli ordini monastici quali i fratelli Bernardino e Vincenzo, mentre tra i più valorosi militari dell’epoca ci sono i fratelli Carlo e Vespasiano, citati anche col cognome “Stanco” anziché “Stanchi”, figli del cavalier Giovanni Giacomo Stanchi.
Un altro Bernardino Stanchi, da non confondere con quello di cui tratteremo in questo saggio, ottiene da Pavia una reliquia di San Massimo per Valenza, mentre un Vincenzo Stanchi, senza lesinare mezzi né energia, farà poi costruire l’altare dedicato al santo protettore di Valenza e farà eseguire il busto artistico dedicato allo stesso santo. Tutto ancora oggi presente nel duomo.
Senza dubbio il personaggio più importante della famiglia Stanchi è il giureconsulto Bernardino. Un esimio letterato, autore di un manoscritto-memoriale contenente la narrazione di fatti storici locali e indicazioni sulla sua famiglia e sulle parentele. Egli visse a Valenza tra il Cinquecento e il Seicento, un’epoca in cui la presenza del duomo, dei monasteri, dei conventi, delle numerose chiese e confraternite provano una certa densità di popolazione, forse 5.000 persone all’inizio del XVII secolo, che diminuirà a causa delle troppe guerre e delle pestilenze del Seicento.
Bernardino è figlio di Giulio Cesare Stanchi e di Virginia Lupatini, originaria di Brescia; dopo la morte prematura del padre deve occuparsi della famiglia e, in particolare, delle tre sorelle: Barbara, Anna Vittoria e Cecilia. Nel suo manoscritto, Bernardino ci parla amorevolmente delle tre fanciulle, in special modo di Cecilia, la più giovane.
Barbara sposa un Ottaviano Bellone, Anna Vittoria il medico Michele Ferrari, e Cecilia, la cui dote ammonta a ben 900 scudi d’oro, si congiunge a Francesco Del Pero, membro di una delle famiglie più rilevanti della città. Ma Cecilia non è fortunata: il marito muore a trentasei anni lasciandola sola con il figlio di diciotto mesi, Prospero, che a diciassette anni comincia la carriera ecclesiastica e nel 1628 riceve l’abito clericale.
Nel 1601, Bernardino si laurea in legge a Pavia; quello stesso giorno, insieme a lui diventano dottori anche i valenzani Altobello Chiesa e Bartolomeo Bocca. Quest’ultimo sarà un pio prevosto di Valenza e morirà contagiato dalla peste del 1630 mentre assisterà i tanti sofferenti del lazzaretto.
Il 7 aprile 1603 Bernardino sposa Isabella, appartenente alla ricca e potente famiglia dei Bellingeri, nota per vari possedimenti a Bassignana e a Rivarone. Da quest’unione nascono due figli: Giulio Cesare il 7 marzo 1604 e Angela Vittoria il 3 marzo 1605. Nel 1606, a soli 21 anni, muore la moglie di Bernardino, forse di tubercolosi, e due mesi dopo si spegne anche la figlia Angela Vittoria a causa del vaiolo. Lo stesso Bernardino è colpito dal vaiolo, da cui si salva a fatica ma perdendo un occhio.
Nel 1607 l’uomo si risposa con Isabella Stracca, figlia di Morino Monaco Stracca, una famiglia di nobili origini che possiede numerose proprietà nel Monferrato e nella Lomellina. La nuova moglie Isabella morirà contagiata nella famosa pestilenza manzoniana del 1630.
Le donne dell’epoca, dalle forme abbondanti e rispettose della sacralità del matrimonio, durano poco; la loro vita è spesso molto breve a causa della gravidanza e del parto. La loro fedeltà è ancora difesa a sassate per garantire la sicurezza della paternità.
In questi anni in Europa sta arrivando un granitico assolutismo statale, accompagnato da un non meno ferreo assolutismo religioso che implica stregoneria, tribunali religiosi e qualche eretico arrostito.
Prevale ancora la politica del dente per dente, dell’occhio per occhio e delle genuflessioni. Infischiandosene del popolo, i ricchi come gli Stanchi tengono banco e decidono tutto. A Valenza il Seicento, secolo intriso di doppiezza e di ambiguità, è ricco di eventi rilevanti, in particolare quelli di carattere militare, a causa della posizione geografica della città.
Gli Stanchi abitano nella casa ubicata nell’angolo fra via Pellizzari e via Cavour, sul lato destro per chi percorre via Pellizzari partendo da piazza Duomo. Oltre a questa abitazione, possiedono diversi altri immobili e, nel 1609, comprano tutti i beni di G. B. Basti dagli eredi, compreso il castello fuori Valenza, alla confluenza del torrente Grana e il Po: un antico insediamento coinvolto in diverse vicende militari.
L’attuale via Cavour era conosciuta come la via degli Stanchi a causa dei numerosi residenti con quel cognome.
Sembra che Bernardino non fosse un uomo troppo facile, assai incline al furore: in un atto notarile del 1600, il sottomesso Fabrizio Stanchi “fa remissione di tutte le percosse, ferite e ingiurie ricevute da Bernardino”. Ha una certa tendenza a piegare gli altri alle sue esigenze, si dà da fare con uno zelo autoritario, ma è anche riverito da molti cortigiani con vivo amore. E’ sovente generoso verso gli altri e verso la sua città, infatti è uno dei maggiori offerenti per la riedificazione del duomo. Non ha un trono, ma a Valenza un po’ sovrano amato e invidiato lo è.
È stato un sublime letterato, arrogante e demagogico nel senso più nobile del termine, con uno stile basato sullo studio storico e sulla rappresentazione della realtà caratterizzato da una certa estrosità descrittiva; di notevole pregio è la sua relazione dettagliata del memorabile assedio di Valenza del 1635, quando la città, accerchiata dalle poderose truppe di Vittorio Amedeo e di Odoardo di Parma al comando del francese Créquy, viene difesa dagli spagnoli comandati dal concittadino governatore Francesco De Cardenas. L’assedio dura dal 9 settembre al 27 ottobre 1635, quando il generale spagnolo Coloma, giunto in soccorso, attacca gli assedianti e li obbliga a ritirarsi.
Infine ricordiamo che il figlio di Bernardino, Giulio, si laurea in medicina all’ateneo di Pavia nel 1629 e l’anno seguente entra nel Consiglio succedendo al defunto Ottaviano Stanchi. L’11 maggio 1631 Giulio sposa Clemenza Guerra di Castelnuovo Scrivia, dalla quale avrà una bimba.
Bernardino muore probabilmente nel 1639.
Questo è quello che accadeva quattro secoli fa, quando iniziava Il declino dell’aristocrazia e l’ascesa della borghesia valenzana, quando le donne restavano a casa, gli uomini assicuravano il pane e non c’erano stranieri in giro.