«Donare il sangue è donare la vita. Però va creata una cultura»
Andrea Tortella, 28enne alessandrino, di recente è stato premiato dall’Ospedale. «Sensibilizzare è determinante, tra i giovani poca percezione»
«Sono donatore da 10 anni, di fatto da quando sono diventato maggiorenne. Ho iniziato un percorso e non l’ho mai interrotto, portandolo avanti con orgoglio e con entusiasmo».
Andrea Tortella, 28enne alessandrino che lavora come dj e vocalist ed è molto attivo nel mondo della movida provinciale, di recente ha ricevuto un riconoscimento speciale, del quale – giustamente – va molto fiero.
La settimana scorsa, infatti, in occasione della Giornata mondiale del donatore di sangue (istituita nel 2005 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) è stato premiato dall’Azienda Ospedaliera di Alessandria nell’ambito della rassegna ‘Appuntamento con la salute’.
Tanti significati
«È stata una giornata davvero ricca di significati – confida Tortella – un modo utile per ripercorrere una ‘carriera’ decennale, cominciata forse per caso, ma poi proseguita con convinzione e grande consapevolezza. Ho iniziato grazie al marito di mia mamma, donatore da diverso tempo, e da allora ho proseguito con costanza, al ritmo di una donazione di sangue intero ogni tre mesi (il massimo possibile, nda) oltre a plasma e piastrine, saltuariamente. È un gesto nobile, che aiuta il prossimo, ma in qualche modo anche sé stessi, perché è davvero bella la sensazione che si prova sapendo di essere utili».
Al Santi Antonio e Biagio, Andrea ha trovato un ambiente ideale. «Ricordo ancora oggi con grande piacere il giorno della mia prima donazione, quando fui sostenuto da un caloroso applauso di tutti gli operatori presenti. Ho avvertito immediatamente il concetto di ‘fare squadra’, di lavorare per un obiettivo comune, e poi devo dire che c’è grande riconoscenza».
Basta superficialità
Il Covid, senza dubbio, è stato un periodo complicato, «ma con tutte le precauzioni del caso sono riuscito a proseguire le donazioni, anche se a livello generale si è registrato un preoccupane calo nei numeri. Io credo che le persone debbano essere sensibilizzate su questo argomento così importante, al quale molti purtroppo si avvicinano in maniera superficiale. Invece, il messaggio che deve passare è molto semplice, ma allo stesso modo eloquente: chi dona il sangue, dona la vita». Anche perché, oltre all’aiuto che si fornisce al prossimo, esistono vantaggi pure da un punto di vista personale.
«Donare spesso è sinonimo di controlli frequenti e di esami a posto, sicuramente si è più tranquilli. Ma ribadisco, è un aspetto che passa in secondo piano, sono ben altre le motivazioni che devono ispirare un donatore».
Le nuove leve
Il fatto che il buon esempio arrivi da un ragazzo giovane assume ancora maggiore significato.
«Per me è un gesto naturale, a prescindere dall’età, ma l’esperienza mi ha portato a constatare che spesso i miei coetanei non sono così sensibili alla materia, c’è troppa poca percezione di quanto sia importante questo semplice gesto. Io ci provo a convincerli, forse devo insistere maggiormente, ma va creata una vera e propria cultura in questo senso. Tutti gli attori in gioco devono lavorare con convinzione per raggiungere un obiettivo comune, e la spinta deve arrivare proprio dalle nuove leve. Scuse o giustificazioni del tipo che ‘gli aghi fanno paura’, oppure che ‘c’è sempre tempo per iniziare a donare’, oramai sono anacronistiche ». Chi ha bisogno, del resto, non può fermarsi ad aspettare.