«Io, Zuzzurro e un reparto nato dal niente quando mi chiedevano “chissà chi verrà?”»
Oggi, il congedo del chirurgo plastico Renzo Panizza. L’amicizia col comico, nata dopo un incidente. «Ero discolo, finii in collegio». Dove sbocciò la sua caparbietà
La prima cosa che balza agli occhi è che ci vorranno tempo e pazienza. Avete presente un trasloco?
Be’, d’accordo che, nel caso specifico, si tratta soltanto di sgomberare un ufficio, ma questo è uno spazio vivente e vissuto. Cose appese, altre appoggiate. Carta ammonticchiata, libri, suppellettili.
Gli oggetti si possono imballare e depositare negli scatoloni, contrariamente ai ricordi, alle emozioni, a tutto quel che riempie la memoria (la memoria autentica, s’intende, non quella dei computer).
Il dottor Renzo Panizza sta necessariamente pensando a come poter portar via il trasportabile dal suo regno al secondo piano dell’Ospedale di Alessandria, zona ambulatori di Chirurgia plastica. Lui è il primario. Lo è fino a oggi, ultimo giorno di lavoro. Il raggiungimento del limite d’età (domani, auguri) lo costringe a lasciare il Santi Antonio e Biagio, dove entrò nel 1988, e a dirottare altrove i suoi progetti. «Ho ancora mille idee» dice, sistemandosi gli occhiali che fanno pendant con l’azzurro dell’uniforme e che, col capello lungo, contribuiscono a farne un personaggio che può piacere o non piacere, ma sicuramente non è mai banale.
Questione di passione
«Un illustre collega mi disse: “Io non sono simpatico a tutti. E tu non pensare di esserlo”. Lì per lì ci rimasi male, ma che ci posso fare? Nel mio ruolo devo prendere decisioni che non sempre sono popolari, e allora posso risultare scontroso. Non ne vado fiero: piuttosto sono felice quando trovo qualcuno, e capita spesso, che si ricorda di me, che mi ringrazia, che mi dice che senza un intervento chirurgico, fatto da me, gli ha migliorato la vita. Ecco, quelle sono soddisfazioni. Io il medico lo faccio perché ci credo, perché, benché siano passati tanti anni, sono un sincero appassionato di questa professione».
Cabaret benefico
Con alcuni pazienti ha stretto amicizia. Pensa ad esempio «a quella signora di Faenza che ho operato 16 volte, perché la chirurgia plastica, talvolta, prevede percorsi piuttosto complessi. È chiaro che, alla fin fine, si instaura un legame».
Il più solido e noto l’ha avuto con Andrea Brambilla, il compianto comico Zuzzurro che il 9 gennaio 2002 fu coinvolto in un tremendo incidente in autostrada. Quella sera, Panizza lo operò. Un intervento durato dalle 22 alle 3 del mattino dopo. Nei giorni successivi, televisioni e giornali si interessarono al caso. E Panizza ebbe momenti di notorietà, «anche se ho fatto solo il mio lavoro».
Brambilla morì nel 2013, «ma sono stati 11 anni di grande amicizia e condivisione di emozioni». Nel 2004, il medico fu tra gli organizzatori dello spettacolo di cabaret di Zuzzurro e Gaspare, al Teatro Comunale; fruttò 20mila euro, che andarono in beneficenza. Sulla parete dello studio, spicca il manifesto dell’epoca. «È un bel ricordo» dice il chirurgo. Anche il poster lascerà l’ospedale.
Indisciplinato e sportivo
Col curriculum in mano, di Panizza raccontiamo ancora che è un discepolo della professoressa Graziella Lupo, che aprì uno dei primi reparti ospedalieri di Chirurgia plastica in Italia; che dopo la laurea ha lavorato a Como; che nel 2000 ha fondato la Struttura autonoma di Chirurgia plastica e ricostruttiva del nostro ospedale; che è stato anche consulente del suo concittadino Renato Balduzzi, quand’era ministro della Salute. Le note biografiche non dicono che, come riportato dal ‘Piccolo’ qualche anno fa, Panizza è «da sempre intollerante alla disciplina formale».
«È vero – conferma – tant’è che il liceo scientifico l’ho fatto in collegio, a Paderno del Grappa. È stata un’esperienza durissima».
Che però gli ha forgiato un carattere plasmato nella determinazione. Per dire: se scia, va giù come un treno; se nuota, lo fa in mare per almeno un’ora di fila. Ha smesso con il judo (era cintura marrone) ma ora ci dà dentro col vogatore, «e ho risolto molti problemi, specie alla schiena».
Cura ed estetica
Della Chirurgia plastica dice che anzitutto è cura, ma non si può prescindere dal fattore estetico, ricordando però che «la Chirurgia plastica ricostruttiva tenta di ripristinare la normalità, mentre quella estetica la normalità prova a migliorarla».
A Panizza si deve la nascita di un reparto che funziona. «Al tempo mi chiedevano: “Chissà chi verrà?”, sospettando che non ci sarebbe stato lavoro in un luogo come questo. Ora che me ne vado, lascio in eredità una lista d’attesa di mille pazienti per interventi ambulatoriali e di più di 500 che necessitano di operazioni con ricovero ordinario. Sono numeri importanti, dovuti anche al fatto che l’educazione sanitaria dà risultati e che aumentano le diagnosi precoci di melanomi».
Fine. Stretta di mano. Oltre agli scatoloni, c’è un po’ di commozione.