Le elezioni del 2010 a Valenza
L'approfondimento sulla storia recente della città
VALENZA – L’oasi felice di Valenza, dove in passato il lavoro non mancava, dove si operava intensamente e si offriva un’occupazione a tante persone residenti nei dintorni e che ad alcuni esterni appariva come un delirio calvinista di una città sinistroide, nei primi anni del Duemila deve affrontare la sua crisi economica più dura. Per fortuna, durerà solo pochi anni.
In politica, il quinquennio amministrativo tra il 2005 e il 2010, guidato dal centrosinistra, è caratterizzato da un inizio interessante e da una fine tra profonde polemiche e prese di distanza.
Nel 2009, all’interno del Consiglio comunale, si aprono alcune crepe ed emergono con prepotenza le divisioni scatenate dalla polemica sul programma e sull’assestamento di un bilancio ai confini della realtà. Ci sono voti non favorevoli dai membri della maggioranza e verifiche per capire se essa esista ancora. Il clima si fa greve e velenoso, con dissensi che puzzano d’eresia, finché, dalle scintille, si passa all’incendio, che allestisce un periodo preelettorale infuocato e contribuisce a servire in tavola un arrosto ben farcito.
Nelle elezioni amministrative del marzo del 2010, regionali e comunali, le novità sono molte, con politici locali scatenati, giravolte, trovate bizzarre e qualche coltellata alle spalle. Ci sono poltrone che scottano, su cui è bene non sedere a lungo. Il sindaco uscente Raselli, in passato spinto in alto come un’ape regina, è stato elogiato finché qualche irriguardoso ha deciso di soppiantarlo – è stato impallinato dai suoi perché “mors tua vita mea” è un valore indiscutibile nella politique politicienne. Dunque Raselli fa un passo indietro ed esce di scena dopo il mandato, un’uscita perfetta in questi tempi. Ma c’è un’altra frattura inedita dalle parti della sinistra, che riguarda la nuova candidatura a primo cittadino.
Chi è stato fermo un giro ora torna in pista. Il sempiterno Tosetti, ex sindaco – sire incontrastato per quasi 13 anni – e corrente presidente del Consiglio comunale, a questo punto fiancheggiatore eretico della sinistra, con un’infedeltà verso le origini, vuole tornare a sedersi sul seggiolone. Cerca un rilancio personale, segue la moda e si dichiara fuori da ogni schieramento politico, ma a furia di apparire moderno rischia di incespicare. Cerca di agganciarsi a qualche fuoriuscito di sinistra nella terra di nessuno. Avendo superato una certa recinzione anagrafica, non ha bisogno di custodire o di impossessarsi di incarichi né può essere sottomesso o condizionato. Forma una lista, “Tosetti con noi per la città”, composta da personaggi locali d’ogni colore.
I piddini, che non stanno troppo bene, segnati dagli ultimi lividi elettorali, ricorrono all’esterno, sostenendo di rinunciare a un proprio esponente per il famoso “interesse comune”: un viaggio nell’inconscio, più incubo che sogno. Formalmente partorito dalla vecchia brigata laicosocialista “Per Valenza”, il nuovo candidato sindaco del centrosinistra è una donna Costanza Zavanone, vedova di Gianfranco Pittatore, un outsider femminile in un feudo maschile inviolato, il cui fascino si ritrova nella classe e nell’intelligenza.
Il centrodestra, definito da chi non lo sopporta anticomunista, incolto e padronale, che sogna da tanti anni di prendere il timone del municipio e, come i sei personaggi di Pirandello, da troppo tempo è in cerca d’autore, punta sull’outsider Sergio Cassano (1946-2020), provando a unire la saggezza economica alla passione politica, quella che i partiti non esprimono più. Più romantico che ideologico, Cassano ha un’affascinante imperfezione per la politica, quella di non averla mai fatta, e un originale difetto per un liberale conservatore, quello di aver fatto di tutto.
Il quarto candidato, anch’egli over 60, Settimio Siepe, ex assessore e membro di vecchia data dell’obsoleta sinistra tradizionale, ma con pochi fanatismi sinistrorsi; provando a darsi un tono da incursore come se fosse un dilettante, separando il passato, compone una lista variegata, “Valenza la tua città”, con diversi orfani politici.
Con un totale di dodici liste, ci sono tanti concorrenti, consapevoli di correre solo per le poltroncine, e uno sciame di nuovi arrivati, stagionati, redivivi, che aspirano a un posto nel Consiglio comunale. Ci sono molti vuoti di memoria, diversi hanno cambiato idea, tranne che su se stessi. Tutti si dimenano, si agitano e si contraddicono, disposti a farsi crocifiggere dalle urne. Sono celeri nel disapprovare la casta politica, ma impazienti di farne parte, anche se molti candidati non prendono troppo sul serio la loro designazione. In palio c’è Valenza con i suoi debiti.
È una campagna acquisti che guarda in tutte le direzioni, con il grande dubbio che dietro tutto questo ci sia l’intenzione di prendere per i fondelli i valenzani.
In tempi in cui l’età matura è poco cool, i magnifici quattro candidati, che si contendono la poltrona di sindaco per il prossimo lustro, in pensione ma non al tramonto, agli albori della senilità, nella loro prima vita sono stati chi comunista, chi socialista e chi democristiano. Evidentemente, i punti fermi di un tempo avevano la data di scadenza per questi rispettabili signori. Dopo la beatificazione generalizzata che per opportunismo ha investito un po’ tutti, cancellando antiche appartenenze per avvicinarsi a una sorta di pensiero unico, o pensiero comodo, tutti sembrano lanciati verso un unico e gravoso obiettivo: far risorgere questa città, ma forse solo a parole.
La vecchia maggioranza, invece, sembra essersi inventata una maniera efficace per farsi del male: dividersi e proporre tre candidati a sindaco.
Nella grande corsa a chi la spara più grossa nel tentativo di intercettare gli umori degli elettori, dandosi splendidi obiettivi mai accompagnati dalle indicazioni dei mezzi che consentiranno di raggiungerli, il radicalismo leghista esce premiato dalle urne. Altro che barbari, le camicie verdi sembrano le più abili e le più fedeli e si sono anche impossessate di alcuni valori della sinistra, poiché ormai il federalismo è diventato l’araba fenice: tutti ne parlano, ma nessuno sa bene cosa sia.
A Valenza la Lega sembra avere ancora un ruolo da giocare, sia pure come secondo sconnesso, e i suoi esponenti sono vezzeggiati come statisti e non più come trogloditi. Sono stati più di venti anni di pianificazioni e chiacchierate spesso inconcludenti sulla secessione, la Repubblica del Nord, il federalismo, ecc., che negli ultimi tempi hanno visto svanire diverse appartenenze, anche in Consiglio comunale. Dopo queste elezioni, i Padani valenzani saranno divisi che mai e, infine, dall’ottobre 2012, commissariati e protetti per impedire l’estinzione della specie. Sembreranno dissolversi prima di quei partiti che avrebbero dovuto far esplodere con il cosiddetto funerale verde, ma invece risorgeranno alle europee-regionali del 2014.
Nelle elezioni amministrative del 2010 (regionali e comunali del 28-29 marzo), Valenza, che ha conservato un’egemonia sinistreggiante nelle istituzioni ma minoritaria tra il popolo, si conferma una piazzaforte del centro destra, concorrendo in modo significativo all’affermazione sul filo di lana di Roberto Cota alla guida del Piemonte, a cui attribuisce il 57,67% dei consensi con 6.501 voti (52,02% nel 2005).
Qui la Lega intasca il 19,33%, guadagnando più del 50% sulle ultime votazioni e raddoppiando rispetto alle regionali del 2005. Ma è un consenso che si dimostrerà fragile e improvvisato, troppo artificiale, e che rotolerà giù ben presto. Nel febbraio del 2014, a seguito di sentenze del Tar e del Consiglio di Stato, tutto il governo regionale verrà azzerato.
Sempre alle regionali del 2010, a Valenza il PDL si ferma al 35,71%, arretrando rispetto alle provinciali e alle europee 2009 (42%), e alle politiche 2008 (46%). Con il 21,78% il PD perde terreno ma non frana.
Alle elezioni comunali il primo partito è composto dai valenzani che, ostentando un fastidio ai limiti del disprezzo e un infiacchimento per questa politica decadente e infischiandosene di PD, PDL e Lega, non hanno votato: l’astensione è stata al massimo nella storia di quest’esemplare di consultazione, un vistoso meno 30%, che oggi parrebbe invece un successone.
Così facendo hanno lanciato un segnale preciso ai nostri pseudopolitici poco disposti a farsi da parte: fate come vi pare, arrangiatevi, la vostra opera non ci interessa più. Si percepiscono sintomi di un grave disagio democratico, di una ripulsa. Sarà una sedizione silenziosa e anarcoide contro il potere che proseguirà negli anni successivi.
Per poco (48,65%) Sergio Cassano non è incoronato già al primo turno. Come alle regionali e come devastante consuetudine alle comunali, il PDL retrocede, ma ottiene quasi il 30%. La Lega offre ai berluscones una buona parte dei voti persi, ma anch’essa scende rispetto alle regionali.
Per Costanza Zavanone il primo turno è incerto: confrontato alle regionali, il 32,96% è buono, ma per vincere il ballottaggio serve ben altro. Senza i voti delle liste Tosetti e Siepe, che hanno catturato l’interesse di molti, il PD è al minimo storico (16,22%) rispetto alle Europee 2009 (21,65%) e precipita nell’incubo.
Lunedì 12 aprile 2010 il tabù è infranto: la roccaforte rossa cade, un esito clamoroso nelle comunali. Di vere sinistre in campo, però, non ce n’era neanche una; in pratica una contesa religiosa fratricida. Il PD valenzano paga certi personalismi, presumibilmente perché non si crede più che il partito conti oltre il singolo. Dopo aver governato quasi tutto in questa città, con troppe antipatie e disaffezioni, è ormai poco votato.
Il centrodestra, sempre sconfitto alle comunali, questa volta non si lascia sfuggire la conquista del Comune. Il merito principale è di Sergio Cassano, un arguto imprenditore trovato fuori dai recinti dei partiti. Già presidente dell’Expo Piemonte e con un ampio ventaglio retorico, farà della sua intenzionale sobrietà una contata superiorità e una cifra distintiva.
Vince le consultazioni comunali del 2010 con una maggioranza schiacciante di 6.081 voti, pari al 59,43%, contro i 4.152, pari al 40,57%, del candidato del centrosinistra Costanza Zavanone. Il paventato assenteismo del ballottaggio è stato “solo” di ulteriori 9 punti in più. Dato che le parti si sono capovolte, è difficile dire se questo esito sia meramente pregio di Cassano e del centrodestra o demerito altrui, ossia una conseguenza dell’inaffidabilità dei leali al centrosinistra di un tempo, oppure un caso particolare, figlio di quelle alchimie speciali che sovente si creano nelle elezioni locali.
Ci aiuterebbe pensare che, alla base dell’affermazione di Cassano, vi sia prima di tutto la sfiducia verso chi ha diretto la città fino a qui, ma forse non è proprio così poiché, in verità, per i concittadini cambierà poco e nulla, se non i governanti politici e non i veri decisori tecnici.
In queste elezioni, il voto degli operai valenzani, in maggioranza alla Lega e al PDL, testimonia che il paradosso è ormai realtà. Il popolo di questa città si è sganciato sempre di più dalla sinistra perché essa ha seguito, in parte spaccata ancora ai nostri giorni, percorsi interiori e culturali oscuri a molti cittadini con sensibilità diverse, che riguardano la società multietnica, la libera migrazione, l’orrore per ogni intervento repressivo, ecc., facendosi impantanare in una melassa umanitaria che spesso confonde l’uguaglianza con l’accettazione di tutti.
Molti degli ex elettori di sinistra hanno votato centro destra e non sono pochi gli ex comunisti che hanno avuto il coraggio di superare steccati morfologici un tempo considerati insuperabili. Per fortuna, qui non c’è stato quel parolaio insultante che di solito si scambiano quelli più in alto, né liquidazioni sommarie su pregiudizi politici. Con una punta di dolore, chi è diventato oppositore ha saputo perdere e abbandonare la poltrona senza fare tragedie o minacciare sfracelli. Qualcuno si è dignitosamente levato di mezzo, una lezione di civiltà e correttezza.
Da sempre, qui c’è un grande pragmatismo nei rapporti sociali, al di là delle scomposizioni politiche. E poi in politica si vince, si perde e si può rivincere. Si dice che le democrazie che funzionano sono amministrate ora dall’una e ora dall’altra parte politica.