Valenza rinascimentale descritta da un occupante spagnolo
Un nuovo approfondimento sulla storia della città
VALENZA – Nel Rinascimento la città è concepita come l’ambiente ideale della vita dell’uomo, come un luogo di convivenza civile, di armonia e di bene comune per gente scaltra e piena di spirito e saggezza. Anche l’amore, la libertà umana e la fine della vita sono tematiche importanti in quell’epoca.
A Valenza, gli occupanti spagnoli cercano di dotarsi di un buon sistema di difesa, di mantenere un ambiente salubre, di agevolare un buon rifornimento di derrate, anche per combattere le malattie e i deterioramenti cognitivi di anziani e veterani.
Negli ultimi anni del Cinquecento il medico spagnolo, Bernardino Triverio di Santia, dimorante a Valenza per le bizzarrie della storia, in un breve discorso “dell’huomo et alcune …..”, il 15 aprile del 1597, evidenzia la longevità dei valenzani di quei tempi.
Il Triverio scriveva: «In Valenza vicino al Po, ove ora son io e scrivo questo, il Dottore di Leggi Enrico Dinna visse 95 anni, mentre il figlio morì a 84, e la Signora Margherita Stanchi, madre del Signor Giovan Francesco Aribaldi, 80 anni, e Gian Paolo Bellone 80 anni. Un contadino, Antonio Vapiano, di circa 90 anni, ancora lavora la sua vigna e Massimo del Pero aveva 80 anni, Giovanni Antonio Novale 82, Angela Bellone 70 anni».
La loro età avanzata era eccezionale in un’epoca in cui la durata media della vita era di circa 40 anni, ma, escluso il contadino, lo scritto analizza personaggi noti, di elevata classe sociale, che vivevano in modo grandioso e raffinato prima di entrare nel regno dei cieli, a differenza del popolo retrogrado che viveva in modo misero e soffrendo spesso la fame che non poteva rimpiangere gli agi perché mai ne aveva avuti con le ovvie conseguenze. Ciò che accomunava questa gente era il cruccio della durata breve dell’esistenza.
Alla nascita e fino ai 15 anni, l’aspettativa di vita era bassa, di circa 35-40 anni, poiché condizionata dalla mortalità infantile; ma, superata l’età adolescenziale, la speranza di vita tra la popolazione benestante saliva, fissandosi tra i 60 e gli 80 anni.
Nonostante la bassa aspettativa di vita, in quei tempi a Valenza c’era una certa serenità nei confronti della morte, dettata dalla credenza che essa fosse solo fisica e che lo spirito non morisse. La “mors repentina”, invece, era una delle più temute, perché, la maggior parte delle volte, significava morire di peste o assassinati. La morte repentina era infamante e vergognosa. Qualcuno cercava di ritardarla con rituali ed esorcismi, tentazione che ha sempre animato la vita umana poiché è sempre l’ignoto a far paura.
I vegliardi citati dal Triverio appartenevano a famiglie benestanti, invidiate, odiate, temute e riverite, ma sicuramente protagoniste della vita di Valenza facendo credere di essere i migliori.
Tra queste, compare nello scritto la famiglia Del Pero, che ha avuto importanti personalità e protezioni nella vita politico-sociale della città. Nel 1606, all’età di 87 anni, muore l’imperioso valenzano Massimo Del Pero, una sorta di pontefice locale, un nobiluomo cortigiano molto vicino alla corte spagnola di Carlo V e di Filippo II al suo apogeo, che ha goduto di enormi privilegi nella sua vita.
La famiglia Bellone o Belloni, un’antica casata valenzana che ha partorito uomini insigni: Fabio, che da giovanissimo insegna già nelle università di Pavia e di Torino; Nicolao (Niccolò), professore di diritto a Pavia e senatore a Milano nel 1535; Paolo, forse nato a Casal S. Evasio, docente a Pavia, senatore e presidente del Senato nel 1621; Ottobuono, vescovo di Ventimiglia nel 1422. I Belloni possedevano l’antico castello dei feudatari di Monte, prima appartenuto all’abate di Sant’Ambrogio di Milano e poi ai Cattanei. Anche la famiglia Aribaldi o Annibaldi ha generato una lunga serie di personaggi rilevanti in questa città: Vincenzo, giureconsulto, un’intelligenza acuta e spregiudicata, un uomo che ha ottenuto importanti incarichi in Spagna e a Roma, e Alessandro, primo cittadino di Valenza nel periodo. Diversi dotti Annibaldi hanno insegnato nell’ateneo pavese.
La famiglia Stanchi ha percorso più volte la storia di questa città. Il personaggio più importante tra i tanti è stato il giureconsulto Bernardino, laureato a Pavia nel 1601, un esimio letterato che abitava nella casa ubicata fra via Pellizzari e via Cavour, a destra venendo dal Duomo.
Tra i nomi delle famiglie più benestanti del periodo troviamo anche Basti, Battezzati, Bellingeri, Bombelli, Cagnoli, Camasio, Campi, Chiesa, Della Chiesa, Dina, Fracchia, Gattinara, Gaudino, Guazzo, Lana, Leccocorvi, Maggi, Novale, Orsi, Perego, Porta, Romussi, Salmazza, Scapitta, Schiffi, Scotto, Turone, Vapiano, Vimercate, Zuffi e altri.
Nello scritto, il generoso medico spagnolo, interrogandosi sui motivi della longevità dei valenzani, ne individua le ragioni facendo uno splendido elogio della città, aggiungendo simpatia preziosa alla narrazione.
«In questa nobile et honorata terra di Valenza vi è buon’aria, salubre et temperata non havendo stagni, paludi né boschi o selve vicine, che sogliono rendere cattiva l’aria et affoscata, per essere talmente situata chei due venti più cattivi non possono nuocere molto, cioè Tramontana et Ostro, o ver Marino, come si dice volgarmente». «Da una parte il Po a nord ripara dalla tramontana, e dall’altra, a sud le colline e le Alpi Marittime sono di grande e vantaggioso baluardo».
«Oltre il sito salubre et buono, è parimenti dotata di molte ricche qualità essendo assai opulenta la terra et abondante di buoni framenti, de buonissimi vini gagliardi, sostantiosi e stomatici, bianchi e neri, al paro quasi di quelli di Chio, Cipro, Canada, Pelaio et Santo Martino, del quale se ne conduce in molti et lontani paesi, come ottima bevanda. La terra poi è bella et ariosa, con belle e spatiose contrade, chiese e case grandi et honorevoli, al paro quasi o poco meno di Città, ove habitano molti Signori dottori, capitani, alfieri, gentilhuomini, mercanti et altre persone honorate in lettere, arme et eserciti d’ogni sorte».
Questo “Dottor Fisico”, ha pronunciato uno dei migliori giudizi sulla nostra città e sulle sue genti più di 500 anni fa, quando il governatore di Milano governava su Valenza per il re di Spagna.