Verso l’Oscar 2023: “Tár”
Forse è politicamente scorretto sottolinearlo, ma “Tár”, terzo film del regista Todd Field (dopo “In the Bedroom”, 2001, e “Little Children”, 2006), è un’opera smaccatamente irritante, nella saccenteria snobistica della sua protagonista – la direttrice d’orchestra e compositrice Lydia Tár (personaggio fittizio ma modellato con estrema precisione su figure reali, da Antonia Brico a Ilya Musin) – e nel suo mostrare con insistita e compiaciuta piaggeria gli aspetti di una personalità egotica, narcisistica, fermamente centrata su di sé e sul soddisfacimento dei propri bisogni, sia nella dimensione artistica che in quella della vita.
“Tár” è anche un film sulle distorsioni del potere, ma questa volta, singolarmente, declinato al femminile, nell’ineccepibile, magistrale e un po’ algida (come la personalità stessa di Lydia, del resto) interpretazione di Cate Blanchett, che per questo ruolo ha vinto la Coppa Volpi a Venezia lo scorso settembre ed è attualmente candidata a uno dei sei premi Oscar attesi.
Lydia è un personaggio controverso, ritratto in maniera tale da non suscitare soverchie simpatie nello spettatore, anche per la gestione spregiudicata e a tratti cinica della sua indiscutibile supremazia artistica, che la assimila ai peggiori rappresentanti maschili di una qualsivoglia oligarchia.
Prima direttrice d’orchestra della Filarmonica di Berlino, pluripremiata per le sue composizioni, Lydia è una professionista e un’artista all’apoteosi del successo personale, in procinto di registrare la Quinta di Mahler per la Deutsche Grammophon, intervistata sul palco del The New Yorker Festival da Adam Gopnik, osannata da un’adorante schiera di donne, autentico gineceo che le ruota intorno. Eppure, chiusa autisticamente nella fortezza inespugnabile della propria vocazione, Tár riesce a deludere tutte: in primis Sharon (Nina Hoss), compagna e primo violino della sua orchestra, e poi Francesca (Noémie Merlant), bistrattata assistente, e – infine – Olga (Sophie Kauer), intraprendente violoncellista russa di cui si intriga.
Tutte le donne di Lydia fanno, prima o poi, le spese del suo smisurato egoismo, tra infatuazioni, tradimenti – amorosi e professionali – solo immaginati o già consumati, fantasmi di altre donne che l’hanno amata e che ne sono state ripagate con la moneta dell’indifferenza o dell’astio più velenoso (vedi la figura di Krista, ex borsista e probabilmente amante, a cui l’artista preclude ogni futura possibilità di carriera). Di Lydia la pellicola racconta anche l’altra faccia del successo, la ferocia e tirannia delle lobbies del mondo musicale che le si ritorcono contro, le accuse non del tutto infondate di razzismo e sessismo, di propensione allo scambio di favori sessuali.
In chiusura del lungo ed estenuante racconto messo in scena da Field, costellato di dialoghi meditabondi sulle teorie della musica, assistiamo alla rovinosa caduta di Tár dall’altissimo piedistallo su cui è convinta di essersi definitivamente assisa: «Se il protagonista fosse stato un maschio il racconto sarebbe risultato retorico, risaputo, con dinamiche molto antiche di potere», racconta Blanchett a “Elle”, confessando che la lavorazione del film, piuttosto impegnativa per gli studi musicali che ha dovuto compiere in piena pandemia, l’ha totalmente svuotata. «Certo, sono stata chiamata ad un ruolo difficile rispetto al dibattito oggi considerato “corretto”. Ma le sfide vanno raccolte, altrimenti arretri. E “Tár” mi piace perché non dà risposte, ma dissemina molte domande. In realtà è un grande film sul potere o, piuttosto, su come lo si mantiene, cioè la cosa più problematica per una donna».
“Tár” (id.)
Origine: Stati Uniti, 2022, 158′
Regia: Todd Field
Sceneggiatura: Todd Field
Fotografia: Florian Hoffmeister
Montaggio: Monika Willi
Musica: Hildur Guðnadóttir
Cast: Cate Blanchett, Noémie Merlant, Adam Gopnik, Marc-Martin Straub, Egon Brandstetter, Ylva Pollak, Paula Först, Sylvia Flote, Sydney Lemmon
Produzione: Focus Features, Standard Film Company, EMJAG Productions
Distribuzione: Universal Pictures