Branciaroli: "Shakespeare è autore di una grandezza poetica immensa"
Stasera in scena c'è 'Il mercante di Venezia'
La stagione organizzata da Comune e Fondazione Piemonte dal Vivo
TEATRO ALESSANDRINO – Emilio Solfrizzi è protagonista di un nuovo allestimento de ‘Il malato immaginario’, spettacolo già diretto in passato dal regista Guglielmo Ferro e in scena al teatro Alessandrino (via Verdi 12) giovedì 2 febbraio, dalle ore 21. La stagione è organizzata dal Comune di Alessandria in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo e prevede appuntamenti di prosa, dedicati alle famiglie e spettacoli dedicati ai bambini e ai ragazzi delle scuole. I biglietti si possono acquistare alle casse del teatro Alessandrino dal lunedì al sabato dalle 17 alle 19 oppure su Ticketone (maggiori info su www.teatroalessandrino.it). Produzione Compagnia Moliere-La Contrada, Teatro Stabile di Trieste. Con Emilio Solfrizzi, Lisa Galantini, Antonella Piccolo, Sergio Basile, Viviana Altieri, Cristiano Dessi, Cecilia D’Amico, Luca Massaro, Rosario Coppolino. Costumi Santuzza Calì. Scenografie Fabiana Di Marco. Musiche Massimiliano Pace.
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«Il teatro come finzione, come strumento per dissimulare la realtà, fa il paio con l’idea di Argante di servirsi della malattia per non affrontare “i dardi dell’atroce fortuna” – sottolinea Ferro, che cura adattamento e regia – Il malato immaginario ha più paura di vivere che di morire, e il suo rifugiarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che un’esistenza ti mette davanti. La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiaia, identificando di conseguenza il ruolo del malato con un attore anziano o addirittura vecchio, ma Molière lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui 50 anni; proprio per queste ragioni un grande attore dell’età di Emilio Solfrizzi potrà restituire al testo un aspetto importantissimo e certe volte dimenticato. Il rifiuto della propria esistenza. Una comicità che si avvicina al teatro dell’assurdo, Molière, come tutti i giganti, con geniale intuizione anticipa modalità drammaturgiche che solo nel ‘900 vedranno la luce. Si ride, tanto, ma come sempre l’uomo ride del dramma altrui».