Il tramonto delle gif animate
Non sono ancora del tutto riuscito a riprendermi dall’opinione, ormai diffusa, che le gif animate siano un linguaggio usato soltanto dai “boomer” e che proprio per questo siano destinate a tramontare lasciando campo aperto ai meme, agli sticker, alle emoji e alle tante altre forme di comunicazione, più o meno serie, di cui vive la comunicazione sui social e negli instant messenger.
Tale opinione nasce, tanto per cambiare, su TikTok dove la Generazione Z ha preso a fare la parodia dei Millennials e dei loro antecedenti e del loro ricorrere a questo linguaggio, un tempo diffuso ed efficace, ma oggi considerato logoro e antiquato. Del resto, la stessa Meta è stata costretta dall’Autorità Antitrust americana a vendere Giphy.com, fino a poco tempo fa integrato dentro Facebook, e il fondatore di questa società ha dichiarato apertamente come, non essendoci acquirenti interessati, sia destinata alla chiusura. Secondo il Guardian, l’avvento di connessioni internet più veloci aveva inizialmente favorito il diffondersi di questo tipo di immagini mentre l’attitudine dei più giovani a non utilizzare le gif animate è dovuta non solo ad una più facile produzione di video per comunicare, ma anche a motivazioni sociali: del resto ogni generazione ha il proprio codice di auto-rappresentazione, il proprio gergo, le proprie mode e matura proprio ponendosi in dialettica con chi l’ha preceduta.
A noi adulti resta il compito di accettare il fatto che un modo fino a poco tempo fa percepito come scanzonato per comunicare possa oggi risultare antico. Oppure infischiarsene e continuare e usare gif animate con il rischio però – a proposito di nuovi linguaggi – di apparire un po’ “cringe”.
Nella comunicazione digitale di tipo professionale che ha luogo in documenti, presentazioni e riunioni di lavoro, non si usano gif animate, ma è sempre più diffuso l’uso di formati di data visualization come le infografiche, le card e i grafici interattivi.
Del resto, non è una novità: nella storia per secoli, benché meno note, sono sempre state usate tabelle arricchite di immagini, dati e segni utili alla loro divulgazione. Famosa è l’infografica che l’ingegnere Charles Minard realizzò nel 1859 per illustrare la campagna russa dell’esercito napoleonico di quasi cinquant’anni prima.
Se la data visualization è dunque una narrazione volta a rappresentare in modo efficace una realtà fatta di dati e richiede tecniche, strumenti e formati visuali avanzati, anche i più tradizionali grafici debbono essere affrontati con la consapevolezza dei loro punti di forza e delle loro potenziali criticità:
- i grafici a linee, a scala singola o a scala doppia, sono utili per mostrare il cambiamento nel tempo di uno o più fenomeni rispetto a una o due variabili ed oggi possono essere rappresentati anche da timeline grafiche arricchite da commenti e didascalie come quelle pubblicabili con strumenti come Adobe Spark;
- i grafici a dispersione si servono di uno spazio cartesiano in cui un set di dati è rappresentato rispetto alle due variabili misurate lungo i due assi. Sono utili per mostrare la correlazione fra le due variabili e la dispersione che può avere in qualche occasione luogo. Fra i diversi software che permettono la creazione di grafici a dispersione vi è Tableau;
- i grafici a ragno, presenti anche in Powerpoint, aiutano a cogliere il posizionamento di un elemento del valore rispetto a più variabili;
- i grafici a barre sono preferibilmente a scorrimento orizzontale quando le dimensioni sono inferiori a 7 e verticale se superiori ed è molto diffuso oggi l’uso di Flourish per creare grafici a barre animati;
- i grafici spaziali sono infine interessanti quando la rappresentazione deve essere sviluppata su elementi geografici: Datawrapper.com è un tool gratuito per crearli.
Soprattutto nella comunicazione professionale, e quindi anche su Linkedin, la data visualization può essere dunque un valido aiuto per rendere distintivo il modo di comunicare online.