Valenza, toponomastica dialettale cittadina
Un curioso approfondimento del professor Maggiora
VALENZA – Per lungo tempo i valenzani hanno indicato i luoghi della loro città con definizioni dialettali. Arretrando di circa un secolo, la città era recinta dalla Lea di balì, Spiasare, Al col franch, Al pont d’Cilicca, Al spianà e Al prà dla Svigerin-na. Strade abitate sovente da gente scaltra e piena di spirito che, in modo spontaneo e consuetudinario, non si è mai mossa dal suo cantone; il contrario di quel processo successivo di estraniazione dal vecchio habitat e da quei soprannomi indecifrabili come la Fascina, la Maì, la Tulla, la Schiffa, Patujja, Badì, Bicci, Basiscu e mille altri.
Di seguito riportiamo una parte della toponomastica più vicina al nostro tempo.
In dialetto piazza Gramsci era LA PÉISA, già piazza Italia e prima ancora Porta Alessandria; qui si trovava il peso pubblico e qui terminava l’aggregato urbano. Era indicata anche come LA PIĀSA DEL PALĀT, poiché era il luogo in cui si teneva il mercato dei pali per le vigne.
In dialetto Corso Garibaldi era la LA CUNTRĀ GRĀNDA. L’angolo con via lega lombarda era AL CANTÓ DAL GARIBĀLDI, dal caffè omonimo; attraversando l’incrocio, all’opposto, c’era AL CANTÓ D’LA JOLĀNDA, che era la titolare della tabaccheria.
In dialetto via Solferino era LA CUNTRĀ DI TRE RE, dall’osteria presente fino ai primi anni quaranta (visitata spesso dai proseliti del mezzolitro), o LA CUNTRĀ DAL LÒT, poiché lì si trovava il botteghino del lotto. Nella feroce battaglia di San Martino del 1859, corrispondente a Solferino, caddero i valenzani Pietro Ferraris, il capitano Luigi Mario, Giuseppe Annaratone, Luigi Garavelli e Giovanni Baudagni.
In dialetto piazza Verdi era LA PIASĀTTA, In precedenza piazzetta del Teatro.
In dialetto via Alfieri era LA CUNTRĀ D’LA CANTĪN-A SUCIĀL, poiché fino agli anni Sessanta c’era la Cantina Sociale Cooperativa. Nella via, avanti alla cantina, c’era LA CURT DAL MAC I MĀ, dove si fornivano carrozze a nolo e carri funebri, e di fronte alla cantina LA CURT DAL MANISCALC, dove si lavorava in cortile sbraitando frequentemente.
In dialetto via Garessio era LA CUNTRĀ DAL TARUNĪ, nota anche come LA CURT DAL CARBUNĪ, dove si commerciava legna e carbone. Nel 1836 la contessa Carolina Garessio Del Pero (1809-1836) lasciò un patrimonio di circa 60.000 lire per la fondazione di una casa d’educazione destinata alle orfane della città; sarebbe sorta solo nel 1869 col nome “Casa d’Educazione Garessio Del Pero”.
In dialetto vicolo Massimo del Pero era AL CUNTRAJĪ DAL CONT DAL PĒIJER. Verso il fondo, sulla sinistra, c’era LA CURT ‘D GIÜLĪ e, in fondo, LA CURT ‘D SĀNTA MARĪJA. I Del Pero erano un’antica e titolata famiglia valenzana. Massimo era un Cavaliere Aurato, Conte Palatino e Collaterale Generale del Ducato di Milano; uno stimato collaboratore di Carlo V e di Filippo II di Spagna nel Cinquecento, che morì a Valenza nel 1606.
In dialetto vicolo Baretti era AL CUNTRAJĪ DI CARABINIÉ, perché fino agli anni Trenta c’era la vecchia sede della Stazione dell’Arma. Giuseppe Marco Antonio Baretti (1719-1789), noto anche con lo pseudonimo di Aristarco Scannabue, è stato un linguista d’eccezione, un critico letterario, un traduttore, un drammaturgo e uno scrittore. Secondo alcuni era un oriundo valenzano. Apparteneva a un Baretti, un misuratore valenzano, la casa tra il vicolo e la piazza che è stata la prima sede dell’Ospedale Mauriziano, forse anche lo stabile dell’ex cinema Politeama.
In dialetto piazza Giovanni Lanza era D’AL MONJI. Qui da un lato c’è un piccolo capolavoro architettonico, l’antica chiesa di Santa Caterina, adesso Oratorio di San Bartolomeo, oggi considerato il complesso più antico dell’intera città; la struttura è stata costruita negli ultimi anni del Cinquecento dalle monache benedettine. Di fronte a Santa Caterina c’è la Sacra Famiglia, un istituto nato nel 1874 e cessato nel 1978. Attigua, tra via Foscolo e via Cavour, c’era LA CURT DAL PAISĀ e, dietro Santa Santa Caterina, LA CURT DAL MULĪ. Via Cavour, la vecchia via di S. Giacomo, era chiamata LA VALĀTTA e, all’incrocio, con via Pelizzari, l’antica via del Castello, si trovava LA CUNTRĀ DI PLISĀ. Giovanni Lanza era un politico e militare casalese, Presidente del Consiglio dei ministri dal 1869 al 1873.
In dialetto piazza XXXI Martiri era PIĀSA DAL DÒM, fino al 1946 intitolata a Vittorio Emanuele II. La piazza, con il duomo e il palazzo comunale, è stata per secoli il centro amministrativo e religioso della città. L’angolo in fondo al corso in cui iniziano i portici era denominato AL CANTÓ ‘D BÒBA, dal titolare della drogheria Bobba.
In dialetto viale Vicenza, già circonvallazione Ovest, era AL COL FRANC, poiché durante il periodo napoleonico alloggiava il contingente francese; all’angolo con via Magenta c’era LA CURT DAL BUSĪJI. All’attacco della strada per il cimitero ci sono ancora i PILÒT che indicano il punto in cui si fermano coloro che non seguono il funerale fino al cimitero, parola un tempo scaramanticamente poco declamata. Accanto a questi c’era L’ANFÓND DI MĀRMU, dove venivano depositati i marmi destinati al camposanto, lavorati dal vicino marmista; questo è il luogo della vecchia Porta Bedogno-Bassignana accanto a una delle rocche principali di Valenza. Poco dopo verso il cimitero, c’era IL PÓNT DI SPAGNÓ, degli spagnoli.
In dialetto Largo Costituzione della Repubblica era AL LEON D’OR, nome che ricorda l’albergo che restò in attività fino all’inizio della seconda guerra mondiale. Prima del Novecento il luogo era detto LA PEISĀTTA e costituiva l’estremo del CANTON D’LA TRINITĀ.
In dialetto via Cavallotti era LA CUNTRĀ DI CARĀTT, già via Pier Carlo Boggio. Fino ai primi anni del Novecento era indicata come una via basilare: percorreva da sud a nord l’intero abitato, conducendo alla strada della Lomellina e al Po, che si attraversava su un ponte di barche o con il traghetto. Pier Carlo Boggio era un deputato torinese eletto nel collegio di Valenza dal 1857 e in carica fino alla scomparsa nella famosa battaglia navale di Lissa del 1866, durante la Terza Guerra d’Indipendenza.
In dialetto via Cunietti era LA FILATÜRA, ma era anche chiamata via della Ferrovia. Da via Cavallotti alla chiesa della Trinità sorgeva la Filanda Ceriana, chiusa nel 1930. Cesare Cunietti è stato un generoso benefattore della città, un cittadino d’adozione che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a Valenza. Per testimoniare il suo affetto verso la città, Cunietti donò oltre centomila lire al Comune, una somma notevole in quel tempo, per un’opera di risanamento igienico (fognature) che sarebbe stata conclusa nei primi anni del Novecento, poco prima della sua morte.
In dialetto via IX Febbraio era LA CUNTRĀ ‘D SAN DUMĪNNI, già via Carlo Alberto, e via Carducci LA CUNTRĀ DAL SCÓLI DI FIÓI. Qui sorgeva il convento di San Domenico, costruito nel 1467 fuori le mura e trasferito qui nel 1681, è diventato sede di seminario alla fine del Settecento e, in seguito, è stato adibito a scuola maschile. Negli ultimi tempi in queste vie c’erano le scuole Carducci, mentre oggi ci sono gli uffici comunali.
In dialetto largo Risorgimento era LA RÒCA e stava accanto a LA CULUMBĪN-A, la leggenda ritiene che questo sia il luogo indicato a San Massimo dalla colomba per ricostruire Valenza tra il V e VI secolo. Salendo via Rimini c’è AL MURAJÓ, un ampio belvedere sul Po e sulla Lomellina, con il tratto superstite delle opere esterne della piazzaforte dopo le demolizioni ordinate da Napoleone; senza cortina, si vedono le strutture ad arco su file sovrapposte per reggere il terreno retrostante, chiamate dai valenzani AL CAPÈLI.
In dialetto vicolo Beato Cagnoli era AL CUNTRAJĪ ‘D MARELA. Più avanti sulla destra, sul fondo di via Gaspare Romussi, si apriva LA CURT ‘D MANĪ. Beato Gerardo Cagnoli è stato un protagonista valenzano devoto, in grado di adombrare anche San Massimo. Ha sacrificato i suoi privilegi in favore dei poveri cristi. Nacque a Valenza nel 1267 o 1268, in una famiglia ricca e nobile, ma vendette i suoi averi e ne destinò il ricavato ai poveri e agli ammalati. Pellegrino e mendicante, si trasferì a Roma e poi a Napoli, dove si dedicò ai sofferenti e ai bisognosi. Si ritirò in un convento francescano a Randazzo, in Sicilia, dove svolse il suo noviziato, e poi a Palermo. Visse 35 anni a Palermo, dove morì nel 1342 o nel 1343. I numerosi prodigi che si narrano di lui lo hanno fatto diventare oggetto di culto e di venerazione. Beato Gerardo Cagnoli è stato canonizzato nel 1908 e nel Duomo è conservata una reliquia dal fascino evangelico e apologetico. Gaspare Domenico Romussi, invece, era un giurista letterato del Settecento, nato da un’antica famiglia valenzana e autore di vari trattati di argomento legale e agrario pubblicati a Parma.
In dialetto via Roberti era LA CUNTRĀ ‘D RUBÈRT o anche LA CUNTRĀ DAL MARÓ, insieme a LA CURT D’LA SCHĪFFA sono attigui a S.Rocco. Un Roberti, non si sa se Vincenzo, Roberto o Robert, era capitano dell’esercito piemontese che cadde nella Seconda guerra d’indipendenza nella difesa del Pont d’fer il 4 maggio 1859.
In dialetto via Pastrengo era LA CUNTRĀ D’AL SCÓLI D’AL FĪJI. Una delle vie più antiche che sul fondo dischiude l’ampio fondale della valle del Po, uno scenario che spazia dalla Lomellina alla catena delle Alpi. Corrisponde all’area dell’odierno asilo Rota, parte dell’ex convento dell’Annunziata, dove sorgevano le scuole femminili. La battaglia di Pastrengo è un episodio risalente alla Prima guerra di indipendenza che ebbe luogo il 30 aprile 1848.
In dialetto piazza Statuto era AL SPIASARÈ. Alla fine del primo millennio tutta la città era ubicata attorno a questa piazzetta rettangolare, al lato della quale era posta una chiesa, forse San Massimo o San Giorgio. Quando l’antico convento dei cappuccini fuori alle mura, sulla strada per Alessandria, venne distrutto durante l’immondo assedio del 1635, i religiosi decisero di ritirarsi in un luogo più sicuro, così eressero in piazza Statuto il convento e la chiesa, che venne dedicata ai Santi Apostoli Simone e Giuda. Nel 1802, durante la soppressione generale giacobina, tutto venne poi trasferito a privati e nel 1838 ceduto alla Confraternita di San Rocco; quando in anni successivi la confraternita si trasferì all’Annunziata, la chiesa divenne un deposito comunale; infine, con una recente ristrutturazione, è nato il Centro Polifunzionale San Rocco, destinato all’accoglienza e all’intrattenimento del pubblico. La denominazione è riferita allo Statuto Albertino del 1948.
In dialetto via Santa Lucia era LA CONTRĀ ‘DL’UGIARĪ; all’angolo con via Cavallotti c’era AL CANTÓ D’LA BALA ‘D FÈR, dove una palla di cannone, ricordo di antichi assedi, è ancora conficcata nel muro. Anche nel duomo si può ammirare una palla di cannone, ben incassata alla parete, riguardante l’attacco nemico del 18 ottobre del 1635.
In dialetto via Salmazza era LA CUNTRĀ ‘D TÒRTI. Più avanti, dove si svolta per via Pastrengo, eravamo al FÒRT ‘D MACALÉ, mentre il tratto in fondo a via Po, molto in pendenza, era LA SGǕJĀ. Salmazza è il nome di un’antica e importante famiglia valenzana, forse di origine Sarmata. Teresa e Cristina Salmazza contribuirono con i loro lasciti all’edificazione del vecchio Ospedale Mauriziano.