Casal Cermelli: storia del cavolo (che risale a San Pio)
La qualità "di San Giovanni" è promossa da Slow Food. Con buoni motivi
Risulta da Daniele Cermelli, appassionato di storia locale, che il cosiddetto cavolo di San Giovanni ci fosse già ai tempi di papa Pio V. Dunque bisogna risalire al 1500. Fatto sta che se questo ortaggio autunnale, “che buono come questo non ce n’è” (parole di un altro Cermelli, l’85enne Pietro), è tornato in auge tanto da interessare Slow Food, merito va alla perseveranza di chi, qualche anno fa, s’è dato da fare per andare a recuperare i semi e riavviare dunque la produzione.
Che non sarà abbondante, ma certamente significativa, come hanno spiegato stamani, in conferenza stampa, il sindaco Antonella Cermelli, la fiduciaria di Slow Food, Dalia Ghisu e Francesco Sottile, agronomo di Slow Food che si occupa di biodiversità.
La valorizzazione
“E conservare la bidoversità è fondamentale per la transizione ecologica, senza dimenticare l’importanza che ha l’agrobiologia nella produzione di cibo” ha detto Sottile.
Poi bisogna dare meriti a Nini Piccione, che ha dato vita alla Comunità Slow Food per la valorizzazione del cavolo di San Giovanni, a Pietro Cermelli per i consigli, a Elena Canepa che “traduce” la verdura in ricetta e a Daniele Cermelli, che s’è impegnato per recuperare un prodotto della tradizione, attualizzarlo e garantirgli futuro, sempre ammesso che fra qualche decennio ci sia ancora chi voglia apprezzarne tenerezza e gusto.
Nella sua tenuta, la Merlanetta, lungo la strada per Portanova (andatela a visitare: è stupenda e include pure il Museo dell’oro), ora ci sono 1.500 cavoli, tanto buoni quanto delicati. “A un certo punto si spaccano. E sono 500 anni che non si capisce il perché…”.