Gli Annibaldi, i Belloni e i De Cardenas di Valenza fra Rinascimento e Seicento
Un nuovo viaggio nella storia della città
VALENZA – Partendo dall’origine, il nome primitivo di molte famiglie ha subito nel tempo alterazioni e derivazioni che hanno creato confusione nel seguirne il percorso.
Come è sempre stato, prima della modernità, anche a Valenza le famiglie più note e gloriose sono state patrilineari, patriarcali e primogeniturali. Carichi di valori e principi, sovente sono state anche focolari di egotismo, di desiderio per i beni materiali, di spirito di casta e di carriere vanagloriose. La struttura non è mutata molto rispetto alle epoche precedenti: il padre resta l’autorità principale e il regime casalingo è ancora austero, con l’emarginazione femminile.
Tenendo conto dell’inevitabile incertezza di alcuni dati, descriviamo ora tre dei più rilevanti nuclei familiari di Valenza (rigorose casate signorili e potentati locali), dei loro membri più dotti e meritori, fino agli albori dell’età moderna. Nel raccontare la storia di queste famiglie pragmatiche, si narra anche un pezzo importante della storia di Valenza; di quel mondo di sopra ripiegatosi più avanti verso il topos del crepuscolo degli dei.
Risalire alle origini della famiglia Annibaldi (Aribandi, Aribaldi, Arribaldi, ecc.) è un’impresa ardua; si tratta di una casata antichissima, forse di origine primordiale germanica o iberica e poi in modo sicuro romana, iscritta nel libro d’oro della nobiltà di Roma. È una famiglia molto estesa, il cui ramo valenzano, diviso in nuclei diversi, ha prodotto una lunga serie di personaggi importanti.
Questa famiglia patriarcale, che sembra essersi trapiantata a Valenza all’inizio del Trecento nella persona di Giovanni, un vicario del re di Sicilia Roberto d’Angiò, inviato da Roma nel 1321 a governare Alessandria, è sempre stata tra le più importanti della nostra città, ha goduto di un certo status quo pubblico, ha fatto parte della élite intellettuale del luogo e ha indossato spesso le tendenze culturali e le vocazioni del momento, senza l’angoscia di una vita di privazioni.
La genealogia di questa fervente e ramificata famiglia cattolica, con fierezza fedele a se stessa, è costellata di figure locali di rilevo.
Già nel XII secolo il vassallo alessandrino del marchese Guglielmo di Monferrato, Ruffino Guasco, sembra essere il capostipite della dinastia locale degli Annibaldi. Il già citato valenzano Giovanni Annibaldi (Aribaldi), morto a Valenza il 17 febbraio 1334, eresse a proprie spese la nuova chiesa di San Francesco dei minori conventuali nel 1333.
Antonio Aribandi, nato a Valenza, fu vescovo di Gaeta dal 1341 al 1344 e legato pontificio in Armenia e Grecia; morirà nel 1360. Simone Annibaldi è il cofondatore, con Gaspare da Vimercate, del convento di San Giacomo dei domenicani nel 1467.
Vincenzo Annibaldi è considerato il più illustre personaggio della Valenza del Cinquecento. Un talento straordinario, insigne nella giurisprudenza, ricopre cariche pubbliche importanti e crea opere legali di grande pregio. Nato a Valenza il 5 agosto del 1531 da Ludovico e Caterina Campagna, consegue la laurea in diritto civile a Pavia e quindi in diritto canonico, opera nella sede ducale a Milano e nella Bruxelles spagnola, spesso accanto a re Filippo II dalla Fiandra alla Spagna, essendo molto stimato dal monarca e da tutta la corte. Costretto a viaggiare molto nel corso della sua vita, è spesso presente a Roma come auditore e in diverse udienze papali, è ammirato dai cardinali e dai maggiorenti della Santa Sede. Morirà nel 1592. È ricordato anche per aver riformato gli statuti di Valenza, ormai in parte ripudiati, nel 1584.
Anche Matteo (forse fratello di Vincenzo, 1533-1573) è un affermato giureconsulto. Dottore in legge e auditore di Rota, visse a Roma protetto dal celebre cardinale Arcangelo de’ Bianchi. Due delle loro sorelle sono religiose nel monastero della Santissima Annunziata.
In questo periodo diversi sapienti Annibaldi, tutti nati a Valenza, insegnano nell’ateneo pavese: Roberto, indicato come de Aribaldi, è professore di medicina nella prima metà del quindicesimo secolo; Bernardo è professore di filosofia morale nel 1480 ed è considerato uno dei più raffinati nel pensiero, anche se spesso bollato come dissidente; Giovanni Stefano è professore di diritto civile nel 1591.
Nel Cinquecento Alessandro è sindaco di Valenza. Nel 1562 certi Annibaldi donano numerosi beni, tra cui terreni nel territorio di Mede, al convento di San Francesco, a cui sono molto legati,. Carlo e Teodoro Annibaldi sono capitani di lance del Duca di Savoia, con spiccato amor di patria.
Nel 1620 gli Annibaldi valenzani contano ben nove diverse famiglie. Paolo Stefano è docente di medicina all’ateneo di Pavia, Gaspare Giuseppe è podestà della città a fine Seicento e Giovanni Francesco è un ecclesiastico erudito e attento alle nuove sensibilità, che lascerà molti manoscritti sui vangeli delle domeniche e sulle feste di precetto.
Nel XVII secolo un Teodoro Annibaldi sposa Margherita Biscossi, di nobile casata pavese; da qui il secondo cognome per la discendenza, che sarà Annibaldi Biscossi.
I Belloni, anche Bellone, sono un’antica famiglia benestante originaria di Valenza, che ha dato anch’essa uomini virtuosi di primo piano, nonostante gli agguati della sorte. Nel 1347 Michelino Belloni è l’ambasciatore di Valenza che giura la fedeltà della città al marchese del Monferrato. Ottobono Belloni, forse nato a Moncalieri, è stato un diplomatico importante e un aiutante papale, a momenti attiguo al soglio pontificio, nominato vescovo di Ventimiglia nel 1422. Morirà nel 1452.
I Belloni possiedono l’antico castello dei feudatari di Monte, prima appartenuto all’abate di Sant’Ambrogio di Milano e poi ai Cattanei.
Nicolao (Niccolò), professore di diritto a Pavia, è senatore a Milano nel 1535. Nel 1575 Francesco, giureconsulto, è un conte palatino creato da re Carlo V. Gerolamo è uno dei tre consoli di Valenza e nel 1547 attende alla fabbrica del duomo con passione ideale, religiosa e civile.
Alla fine del XVI secolo nasce il giurista Fabio Belloni, uno degli ingegni più precoci e vivaci dell’epoca, una voce libera in un mondo poco democratico. Ancora adolescente, insegna istituzioni giustiziane all’Università di Pavia, poi, a soli 25 anni, educa in quella di Torino. Muore a soli 27 anni, probabilmente di peste.
Fratello di Fabio è Paolo Belloni, uomo dalla lunga e prestigiosa carriera. È lettore primario di diritto civile all’Università di Pavia dal 1597 al 1618, aggregato al collegio dei giudici e commissario dell’Inquisizione. Nel 1619 Filippo IV lo nomina senatore e nel 1621 diventa presidente dello stesso senato.
Nel Seicento Ottaviano è podestà di Voghera (1619) e di Arona (1631), Carlo e Giovanni sono docenti di buon livello a Pavia e apostoli illuminati dell’emancipazione.
Di origini ispaniche, la famiglia De Cardenas arriva a Valenza con le truppe spagnole nella seconda metà del Cinquecento, in un’epoca in cui la belligeranza è una fede e non solo una carriera. Il suo primo esponente è Alonso, alfiere della comitiva di Garcia di Ayala della diocesi di Toledo e governatore di Valenza nel 1563, seguito nel 1575 da Francesco, appartenente alla comitiva del capitano spagnolo Enrico Centello. Entrambi si sposano a Valenza imparentandosi con i Perego e stabilendo il loro domicilio nella città. Alonso, forse di nobile discendenza spagnola, da alfiere diventerà un capitano valente. Morirà nel 1590. Francesco diventerà sergente e morirà nel 1611; il figlio, con stesso nome, durante l’assedio del 1635 sarà il fiero comandante governatore. Nonostante il cognome, sembra che non siano parenti, o forse sono zio e nipote, e daranno origine a due rami De Cardenas distinti.
Il grandioso palazzo costruito di fronte al monastero di Santa Caterina – poi diverrà il palazzo Trecate, nella odierna via Banda Lenti – trae origine dal sergente Francesco. Questo edificio aveva un aspetto maestoso per coloro che a quel al tempo giungevano dalla porta di Bassignana. Le costruzioni che ora lo occultano non esistevano all’epoca, quando c’era anche un parco, molto più grande e più bello di quello attuale, e una delle rocche di Valenza, di cui ora resta solo qualche segno.
Già nella prima metà del Seicento i De Cardenas sono insediati ai posti di comando della città. Con un forte e nobile spirito operativo, specie nel campo militare, ricoprono cariche di un certo rilievo. Don Diego, forse figlio di Francesco, regge l’ufficio di referendario di Alessandria nel biennio 1602-1603. Don Gabriele, figlio di Alonso, sarà governatore di Valenza dal 1636 al 1644, anno della sua morte. Nel 1647 il canonico Francesco De Cardenas istituisce un canonicato dedicato alla Vergine e a Santa Rosalia.
Negli anni seguenti i De Cardenas aumenteranno il loro prestigio e le loro funzioni pubbliche con grande dignità personale, guarnendosi anche del titolo di conti grazie al ramo di Francesco. Saranno in grado di imporre alla città diverse volte la linea politica.
La tenuta De Cardenas, dove sorgerà secolo la lucente villa nel XVIII, è posta a mezza costa sulla collina che domina la vallata a sud di Valenza, in regione Pravernara. I testamenti del 1611 riportano che Francesco De Cardenas la lascia in eredità ai figli. Un manoscritto del 1699 annota alloggiamenti di truppe spagnole nel luogo.
Per noi meno orgogliosi, spesso divisi in modo introverso e presuntuoso tra l’amor sacro e quello profano, forse è tempo di tornare a essere quello che siamo stati, riconoscendo che loro erano più abili di noi.