Il Mercato Coperto di Valenza
L'approfondimento su un luogo storico della città
VALENZA – I mercati sono sempre stati i luoghi del commercio e della socialità, la loro storia si intreccia con quella della città e ne segue lo sviluppo e le trasformazioni. Nel Novecento, per remota tradizione, a Valenza c’erano alcuni banchi vendita permanenti all’aperto che stazionavano in piazza del Duomo, oggi piazza XXXI Martiri. Era un via vai continuo di persone intente a fare la spesa quotidiana in un vasto assortimento di prodotti agroalimentari dal sapore autentico, in parte tipici del territorio. Questa tipologia di vendita era anche uno spettacolo non sempre decoroso, fatto di bancarelle, carretti maleodoranti, rifiuti abbandonati e continue risse condite sovente dal turpiloquio. Altri inconvenienti erano il dover esporre le merci con qualunque tempo – sotto il sole, la pioggia o la neve – e un durevole ingombro della piazza in cui c’era la fermata del tram, un traffico di carri, di carrozze e, più avanti, di autovetture. La domenica, in piazzetta Verdi, c’era l’mercà d’la pulaia, un mercatino alternativo di pollame, di conigli e di pesce. Oggi, cerca di resistere il mercato all’aperto del sabato che si tiene in corso Garibaldi, a piazza XXXI Martiri e in viale Oliva.
Risalendo alle origini, è nel 1930 che il podestà geometra Eugenio Grassi accoglie definitivamente la richiesta di alcuni venditori all’aperto di costruire un mercato coperto, un’iniziativa già studiata a fondo nell’amministrazione comunale. L’area scelta è un’antica piazza semi-incolta di proprietà comunale in pieno centro, tra via Lega Lombarda e via Cairoli, che si presta per edificare un fabbricato in cemento armato di circa 1600 metri quadrati con ampie e luminose vetrate.
Il podestà incarica l’ingegnere torinese Antonio Gioberti, esperto di costruzioni affini, di elaborare un progetto di riferimento per l’appalto. Questo si svolge nell’aprile del 1934 con una base d’asta di 398 mila lire e viene aggiudicato all’impresa Orione Pietro di Nizza Monferrato, che, come succede spesso, a causa di difficoltà stagionali e strutturali, non riuscirà a rispettare i tempi di esecuzione né i preventivi di spesa, ragion per cui il Comune affronterà una spesa maggiore. Il collaudo definitivo dell’opera avviene il 31 maggio del 1936 e il costo complessivo, compreso i lavori ulteriori fatti dal Comune, è di 438 mila lire.
L’attività è affidata al controllo di una guardia comunale. Viene installato un orologio a pendolo con suoneria che annuncia l’apertura e la chiusura del mercato: ore 7 per il commercio all’ingrosso, ore 7,30-12 per la vendita al minuto e ore 12,30 per la chiusura.
Valenza ha quasi 12 mila abitanti. Un kg di pane costa 1,35 lire, uno di carne 6 lire, un litro di latte 0,90 lire e uno di olio 6,70 lire. Un buon orafo guadagna 1000 lire al mese.
Il mercato ha un vasto reparto di prodotti ortofrutticoli, vari negozi specializzati di macelleria, panetteria, alimentari, formaggi e un piccolo bar. Il Mercato Coperto, quindi, non è solo un luogo, ma tanti luoghi contigui.
Gli spazi di vendita, le cui posizioni vengono estratte a sorte, sono conferiti ad Arnuzzo Giuseppe, Gilardini, Pellizzari Giovanni, Mantovani Pietro, Negroni Giovanni, Crotti Oreste, Baldi Cesare, Lortella Ercole, Ceriana Paolo, Nobile Giuseppe, Arnuzzo Alessandro, Formini Marcello, Corrado Costantino, Rota Paolo, Mesturini Ercole, Curzi Anselmo, Mirone Fortunato, Rota Pietro, Cresona Angelo, Crotti Luigi, Borbon Angelo, Barzano Giovanni, Melgara Adolfo, Orsi Pietro, Barberis Anselmo, Merlo Francesco, Mallarino Pietro, Pallavidini Carlo, Cavalli Francesco, Bissolo Marino, Armani Luigi e Rota Costantino. Uno spazio è assegnato anche ad alcuni venditori non detentori di banco di vendita che esibiscono le loro derrate in ceste disposte a terra.
L’inaugurazione avviene il 20 settembre 1936, in concomitanza con la festa dell’uva, estesa in tutto il paese, e caratterizzata da otto carri folcloristici e vendemmiali che distribuiscono l’uva, una festa che si richiama a una tradizione valenzana. Per l’occasione sfila la banda musicale del maestro Pagella, la stessa che di sera accompagna il gran ballo all’interno del mercato coperto, dove, nella sfrenata allegria generale, il pezzo forte è Faccetta nera. Il re è diventato da poco imperatore e Mussolini è venerato quasi da tutti.
Dentro il mercato coperto ci sono bagni pubblici frequentati da donne, signori e bambini; all’epoca il bagno nella propria abitazione è ancora appannaggio di pochi. Saranno chiusi nell’inoltrato dopoguerra, quando i bagni diventeranno una parte normale delle abitazioni.
Negli anni a venire, ogni mattina il mercato coperto si anima di movimento e di vitalità. Qui molti trovano il loro emporio ideale, specialmente quelli che preferiscono fare i propri acquisti senza rinunciare al calore umano dei gestori dei banchi. È il posto ideale per reperire prodotti agricoli freschi e variegati. Frutta, verdura, carne e pesce inondano di allegria e di profumi i banchi e riescono a rendere la spesa quotidiana un momento di svago e socializzazione, grazie alla cortesia e alla disponibilità dei commercianti.
Più volte l’amministrazione comunale interverrà per riqualificare la struttura, economizzare i costi di gestione e valorizzare i vari settori del mercato, promuovendo ulteriormente la commercializzazione dei prodotti. Questa scelta ha fatto sì che, negli anni, la struttura si mantenesse competitiva e continuasse a essere l’anima di vendita al dettaglio di alimenti per i valenzani. È un luogo in cui si può ancora assaggiare per scegliere, scambiandosi una ricetta, un consiglio o, magari, una battuta in dialetto. L’ultimo intervento di ristrutturazione avviene nei primi anni Ottanta, con un investimento da parte della Regione e del Comune di 350 milioni.
Con l’avvento dei centri commerciali, il mercato coperto valenzano perde progressivamente gran parte della clientela; non c’è più quel tipico via vai di persone affaccendate a fare la spesa quotidiana in quel vasto assortimento di prodotti agroalimentari. A Valenza si installano alcuni rinomati supermercati quali Unes, Coop, Esselunga, punti di vendita generale in cui i prodotti sono sistemati in file di scaffali tutti uguali, con una cassa in fondo. Anche se dobbiamo avere il massimo rispetto per la grande distribuzione, che ormai assolve un compito fondamentale per tutti noi, è risaputo che una città non viva di soli supermarket. Parecchi vecchi negozi dovranno chiudere, soffocati dall’accerchiamento dei grandi distributori.
Nel nuovo millennio si verifica un rapido declino del nostro mercato coperto e, con una iniziativa degna del teatro dell’assurdo, vengono chiesti nuovi canoni agli operatori, troppo alti per potere essere pagati. Alcuni delusi decidono di lasciare i banchi: è gente per bene che non ha un sindacato né un partito e nessuno li accondiscende. A questo punto si va verso un veloce declino. Ed è qui che i calcoli cominciano a tornare, o meglio a non tornare, e la logica latita.
Nel 2008 il Comune costituisce la società Vival, a cui conferisce una serie di beni da vendere, soprattutto da impegnare in banca per ottenere contanti (cartolarizzazione); tra questi c’è il mercato coperto, che nel 2012 viene definitivamente chiuso con l’intenzione di venderlo all’incanto, come un rudere del passato: una operazione che non avrà una buona riuscita, solo un castello di parole e allettanti propositi. Poi, in modo fantasioso e discordante, ne viene auspicata la trasformazione in una casa della salute o in un polo fieristico, mentre andrebbe riconosciuto come un monumento, segno di memoria storica, per essere la testimonianza di una città che un tempo sapeva esprimere la propria vitalità culturale e sociale anche attraverso la vendita al dettaglio di cibo.