La politica a Valenza: i leghisti
La storia del Carroccio nella città del gioiello
VALENZA – Negli anni Ottanta nasce qualcosa di nuovo nella vecchia politica italiana. Sono gruppi autonomisti che contestano il sistema dei partiti urlando “Roma ladrona” e le loro parole d’ordine sono autonomia e secessione; sembrano formazioni tribali con il carisma della verginità. Presto questi gruppi si congiungono e sboccia un partito che spaventerà senza sosta le cariatidi politiche, diventando il più longevo del Paese ai giorni nostri e assumendo quasi i contorni di una leggenda, con tutte le antinomie, i capitomboli e le originalità del caso. Sono stati la Lega Lombarda, nata il 21 marzo 1986, il Piemont, poi Lega Nord Piemont, e la Lega Nord, nata il 4 Dicembre 1989.
Dopo le elezioni politiche anticipate del 14 giugno 1987 – durante le quali è eletto Umberto Bossi, il senatur della Lega Lombarda, deus ex machina e creatore del partito – anche a Valenza alcuni cittadini si aggregano ispirati da questo nuovo movimento che vuole la purezza, che ha la voglia di mordere la cadrega e di cambiarla.
Inizialmente nessuno si preoccupa più di tanto di questi nuovi esemplari, che provengono da tutte le parti politiche, sbagliando clamorosamente. Ben presto il gruppo si consolida, suscitando una crescente curiosità, molta sorpresa e qualche imbarazzo.
Il 26/09/1987 a Valenza viene inaugurata la sede provinciale del Movimento Autonomista Piemontese, denominato “Piemont”. La dimora di questo giovane partito è nei pressi della piscina comunale, in via Castagnone. Oltre ai sostenitori e ai membri del partito giunti da tutta la regione, all’inaugurazione c’è anche il presidente del movimento Gipo Farassino.
All’inizio i leghisti valenzani sono pochi e incattiviti – allergici all’ipocrisia e al conformismo, refrattari alle ideologie, assomigliano a automi sbarcati da qualche altro pianeta – ma il numero ben presto aumenta e l’utopia prende consistenza. Successivamente il movimento di Farassino si unisce alla Lega Lombarda nella lista elettorale Lega Lombarda-Alleanza Nord, che nel 1991 diventerà Lega Nord.
Il 18 giugno 1989 si va alle urne per l’Europa. A Valenza la “cosa” di Occhetto non convince i nuovi elettori né quelli tradizionali. I leghisti (Lega Lombarda-Alleanza Nord) ottengono il 2,76% e l’anno dopo, alle regionali, i voti diventano 1.200, pari al 7,9% (Lega Nord Piemont).
Dopo il raduno sul prato di Pontida del 20 maggio 1990, è aperta la nuova sede in viale Santuario 38. Alla segreteria c’è Paolo Casella, un bancario, e altri dirigenti sono: Crivelli, Amelotti, Oddone, Mignone, Ravanello e Coppo. Quasi tutti andranno presto in Consiglio comunale. Un successo effimero poiché questi consiglieri inesperti, non riuscendo a capitalizzare i sette seggi ottenuti, saranno sbertucciati e ridotti alla marginalità.
Sono i rappresentanti dei ceti produttivi padani, della gente che lavora e che si sente massacrata dallo stato gabelliere, ma anche che vuole meno burocrazia, più rispetto delle autonomie e delle identità locali. In questo periodo i soci sostenitori della lega valenzana sono circa una cinquantina e usano un metodo radicale per racimolare voti. Per molti cittadini, però, sono barbari nordisti sconvenienti e molestatori, convinti di una superiorità morale del tutto inesistente. E siccome sono brutti e cattivi hanno torto comunque.
L’elezione comunale del 12/05/1991 è a ridosso della crisi di governo e diventa una prova importante che nessuna centrale di partito vuole snobbare. A Valenza arrivano i leader nazionali di ogni partito: Occhetto, Craxi e Bossi (ci si rivolge a lui come a una divinità). All’indomani della consultazione, Valenza viene citata dai più importanti quotidiani nazionali, che commentano la travolgente affermazione della giovane Lega con il 23.5%. Questa città è l’esempio strepitoso di quello che potrebbe accadere a livello nazionale. Si direbbe che sia definitivamente crollato il mito degli orafi con in tasca la tessera di certi partiti.
I valenzani sono andati alle urne in maniera massiccia, con una percentuale superiore all’80%, e hanno manifestato il loro malcontento verso i partiti tradizionali e i vecchi arnesi della politica premiando la Lega Nord Piemont. Diversamente, DC e PDS, dissimulando un tonfo in un trionfo, senza empatia col popolo sovrano, concludono un primigenio accordo nazionale che porta alla divisione delle poltrone in Comune e, per molti, anche alla lottizzazione delle coscienze. I leghisti eletti sono: Paolo Casella, Paolo Mignone, Giuseppe Bruno, Francesca Calvo, Amelio Crivelli, Piero Oddone e Valter Amelotti, cui subentra Roberto Nani, il futuro segretario provinciale.
Per la politica locale la Lega Nord Piemont è un nuovo soggetto ancora tutto da scoprire, addirittura da definire nelle forme e nei contenuti – enunciazione molto elegante per non definire nulla – che vuole meno assistenzialismo, meno denaro al sud e la fine della burocrazia romana. Ha causato vittime illustri in tutti gli schieramenti politici locali, ha inventato un’identità sopita, quella “padana”, e ha ridisegnato l’asse politico locale, sia pure solo per un po’. Ormai è netta in tutti la percezione di vivere in una città ammosciata, che non sa più agire, che al più fugge o si barrica nel suo intimo di fronte al rischio con spirito di abbandono, e il voto di protesta ne è la conseguenza. Ma l’euforia per la vittoria svanirà in fretta, lasciando un retrogusto di disincanto.
Comincia il “Mani pulite” e crolla la Prima Repubblica, affondata dalle inchieste giudiziarie. Il 5 aprile 1992 si svolgono le elezioni politiche, in cui crollano alcuni partiti. Il piccolo movimento di Bossi ottiene 55 deputati (8,65%) e 25 senatori (8,20%): è diventando il quarto partito più votato d’Italia, il primo partito in Piemonte con un risultato del 20.01%, ed è composto da candidati presentati solo nelle regioni della pianura padana.
Anche a Valenza i risultati delle elezioni politiche del 5 aprile 1992 sono un terremoto che dà un forte scossone a tutto un modo di fare politica, proponendo ai partiti locali una riflessione a tutto campo; l’unico partito soddisfatto è la Lega Nord che scoppia di salute con il rischio di un’ubriacatura. Complessivamente la Lega ha ottenuto il 24% dei voti: 22,49 alla Lega Nord (3.553 voti) e 1,91% alla Lega Piemont (301 voti). È l’epicentro del terremoto politico, i militanti leghisti stanno vivendo in prima persona l’affermazione del loro movimento che rivendica in termini politici ciò che molti avevano sempre pensato isolatamente.
Dall’8 ottobre 1992 il nuovo segretario dei padani locali è Roberto Nani, il nuovo direttivo è composto da Nani, Amelotti, Brandino, Crivelli, Coppo, Mian, Mignone, Oddone, Zanchi e Pavanello e i tesserati alla sezione sono circa 60. Ma in Consiglio comunale il gruppo leghista di bastian contrari sembra una stazione, con arrivi e partenze, complicato da decrittare. Al posto di Francesca Calvo – tornata ad Alessandria, dove conquisterà la fascia di sindaco nel 1993, prima donna a Palazzo Rosso – arriva Evaldo Pavanello, poi Margherita Capobianco e infine Vittorio Rosin. Paolo Casella e Paolo Mignone diventano presto indipendenti, quest’ultimo lascerà infine il posto a Giorgio Soro.
Mentre si parla continuamente di rinnovamento, si disquisisce circa i nuovi modi di fare politica e si invoca un cambiamento che incida profondamente nella realtà dei partiti; in Comune nessuno se li fila e tutto procede come al solito, secondo il sistema passato.
Si ritorna al voto nel 1994 e in questa occasione appare chiaro che la vecchia politica sia diventata un cimitero in cui molti partiti trovano sepoltura. Scende in campo Silvio Berlusconi con Forza Italia e con essa prende corpo la prima coalizione strategica con il Carroccio. L’alleanza con Berlusconi e il MSI-Alleanza Nazionale viene decisa al II congresso leghista a Bologna (4–6 febbraio 1994), diviso tra chi vuole presentarsi da solo all’appuntamento elettorale e chi, invece, alleandosi per la prima volta. Presentatasi alle elezioni anticipate del 27 marzo 1994 con il nome “Polo delle Libertà”, la coalizione è vincente. A Valenza col proporzionale la Lega Nord raccoglie 2.401 i voti, pari al 15%. Approfittando dei guai altrui, è riuscita a raccogliere i frutti del crollo dei partiti, ponendosi come nuovo interprete del grande ceto medio. Ma nel dicembre del 1994, la maggioranza del governo Berlusconi va in frantumi a causa dell’uscita di Bossi e i padani locali iniziano una dura polemica con FI e nei confronti di AN. Sono due mondi politici locali concomitanti, ma incapaci di capirsi e di parlarsi. Il punto più controverso è la creazione della cosiddetta Padania.
Spostata su posizioni secessioniste, il 7 giugno 1995 la Lega Nord costituirà un governo ombra fondando il “Parlamento del Nord” e il 15 settembre del 1996 presenterà la Dichiarazione d’indipendenza della Padania, buono solo come auspicio generico.
Dopo la caduta del primo governo Berlusconi diversi leghisti valenzani decidono di abbandonare il partito a causa del ribaltone, della deriva secessionistica bossiana e del mancato rispetto delle intese.
Alla fine del 1994, localmente si rigenera lo stato maggiore del partito. Il nuovo segretario è Fabio Faccaro e il segretario amministrativo è il commercialista Luciano Bajardi. Presto tuttavia, anche in sezione i legami si sfaldano con improvvisi cambi di posizione, i se e i ma riaffiorano, sono venuti a galla certe fantasticherie e troppi galletti padani che si azzuffano rapidamente tra di loro con un danno reputazionale masochista. Una divulgazione troppo alimentata a slogan, in cui ogni disallineato è messo al bando.
Se i partiti locali attraversano una grave crisi, anche tra i leghisti valenzani, indigesti sia a destra che a sinistra, non c’è troppa pace; anzi, la tregua raggiunta si è tramutata in un rosario di cattiverie fra i pezzi grossi. Anche tra i seguaci devoti parecchi sono evaporati, qualcuno ha tagliato la corda per opportunismo, qualcun altro per presunzione o per ritrovare un simulacro di identità, e sopravvivono pochi altri. Fra i fedeli restano Amelotti, Crivelli, Nani, Soro, Stanchi, ma il più impegnato e ascoltato è il parlamentare leghista alessandrino Oreste Rossi. La sede del partito viene spostata da vicolo dei Sarmati 5 a via Roma 12.
Nelle comunali del 1996 viene creata la lista elettorale “Per Valenza”, che si configura come un’aggregazione cittadina di centro composta da ex scudocrociati ora popolari, da un’area socialista laica – entrambi osteggianti i padani da sempre – e dalla Lega Nord che, con 1.138 voti pari al 10,97%, manda in Comune solo l’esuberante Faccaro. Egli sarà riconfermato, e ben presto oscurato, anche nel 2000, con molti meno voti (592 pari al 5,37%), continuando a ballare da solo nelle file della minoranza.
La gestione del partito è nelle mani del segretario Franco Stanchi, affiancato dai due vice segretari, Renata Pozzi e Amelio Crivelli. I dirigenti collaboratori sono: Amelotti, Cabona, Mian, Tiberi (segretario amministrativo), Soban e Bajardi.
I vantaggi che la Lega aveva conquistato nei primi anni Novanta, presentandosi con volti nuovi ed esponenti che contestavano i vecchi partiti, cominciano a essere messi in forse, probabilmente a causa di un’opposizione blanda e poco convincente per l’elettorato. Nel 1997 ad Alessandria il movimento leghista conquista la poltrona di sindaco con l’ex consigliere comunale valenzano, l’alessandrina Francesca Calvo. Il valenzano Fabio Faccaro è il segretario provinciale del partito padano, è stato anche segretario della sezione valenzana. Nel 1998 Franco Stanchi è riconfermato segretario di Valenza – era stato investito la prima volta il 10/10/1996 – ed è affiancato da un direttivo composto da Lucato, Cabona, Crivelli, Faccaro, Massone, Mian, Soban e Torra.
Per la Lega Nord per l’Indipendenza della Padania, che ha attraversato un periodo di difficile assestamento a metà strada tra ortodossia e diaspora, anche a Valenza il risultato delle elezioni Europee del 1999 è piuttosto sconfortante: sprofonda al 5,70% (era al 10,41% nel 1994). L’opposizione ai governi di centrosinistra riconduce Berlusconi e Bossi dalla stessa parte e le affermazioni alle regionali del 2000 fissano nuovamente l’unione dei due leader e determinano la caduta del governo D’Alema. Un anno dopo la nuova alleanza di centrodestra, la Casa delle Libertà, stravince alle politiche nazionali.
La nuova amicizia Berlusconi-Bossi, però, significa poco in questa città. Da queste parti, nei primi anni del nuovo millennio, per personalismi e cattive frequentazioni, la Lega si è ormai guastata, manca l’entusiasmo e la vitalità passata: le elezioni comunali del 16 aprile 2000 (5,37%) e le politiche del 13/05/2001 (6,32%) hanno ridotto notevolmente il peso dei leghisti locali. Una débacle non inaspettata ma non per questo meno sconfortante. Il male, la Lega valenzana, se lo è fatto parecchio da sola: troppe le affermazioni generiche e quindi retoriche.
Al di là del disgustoso rimpallo di responsabilità, nella sezione ci si sono leccate spesso le ferite e si sono ingoiati diversi bocconi amari. Convinti di puntare alla secessione – un sogno sempre accarezzato e rimasto nel cassetto – e illusi di essere pronti per la vetusta Repubblica del Nord, altro sogno svanito dall’orizzonte, i padani locali raccolgono molta ilarità da chi è al potere in città. Resta granitico il pregiudizio ideologico verso di loro, è scontato, è un vero e proprio ostracismo farisaico.
Dal 1998 i segretari, spesso troppo ascetici o appartati, sono stati Franco Stanchi (dall’ottobre 1996), Sandra Porzio (dal 1999), Paolo Soban e Michele Formagnana. Ormai tira troppa aria di fideismo fuori dal tempo e viene meno persino la critica.
Alle Comunali del 2005 il partito ottiene un poco soddisfacente 7,34% e manda in Consiglio comunale il solo Paolo Soban, che regge da solo l’appassito gruppo padano. Nelle politiche del 2006, a Valenza la Lega prende il 5,47% alla Camera e il 12,03% in quelle del 2008, avvantaggiandosi della caduta del governo Prodi. Nel referendum sulla devolution perso dalla Lega nel 2006, a Valenza prevalgono i sì con il 55%, mentre in tutta Italia i no sono il 61%.
Sono stati più di vent’anni di pianificazioni e chiacchierate spesso inconcludenti – secessione, Repubblica del Nord, federalismo, ecc. – che negli ultimi tempi hanno visto svanire diverse appartenenze, facendo pensare che la stagione dei padani locali, sotto anestesia, fosse finita per sempre; invece la rabbia nordista resta forte e si rigenera: praticamente una palingenesi destrorsa.
Nelle comunali del 2010 il centro destra, finora sempre sconfitto, non si lascia sfuggire la conquista del Comune. La Lega Nord di Bossi offre al nuovo sindaco Cassano la parte decisiva dei suoi suffragi (il 14,08% dei voti totali) e spedisce in Comune i leghisti Paolo Soban (vicesindaco), Luciano Bajardi (assessore) e i consiglieri M. Antonella Ceriana e Michele Formagnana, che per la nomina alla presidenza della AMV è subito rimpiazzato da Maurizio Oddone. Alessandro Ferrari e Giorgio Fochi subentrano in Consiglio a Soban e Bajardi, entrati in una giunta acrobatica che doveva salvare Valenza, ma che, sfilacciata, non riesce a salvare neppure sé stessa.
Alle elezioni regionali del 2010 due esponenti leghisti diventano governatori di regione: il novarese Roberto Cota e il trevigiano Luca Zaia ottengono le presidenze di Piemonte e Veneto, le uniche con leghisti candidati.
Nel giugno del 2010, la sezione della Lega Nord “R. Santangeletta”, che riunisce gli iscritti di vari comuni limitrofi quali S.Salvatore e Bassignana, elegge segretario Carlo Lucato, responsabile amministrativo Giorgio Fochi e responsabile organizzativo Renata Pozzi.
Pur se il partito è saldamente al potere della città, alcuni eroi leghisti sono svaniti in un mare di amarezze surreali e altri dissenzienti sono messi alla porta con appassionati litigi, conciliaboli carbonari e cambiamenti delle carte in tavola. Il presidente AMV Formagnana – già segretario dal 2006 al 2010 – se ne va nel 2011; in Comune Vanna Rivolta prende il posto dell’assessore Bajardi nel 2012. A Valenza prevale spesso la ragione personale su quella politica.
Cade Berlusconi e nel Novembre del 2011 si accomoda Monti. Nell’aprile del 2012 al vertice della segreteria cittadina sale Maurizio Oddone, consigliere tra i più ascoltati e capogruppo in Consiglio comunale; nei due anni prima di lui la carica era ricoperta da Carlo Lucato, da ora presidente dell’azienda partecipata AMV s.r.l.
Nel paese le elezioni amministrative della primavera del 2012 vedono il tracollo del Popolo delle Libertà, ma soprattutto quello della Lega Nord, e a Valenza continuano a volare gli stracci e prosegue il braccio di ferro nelle retrovie, malgrado non serva a niente o giù di lì.
Indeboliti dalla radicalizzazione degli scontri, i leghisti valenzani sono divisi più che mai; dopo riunioni ad alta tensione e discussioni senza fine, dall’ottobre 2012 sono pure commissariati per dimissioni nella segreteria e protetti per impedire l’estinzione della specie. Afflosciati, sembrano dissolversi prima di quei partiti che avrebbero dovuto far esplodere. Dopo questa sorta di ammutinamento zeppo di escandescenze e alcuni abbandoni polemici, nelle politiche del 24/02/2013 alla Camera i voti leghisti dei valenzani sono solamente il 4,44%. Invece, alle regionali del 2014, ottengono un palliativo del quasi 8%; tuttavia meno della metà di quanto ottenuto alle regionali del 2010 (19,33%), quelle che portarono Cota alla presidenza della Regione Piemonte.
Nel dicembre del 2013, alla guida nazionale della Lega arriva Matteo Salvini, che avvia la trasformazione del partito da secessionista a movimento sovranista, raccogliendo voti anche nel Centro-Sud. È un restyling politico-culturale che si concretizza un anno dopo con la nascita della lista “Noi con Salvini”.
Poco prima delle elezioni comunali del 2015, la sede del partito viene trasferita da via Mazzini a via Solferino. Ruoli e compiti restano confusi, alcuni abbandonano il partito, profeti di una linea suicida disconnessa dalla realtà. In vista del voto del 31 maggio 2015, questa nuova sedizione aggiunge problemi a problemi.
Questa non è solo l’elezione dell’incertezza o il voto con cui i valenzani decideranno chi siederà a Palazzo Pellizzari nei prossimi cinque anni, sarà anche il banco di prova di alcuni big più in vista nel panorama politico locale che hanno il miraggio della poltrona. In queste elezioni la baracca del centro-destra, carica di aspettative, frana completamente – “senza il partito non siamo niente” diceva un vecchio slogan bolscevico – e vince il centrosinistra con Gianluca Barbero. Al sindaco uscente Sergio Cassano non basta il grande apparentamento al ballottaggio con la Lega Nord, Fratelli d’Italia e Noi per la città. La Lega del commerciante Oddone è comunque appagata del suo decoroso 15%. Vanno in Consiglio comunale da antagonisti velleitari in forte ascesa i leghisti Maurizio Oddone e Paolo G. Patrucco.
Nel dicembre del 2017 viene fondata la Lega per Salvini Premier, in cui sparisce la parola ‘Nord’ e ogni riferimento all’indipendenza della Padania. Fino al 2019 la LSP raccoglierà soltanto gli iscritti del centro e del sud Italia, mentre la Lega Nord raccoglierà ancora gli iscritti del nord. Il passaggio definitivo avverrà il 21 dicembre 2019.
A seguito dell’accordo nazionale fra Lega e Movimento Cinque Stelle dopo le elezioni del 2018, che porta alla nascita del primo governo Conte, Salvini ricopre le cariche di ministro dell’interno e di vicepresidente del Consiglio. I leghisti sembrano sirene dal canto melodioso che attirano tanti opportunisti, ma il governo dura solo 15 mesi. Le frizioni con gli alleati pentastellati aumentano progressivamente e le divergenze sulla Tav diventano la goccia che fa traboccare il vaso. Il governo cade e la Lega di Salvini passa all’opposizione.
A Valenza torna finalmente la pace, recuperando una disciplina che manca da anni, anche se le gatte da pelare non mancano e nelle elezioni europee del 2019 il Carroccio vola al 42%, superando il dato nazionale. Il radicalismo leghista esce premiato dalle urne; altro che barbare, le camicie verdi sembrano le più abili e le più fedeli e si sono pure impossessate di alcuni valori della vecchia sinistra. Con questo clamoroso risultato e qualche ebbrezza dionisiaca, in prossimità delle elezioni comunali del 20-21 settembre 2020 la trattativa per scegliere il candidato sindaco tra i partiti del centro destra diventa macchinosa e l’emergenza Covid scoraggia pure certe battaglie politiche. Alla fine a spuntarla è la Lega Salvini, che avrà il suo segretario locale Maurizio Oddone quale candidato sindaco. Ha prevalso sugli alleati più postulanti di Forza Italia, pur governando la Lega già tre centri-zona in provincia – Alessandria, Novi e Tortona – mentre Casale è in mano a Fratelli d’Italia e Acqui al M5S. I voti riportati dalla Lega alle regionali e alle europee del 2019 hanno determinato la scelta.
In una piazza Gramsci strapiena, il 2 settembre 2020 Matteo Salvini sostiene in un comizio il suo principale esponente locale per la imminente consultazione comunale, in cui, al termine di un testa a testa tiratissimo, il pivot del Carroccio valenzano Maurizio Oddone viene eletto primo cittadino della città con la lista del centrodestra. In giunta, dove da tempo più che il voto conta il devoto, arrivano i leghisti salviniani Rossella M. R. Gatti (assessore) e Paolo G. Patrucco (assessore); in consiglio comunale Barbi, Bissacco, Boccardi, Capuzzo, Cometti e Dalloco.
Nel dicembre del 2021 l’assemblea degli iscritti della sezione leghista di Valenza elegge nuovo segretario cittadino Daniele Jack Boccardi, capogruppo a Palazzo Pellizzari; subentra a Maurizio Oddone, che è rimasto al timone del Carroccio valenzano con fedeltà anche dopo l’elezione a sindaco.
La Lega è stato un partito pragmatico sin dalle origini, lo racconta la sua storia. In questi tempi di crisi economiche, tra emergenze sanitarie e belliche, urne sempre più vuote e sbandamenti elettorali, auspica sempre un maggior controllo delle nostre frontiere, brama meno tasse per dare fiato alle imprese e non vuole sussidi a pioggia. Questo partito, con meno spavalderia del passato, dovrà aggiornare il percorso poiché le parole e le idee spesso si scontrano con la realtà e le troppe suggestioni comunicative.