Pfas in latte e uova: Adv e C6O4 non sono stati cercati, oppure mancano dalla documentazione?
Sean Sacco, M5S in Regione: "Per quale motivo quelle sostanze non sono presenti nella documentazione che mi è stata consegnata?"
ALESSANDRIA – La notizia che abbiamo pubblicato il 25 febbraio scorso, su cui si è discusso più per chi l’aveva data che per il suo contenuto, era questa: «I Pfas hanno fatto il loro ingresso nella catena alimentare anche nella zona di Spinetta Marengo. A confermarlo è la Regione Piemonte che ha trovato la presenza di questi inquinanti nelle uova, e di residui di sostanze riferibili all’Adv (il Pfas a catena lunga prodotto unicamente nel polo chimico dagli anni ‘90) nei campioni di uova e latte. In un solo campione di uova è stata riscontrata anche la presenza del cC6O4».
Sul punto interviene il capogruppo del Movimento Cinque Stelle in Regione Sean Sacco (nella foto): «A seguito dell’articolo pubblicato su Il Piccolo inerente alla presenza di residui di sostanze riferibili all’Adv 7800 nei campioni di uova e latte e la presenza del cC6O4 in un campione di uova, ho deciso di presentare un accesso agli atti per chiedere il risultato delle analisi e la documentazione prodotta in merito ai sopracitati campionamenti. È fondamentale poter rilevare la presenza degli inquinanti per capire in che modo procedere con i monitoraggi.
Dai risultati che ho ottenuto – continua Sacco – rilevo che non sono stati utilizzati i traccianti (si tratta di standard specifici, ndr) per verificare la concentrazione di cC6O4 e di Adv 7800, chiederò delucidazioni alla Regione per capire per quale motivo non sono presenti nella documentazione che mi è stata consegnata».
Ecco da dove arrivano
La domanda su chi ci avesse comunicato quei risultati è stata posta da un consigliere comunale alessandrino anche durante la recente seduta della Commissione consiliare congiunta Ambiente e Sanità.
Bene, le dichiarazioni ci arrivano dalla Regione Piemonte, Direzione Sanità e Welfare, Settore Prevenzione, sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare.
E non lasciano spazio a dubbi di interpretazione. Gli esperti regionali avevano sottolineato come i risultati fossero inferiori ai limiti recentemente proposti per gli alimenti dall’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare, e che sulla base dei risultati sono previsti nuovi studi che consentiranno di comprendere meglio quali siano le vie di passaggio dei PFAS dall’ambiente agli animali e da questi, attraverso gli alimenti, all’uomo.
Ora ci domandiamo – e lo faremo con un accesso agli atti in Regione – quali siano i Pfas cercati dall’Asl o dall’Arpa. Qual è l’area interessata? Come si intende procedere nei prossimi mesi alla luce dei risultati comunicati?
Ci si è concentrati solo sui Pfas “general generici”, quelli presenti «ovunque», senza andare a cercare – in una zona dove è stato sancito un disastro ambientale e oggetto di bonifica – le sostanze tipiche prodotte solo nel nostro territorio?
Sono stati cercati, oppure no? Se no, perché?
Un tassello in più
Sono precise le dichiarazioni che abbiamo ricevuto. L’acqua è sicura. Ma gli alimenti?
Le analisi cui ci riferiamo «sono state effettuate su alcuni campioni – aveva spiegato la Regione – di uova e latte prelevati presso allevamenti familiari nell’area circostante il polo industriale». Quali siano questi allevamenti, non è dato sapere. La Regione aveva specificato che la loro presenza – ovvero dei Pfas – è stata rilevata anche in un altro campione prelevato in un’altra area del Piemonte, distante dal polo chimico e identificata come territorio di confronto.
Il pool al lavoro
Erano emerse notizie significative dal colloquio con la Regione. Spinetta «è una realtà particolarmente complessa nella quale i residenti dell’area per effetto di un contratto con i gestori del polo chimico hanno consumato acqua certamente non potabile dal 1946 al 2002; soltanto a partire dal 2008 l’intera popolazione residente nell’area ha avuto la possibilità di acqua potabile».
E poi ci sono gli studi epidemiologici del 2019. «Benché non abbiano consentito di determinare una correlazione tra condizioni di salute ed esposizione – ci aveva spiegato la Regione – a specifici fattori ambientali, rappresentano un’importante tappa nel percorso di conoscenza a supporto di interventi correttivi e di miglioramento delle azioni di tutela sanitaria e ambientale».
Ricordiamo che gli studi di cui si parla hanno rilevato, per alcune patologie, forti eccedenze nella popolazione più esposta rispetto al resto della regione.