Il circuito automobilistico a Valenza
Un'altra curiosità storica sulla città
VALENZA – Il “Diavolo Rosso” torinese Pietro Bordino (1887-1928) è stato uno dei piloti italiani più famosi degli anni Venti, autore di prodezze a quel tempo epiche, come il record di velocità sul miglio nel 1911, la vittoria del Gran Premio d’Italia nel 1922, il decimo posto assoluto alla 500 Miglia di Indianapolis nel 1925 e la partecipazione a ben 10 gare dell’American Championship Car Racing, organizzato dalla AAA negli Stati Uniti d’America.
Domenica 16 aprile 1928, affiancato dal meccanico Gianni Lasagna, mentre stava provando a percorrere il giro dei 32 del Circuito Automobilistico Città di Alessandria con una settimana di anticipo, iscritto dalla Bugatti assieme a Nuvolari e Varzi, nei pressi dell’abitato di S. Michele — più o meno dove oggi c’è lo svincolo autostradale A21 di Alessandria-Ovest) — investiva un cane sbucato di corsa da un cascinale, la sua auto sbandava paurosamente e, dopo un volo impressionante, finiva in una roggia, dove il popolare pilota moriva abbracciato al volante. Una notizia che nessuno avrebbe voluto sentire e che seminò un certo sbalordimento per le circostanze del fatto.
Il triste evento occupa le prime pagine di tutti i giornali e l’Automobile Club d’Italia di Alessandria decide prontamente di intitolare la corsa al pilota torinese, corsa che sarà vinta dall’amico contendente Nuvolari.
La competizione nasce nella primavera del 1924 (vinta da Masino su Fiat 501) in concomitanza con la Fiera di San Giorgio, sul percorso Alessandria – Valenza – San Salvatore – Alessandria. Vi partecipano ogni anno piloti di grande fama, fra cui Nuvolari, Varzi e Bordino.
In questi anni il fascino della velocità e le suggestioni di queste vetture trascinano i costruttori, i pochi fortunati possessori e un pubblico inebriato e sempre folto. Le gare automobilistiche penetrano sempre di più nell’immaginario collettivo, i bolidi che sfrecciano su strade rischiose e polverose fanno sognare la gente che accorre numerosa ad assistere alla magia dell’automobile. I piloti sono eroi popolari e le loro gesta vengono acclamate e propagandate dalla stampa, alimentando il fascino di queste imprese.
Un ruolo di primo piano nell’organizzazione del circuito lo rivestono i valenzani Aldo Marchese, primo presidente del neonato Automobile Club di Alessandria, e Luigi Vaccari, presidente dell’Amministrazione Provinciale. Sono personaggi autorevoli e governanti molto sicuri di sé; con sorprendente forza e tempismo riescono a portare l’avvenimento sportivo a Valenza.
La prima edizione del “Circuito Città di Alessandria”, datata 1924, è accolta con stupore dai valenzani e riscuote un grande successo di pubblico, una folla inaspettata che quasi impedisce alle macchine di farsi largo tra gli spettatori. L’esaltazione è tale da giustificare ogni limitatezza nel traffico cittadino.
II percorso stradale è lento e tortuoso, oltre ogni ragionevolezza, un cammino fatto di sali e scendi tra le nostre colline. La lunghezza totale è di 256 chilometri. Le auto devono percorrere otto volte il giro dei 32, Alessandria – Valenza – San Salvatore – Castelletto M. – Alessandria.
L’attraversamento di Valenza comincia da via Alessandria (ora corso Matteotti) e prosegue su piazza Italia (“Piasa di Palatt”, ora Gramsci), via Lega Lombarda, Leon d’Or (ora largo Costituzione), viale Milano (ora della Repubblica), poi si avvia verso San Salvatore. Quindi si corre su strade normali, con la gente assiepata ai bordi, anche arrampicata sugli alberi e sui muretti prospicienti. Alcuni privilegiati si godono dai balconi di casa lo spettacolo delle auto sportive che transitano.
Non manca una minoranza lamentosa che osserva da angolazioni diverse il momento di notorietà della città, costituita da una parte della stampa locale dell’epoca, da qualche furbetto insofferente e dai critici dell’Amministrazione comunale patrocinatrice dell’evento, Questa minoranza chiede insistentemente una più attenta sistemazione del fondo stradale, in nome di una poca sicurezza della corsa, mettendo anche in circolo incauti e perturbanti veleni. Sullo sfondo di tutto ciò, nel 1930 a Valenza risultano circa 150 automobili circolanti e sono 35 i proprietari iscritti al Reale Automobile Club d’Italia, al di là della volontà di emulare i corridori. Giovanni Perrone (Porrone) è il principale pilota valenzano del tempo.
In questi anni l’odierna piazza Gramsci è comunemente indicata dai valenzani come la “Piasa di Palatt”, perché qui sono accatastate fascine di pali destinati a sostenere i filari delle vigne. Quasi innaturale e pericolosa per una corsa automobilistica, la piazza non è asfaltata e in periodo di corsa, inizio primavera, viene giù così tanta pioggia che essa si trasforma sovente in un pantano.
L’avvenimento sportivo, di cui Valenza è testimone effimera per sette anni, si sviluppa all’insegna della velocità più spinta e diventa di anno in anno sempre più pericoloso. Il percorso è difficoltoso e impegnativo, assomiglia un po’ al “Montecarlo”, ma differisce molto da questo per la condizione delle strade, per buona parte sterrate e spesso viscide per il fango. Un percorso sempre più inadeguato per l’accresciuta velocità non può reggere a lungo. E infatti non regge. Nel 1929 il Circuito Bordino apre la stagione internazionale delle corse automobilistiche, ma per Valenza ha il sapore dell’epilogo.
Dopo la marcia trionfale durata sette anni, dal 1930 la corsa, per ragioni di sicurezza e altre confuse argomentazioni — ci furono una coincidenza di fattori e una messinscena finalizzata a offrire un pretesto — viene disputata su un tracciato di otto chilometri nella sola Alessandria e Valenza si fa da parte con molto sconcerto e amarezza. Lo sgambetto è pesante, il contraccolpo è durissimo. Scoraggiata e poco capace di svolgere una certa funzione a sostegno della sua conservazione, Valenza non beneficerà più del passaggio automobilistico e del relativo spettacolo. Questa è stata un’irripetibile parentesi di esibizione agonistica nel corso storico di questa città, così dissimile da ciò che la precedette e da ciò che ne è seguito.
Nel dopoguerra però non mancheranno “assi del volante” valenzani nell’automobilismo sportivo italiano, personaggi al di sopra del normale quali Carlo Coppo, Ersilio Mandrini, Franco Bonetto e altri.