La Sacra Famiglia di Valenza
Nuova 'pillola' di storia del professor Maggiora
VALENZA – Nel 1874 il carismatico parroco valenzano don Domenico Rossi intende consolidare la presenza della Chiesa nell’ambito della vita sociale e dell’educazione. Ritenendo utile il supporto di religiose per esperire queste importanti funzioni assistenziali e parrocchiali (catechesi, animazione liturgica, canti religiosi, cura ed educazione delle fanciulle e altri servizi), chiama a Valenza, tramite la suor Superiora di Vercelli Adele Giannetti, le Suore della Carità (congregazione fondata nel 1799 da Giovanna Antida Thouret per l’istruzione e il servizio dei poveri) trovando quale loro sede un fabbricato rustico in piazza Giovanni Lanza, donato alla chiesa dalla signora Pastore. Come un modello di santità familiare, l’istituzione religiosa femminile è denominata “Sacra Famiglia”.
Queste appassionate suore locali, praticanti ancora allo stato embrionale ma piene di volontà e in sintonia con lo strenuo pudore dei sentimenti, vengono indirizzate principalmente all’istruzione e all’educazione cristiana della gioventù, ma sono anche attive nel sostenere i bisognosi e nelle pratiche ecclesiali. L’esiguo gruppo che cerca di offrire la propria solerzia alla Chiesa e alla società locale è composto dalla superiora suor Erminia Archieri e da altre tre consorelle che ben presto organizzano nella Casa di accoglienza un asilo infantile, una scuola privata per alunne esterne (suddivisa nelle quattro classi elementari secondo l’ordinamento), un doposcuola e una scuola di cucito; invece la parte rustica dell’edificio viene destinata ad accogliere sventurate famiglie bisognose di un rifugio. Seguono servilmente gli indirizzi e le sfide della modernità portate dal nuovo Papa Leone XIII succeduto nel 1878 a Pio IX e donano a Valenza un impegno e una forza di volontà che nell’odierna realtà sarebbero inimmaginabili se non fantastiche.
Prontamente sorge all’interno un convitto per giovani operaie che si trovano lontane da casa per esigenze di lavoro, in risposta alle richieste delle famiglie, che desiderano in questo modo proteggere le loro figlie, del parroco che teme per la salvaguardia morale delle giovani, ma soprattutto degli imprenditori tessili locali alla ricerca di una sistemazione più soddisfacente per le loro filandiere non valenzane.
Le leggi di soppressione del 1866 avevano tolto agli istituti religiosi quel riconoscimento giuridico che garantiva i loro beni come corporazioni religiose (con i relativi privilegi) mutando la base economica di queste devote, per cui rimane loro solo la libertà di possedere e vivere in comune come privati cittadini, sottoposti in tutto alle leggi dello Stato.
Gli anni passano, le esigenze sociali mutano e anche i religiosi cambiano. In questi anni di fine secolo alla direzione della Sacra Famiglia e della Chiesa locale si succedono personalità eccellenti; nel 1878 suor Sigismonda Franzioni, nel 1886 sino al 1899 suor Rosalia, quindi Lina Varchi e nel 1900 suor Celestina Beldì, mentre al parroco mons. Domenico Rossi succede nel 1895 don Giuseppe Pagella. Nel frattempo, l’edificio della Sacra Famiglia diventa di proprietà dell’istituzione, scompare quella specie di pensionato vecchio stile e si estende particolarmente l’attività scolastica, rivolgendo anche un certo interesse verso la gioventù femminile esterna.
Mentre la città si espande, tra il 1909 e il 1924, sotto la direzione dell’intrepida suor M. Elena Forneris si estende l’asilo e si sopportano le conseguenze nefaste della guerra con opere caritative – sociali svolte per sopperire a bisogni ritenuti impellenti a molti valenzani e per diversi indigenti immigrati, ma soprattutto per ridurre le troppe disuguaglianze sociali esistenti.
Con l’avvento del regime protezionista fascista aumentano anche i bambini dell’asilo e si consolida la nuova e riconosciuta scuola elementare. Nel 1925 scompare mons. Pagella e gli succede don Giovanni Grassi; la superiora suor Rosalia Fasani mette in pista un progetto di ampliamento i cui lavori iniziano nel 1934 e la cui inaugurazione avviene nella primavera del 1936. Con i nuovi locali la scuola acquisisce fascino e i valenzani vanno a gara nell’affidare i propri bambini (maschi e femmine) a questa sede scolastica privata, pur erogando finanche ragguardevoli rette. Però questa sede scolastica rispettosa dell’ordine e della tradizione, viene anche spregevolmente definita da non pochi endemici detrattori “la scuola dei signori”, dando fondo al repertorio più classico dei pregiudizi anticattolici. Sono però la didattica, il servizio mensa interno, la pulizia e l’igiene di ogni ambiente che si rivelano fattori vincenti su quella pubblica. Anche l’organizzazione generale è efficiente ed efficace e la comunicazione scuola famiglia è improntata su di un certo rispetto reciproco. A dire il vero, questi sono tempi sicuramente diversi da oggi, è una realtà composta di altre persone con altre teste; il tempo poi cambierà radicalmente nei valenzani anche certi pensieri e certe esigenze.
Numeri alla mano, la Sacra Famiglia in questi anni cresce in tutto: le alunne, le classi e il numero delle suore che nel 1938 sono ben undici. Dal 1936 al 1940, con un’impresa di per sé improba, una decina di ragazze frequenta il corso Magistrale inferiore sostenendo poi favorevolmente l’esame esterno di licenza media ad Alessandria. Dei primi alunni iniziali la scuola accoglie ora i loro nipoti e pronipoti.
Prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale, l’Istituto acquista lo stabile confinante in via Alfieri (proprietà Garavelli) che viene adibito a dormitorio studenti e per ospitare poi pure famiglie sfollate. Durante la guerra si deve procedere nell’ineluttabile caos generale e molti degli ostacoli sono ardui da superare; cresce ancora il numero degli alunni, diversi nuovi provengono dai paesi vicini e dalle famiglie rifugiate. Nella cappella dell’Istituto si tengono funzioni religiose domenicali anche per i soldati tedeschi, celebrate dal loro Cappellano militare. Le religiose sono disponibili per tutti, molto il lavoro svolto, sempre accompagnato dalla preghiera, dal sorriso e dal buon umore. Si dedicano alla formazione culturale, umana e cristiana degli allievi per lo sviluppo integrale di tutta la persona, promuovendo e sostenendo l’opera educativa dei genitori e delle famiglie, attualizzando in modi meno cruenti ma più pervasivi ed efficaci l’eredità educativa dei fondatori; distribuiscono anche cibo alle famiglie e compiono un apprezzato apostolato verso i valenzani. Queste religiose aprono anche uno spiraglio sulle drammatiche sofferenze belliche subìte dalla gente comune e soprattutto dai poveri, impegnandosi a salvare chi avesse bisogno e affrontando concretamente ogni genere di problema.
Nel dopoguerra, con il notevole sviluppo produttivo locale e con l’affluenza di molte lavoratrici pendolari dai paesi vicini, viene creata una mensa per operaie che raggiungono ben presto il centinaio. Nella Sacra Famiglia è situata anche la sede delle “Dame di Carità di S. Vincenzo de’Paoli” le quali collaborano enfaticamente nei servizi esaltando la forza d’animo. Per diversi umili continua da molto tempo la pratica di versare in natura le rette, le pigioni e i servizi (uova, polli, ortaggi, ecc.). Eccezionale esempio di guida e di protagonista, soprattutto di consacrata, che dedica la sua vita al servizio degli altri, è la Superiora Teresa Francone: per lei purtroppo non tutto girerà sempre per il verso giusto. All’inizio degli anni Sessanta viene acquisito con una certa maestria uno stabile attiguo in via Alfieri (ex casa Garavelli) che, dopo essere stato ristrutturato, è destinato a nuove aule elementari con spazioso salone mensa. L’ampia mansarda (ex solaio) con camerette è adibita a dormitorio, mentre al piano terra viene predisposta una nuova cappella.
Col sorgere delle nuove parrocchie, le suore offrono a queste ultime realtà ecclesiali il loro servizio nelle varie attività: insegnano catechismo, animano le celebrazioni liturgiche, continuano a occuparsi degli oratori, oltre ai soliti obblighi alla Sacra Famiglia che al momento rimane l’impegno più robusto seppur in parte ridimensionato. La Chiesa ha ora posizioni diversificate e progetti completamente diversi sulle funzioni di questa istituzione; il Parroco del Duomo (dal 1967) e figura locale di spicco don Luigi Frascarolo interviene decisamente nel sostenerla, anche se alcuni problemi paiono quasi irrisolvibili.
Tuttavia negli anni ’70 muta la situazione generale; nasce una nuova Comunità delle Suore di Carità presso la parrocchia della Madonnina, calano le richieste per la mensa e per altri servizi, sale invece la frequenza nella Scuola Materna. Ma ormai le solerti forze religiose si riducono e, nella consapevolezza del valore educativo della scuola, sempre intesa come comunità pedagogica osservante, devono essere assunte maestre laiche in grado di sopperire alla mancanza di personale religioso, andando così a gravare profondamente sulle rette e provocando un’irreversibile generale decadenza economica. L’organizzazione ecclesiastica si rende conto della difficoltà a sostenere e continuare a gestire questa “casa dell’accoglienza”, soprattutto per la crisi delle vocazioni e per lo spazio di manovra istituzionale sempre più ridotto. D’altro canto le disorientate suore, spesso abbandonate ad arrangiarsi non vogliono che questo loro venir meno nella gestione di certe opere comporti la chiusura della Sacra Famiglia: un’intenzione che travalica l’oggettività, ma destinata ad arrendersi alla realtà che sta incamminandosi verso un inesorabile tramonto.
A differenza di ciò che si dice ufficialmente, comincia tuttavia ad aleggiare l’ipotesi di chiusura con qualche inutile e vana finzione che non fa capire più niente. Nell’anno scolastico 1975-76 arriva il momento di iniziare a calare il sipario; sono eliminate le iscrizioni alla prima classe elementare suscitando rabbia e indignazione, per tre anni la scuola funziona con le classi restanti, mentre non esiste più la scuola materna. Poi il colpo finale e poco misericordioso giunge il 30 giugno 1978, un non facile epilogo assunto come fatto immutabile in una sovrana indifferenza ed esangue noncuranza della politica locale; l’Istituto viene a cessare ogni attività con compita rassegnazione e nessuno sa spigare bene il perché e il percome: una decisione impopolare e criticata. A completare il quadro, lo stabile dismesso sarà poi venduto a un’impresa edile per la trasformazione in alloggi privati.
La Sacra Famiglia ha rappresentato un vero e proprio faro educativo e storico della comunità locale; un eroismo e coraggio che ai giorni nostri, spenti dall’indifferenza, purtroppo mancano. Tanti valenzani hanno frequentato questo istituto e ne conservano un affettuoso ricordo. Molte le suore che si sono succedute in un secolo di vita, impossibile elencarle tutte, ne citiamo ancora alcune: Anna, Alda, Aurelia, Lucia, Camilla, Candida, Carmela, Cecilia, Chiara, Diomira, Eleonora, Elisabetta, Federica, M. Filippina, Generosa, Giuliana, Maria Luisa, Maria Rosa, Piermaria, Redenta.