Paesaggi invernali in Monferrato
Il Monferrato, come una bella signora, esprime la sua bellezza in tutte le stagioni. Anche in inverno ha il suo perché. Se vieni a camminare in Monferrato in inverno trovi un paesaggio spoglio, a perdita d’occhio. I vigneti sono semplici rami legati agli impianti e la vista spazia sulle colline. Se fai il paragone con il paesaggio estivo, ricco di verde, con la vista limitata da una collina all’altra dalla troppa vegetazione, ti accorgi che questo paesaggio (passato da una gamma cromatica del verde alle tonalità più calde e accese dell’autunno) ha una sua bellezza anche in inverno.
Nelle zone esposte ad ovest godi di tramonti che nessun pittore ha mai dipinto, con gialli e rossi che ti toccano nel cuore. E non vi dico se nevica. Camminare per le colline innevate è qualcosa che ti segna nel profondo dell’animo. Vedi gli impianti della vite avvolti nella neve, segui a terra le tracce di cinghiali, caprioli e alcune volte lupi ed il paesaggio che ti circonda è meraviglioso sempre, con il sole ma anche con la nebbia. Mi riporta agli ambienti descritti nei libri di Jack London che leggevo da ragazzo.
Il paesaggio ha la sua importanza ma i contadini continuano il loro lavoro, anche se le temperature sono basse. In inverno, in vigna si effettua la potatura invernale. La potatura per la vite è fondamentale per assicurare un equilibrio vegeto-produttivo, per la qualità dei frutti e per la salubrità della pianta. Sull’epoca della potatura invernale non c’è una regola fissa, perché dipende dalla zona. Nei territori del centro-nord dove sussiste il rischio di gelate primaverili, è meglio attendere la fine dell’inverno, e quindi febbraio-marzo, perché un vigneto potato presto, cioè nel tardo autunno-inizio inverno, in genere il germogliamento tende ad anticipare.
Quindi a seconda delle condizioni climatiche del luogo (ed ogni collina ha la sua tipicità) i contadini effettueranno la prima lavorazione della vigna per preparare il nuovo raccolto. Il vino lo si fa in vigna e non in bottiglia; quindi, meglio si lavora nelle vigne e più si raggiunge qualità in bottiglia.
Ho conosciuto a Tassarolo un produttore biodinamico che mi ha spiegato come alleva la vigna. Innanzitutto, lavora in vigna con i cavalli (è uno spettacolo vederlo) ma la cosa interessante è nella spiegazione che ti da della biodinamica. Non so se lo sapete ma la biodinamica fa riferimento alle tesi della teosofia e dell’antroposofia. In sintesi, credenze di tipo soprannaturale ed esoterico. In effetti su un tabellone mi ha spiegato i pianeti e l’influenza che la fase lunare ha sulle coltivazioni. In pratica, chi coltiva con il metodo biodinamico si regola sull’andamento delle fasi lunari per programmare gli interventi in campo. Gli interventi vengono effettuati con preparati biodinamici, ottenuti da letame, parti animali (vescica di cervo, le corna di vacca o il suo intestino, il cranio di bue, ecc.), polvere di quarzo o sostanze vegetali, in diluizione omeopatica.
Una vera passione, anche se molti affermano che queste pratiche risultano completamente prive di basi scientifiche, le ascolto con piacere e vedo il trasporto che queste persone hanno. Il mio caro amico Paolo Ghislandi mi dice sempre che la sua azienda agricola è una sorta di organismo immerso in forze cosmiche, una vigna olistica, circondata da piante che comunicano tra di loro.
Non è questa la sede per disquisire su queste pratiche. Le persone razionali affermano che a parte le maree causate dalla forza di gravità, non è stato oggettivamente dimostrato alcun altro effetto misurabile, sulla vita animale o vegetale, da parte della luna. Io invece vi dico che la bellezza del paesaggio invernale che i biodinamici dicono stia inspirando (raccogliere aria per espellerla in primavera con la fioritura), la loro passione, i loro racconti fanno di questo territorio un insieme di bellezze tipiche da conoscere. La mia missione è quella di farvele conoscere tutte.