Bombardamento aereo su Valenza
Un nuovo approfondimento del professor Maggiora
VALENZA – Uno dei simboli più caratteristici della guerra totale e dell’esperienza del conflitto è la belligeranza aerea e, al suo interno, l’orrenda vicenda dei bombardamenti indiscriminati. Sulle città italiane iniziano l’11 giugno 1940, circa 24 ore dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Francia e alla Gran Bretagna.
La convinzione che queste bombe avrebbero avuto un effetto enorme sul morale di una popolazione trascinata in guerra contro voglia dal proprio regime, rimane una costante della politica britannica. Anche se la Germania rimane l’obiettivo principale, nell’ottobre 1940 il Ministero dell’aeronautica inglese ordina al Bomber Command di continuare l’offensiva sul Nord Italia ogni volta che le condizioni meteorologiche l’avessero permesso. Gli aeroplani decollano da basi posizionate nel sud dell’Inghilterra verso l’ora di cena, attraversano nella serata i cieli della Francia, occupata dall’esercito di Hitler, varcano le Alpi italo-svizzere e a mezzanotte piombano sulle nostre città, dove restano per circa un’ora, per poi far ritorno alle loro basi: sono ancora attacchi notturni di pochi aerei, abbastanza disordinati e con scarsi risultati (dopo il 1943, gli aerei dell’USAAF attaccheranno invece a tutte le ore con effetti drammatici).
Infatti, il 21 ottobre 1940, incursioni aeree con provenienza dalla Francia-Svizzera, sono effettuate su località dell’Italia Settentrionale: a Genova, Verona, Porto Marghera, Alessandria, Pavia, Savona e a Valenza. Qui nel corso della notte, verso le ore 0,25, si nota un lancio di sei razzi illuminanti che spezzano la forte foschia presente nell’aria, e si ode il rombo di aerei provenienti da sud-ovest: sono bimotori inglesi Arstrong Whitwort “Whitley”, costituiscono la linea di bombardieri notturni dei quali dispone la RAF, hanno ognuno un equipaggio di 5 uomini e raggiungono una quota massima di 6 mila metri, sono armati con 5 mitragliatrici e trasportano un carico di caduta bombe di circa 3.000 Kg.
Questi aerei che sorvolano il cielo di Valenza portano bombe, provocando incendi, distruzione e terrore tra donne, anziani e bambini colti di sorpresa in questo luogo irrilevante, dove si lavora alacremente, lontano dai fronti e dagli eroi celebrati dalla propaganda fascista. Gente locale distante dalla retorica bellica, che non si è quasi mai mossa dal proprio cantone e che perdendo di colpo la serenità fatica a comprendere cosa stia succedendo.
Dopo pochi minuti di spasmodica attesa per i tanti destati dal sonno, alle ore 0,35 una pioggia di fuoco e alcune paurose esplosioni si abbattono su Valenza; la terra sussulta come se si trattasse di un terremoto mentre alcune schegge arroventate colpiscono taluni sventurati: tutto dura pochi momenti poi sale una nube anomala e densa. Scene pietose e raccapriccianti si osservano ai margini delle case colpite. Su Valenza sono state sganciate sette bombe, di cui tre sono scoppiate sul fabbricato di Ernesto Vescovi, in via Mazzini 3, demolendone un’ala e facendo esplodere la fabbrica di vermouth esistente (l’odore di vermouth e marsala continuerà ad ammorbare la zona per molti giorni). Una quarta bomba è caduta nel mezzo della via Mazzini lesionando alcuni edifici, in modo grave la casa di Vittorio Carones al n.12 e la facciata del palazzo Vescovi, nonché altre limitrofe. Una quinta bomba ha colpito la casa di Luigi Lombardi in via Solferino 30, danneggiandola notevolmente. Infine la sesta è esplosa sulla casa di Mensi e Gaggi in via Garessio 14-16, provocando il crollo nella parte rustica e una porzione di quella civile, con conseguenti danni anche agli edifici circostanti. Nel giardino della casa di Andrea Baldi, in via Stazione 429, viene rinvenuta inesplosa l’ultima bomba.
Nelle operazioni di soccorso si prodigano il podestà Enrico Aldo Zacchetti, il comandante della Stazione Carabinieri Alberto Biglino, il capo Ufficio Tecnico e responsabile del Nucleo Pompieri Gerolamo Buscaglia e diversi valenzani tra i quali, esemplari e solerti nel soccorso, Piero Alba, Riccardo Lunati, Felice Zeme.
I morti sono due: Giuseppe Ceriana, di anni 78, un muratore capo fabbricato dell’U.N.P.A. (Unione Nazionale per la Protezione Antiaerea) ucciso sul colpo dalle schegge della bomba caduta in via Mazzini mentre cercava di aiutare alcuni incuriositi presenti, Giovanni Mirgone un calzolaio di 43 anni anch’egli colpito a morte dai frammenti di un ordigno. Si contano anche alcuni feriti. Il ventottenne Gino Giusti fortunatamente viene estratto illeso dalle macerie. Sono dati riportati nel rapporto che il podestà invierà al Comitato provinciale Protezione Antiaerea di Alessandria. La Prefettura erogherà lire 3.000 a ciascuna delle famiglie delle vittime e la somma di lire 24.000 per i senza tetto e le famiglie sgombrate. Sarà poi anche accordata una pensione alla madre del Mirgone e alla vedova del Ceriana, i due deceduti.
Difficile capire il movente e l’utilità delle bombe su questa piccola città, snodo ferroviario non troppo rilevante, forse una malvagia bizzarria di un pilota o intenzioni rivolte a colpire la città “civile” impotente, mirando su case e popolazione, affinché questa ne sia terrorizzata; ovunque c’è un’inadeguatezza diffusa, circa 300 persone devono a malincuore abbandonare le loro abitazioni danneggiate. Nell’indignazione generale, si alternano nei cittadini diversi stati d’animo: rabbia, apprensione, fastidio e pure qualche sconcertante ammirazione.
Dopo il terribile spavento e i relativi patemi, nei giorni che seguono alcuni pragmatici cittadini fanno le valigie e danno inizio a uno sfollamento in zone limitrofe ritenute più sicure; qualcuno trova perfino casa presso locali messi a disposizione dai contadini. Comportamenti quasi privi di logica se non quella della paura. Così ben presto i valenzani, avvolti nell’incertezza e nel caos, comprendono tristemente quale destino inesorabile si prospetta innanzi.