Personaggi valenzani: Vincenzo Scapitta
Un nuovo approfondimento storico del professor Maggiora
VALENZA – Nel 1584 nasce a Valenza (rilevante avamposto della Lombardia spagnola verso il Piemonte sabaudo e il Monferrato dei Gonzaga) Vincenzo Scapitta; diventerà uno dei più validi compositori di musica sacra dell’epoca, uno spirito creativo protagonista con un curriculum costellato di successi e con una fede vigorosa e una morale protesa al bene.
Figlio di seconde nozze di Battista Scapitta, medico e personaggio in vista ben radicato a Valenza, probabilmente (di certezze ce ne sono poche) di lontana origine familiare siciliana o forse perfino spagnola, e di Caterina da Feliciano: una famiglia benestante e premurosa che gli consentirà protetti e non frivoli studi musicali. Più certa la data del battesimo in Duomo di “Antonio V. Scapitta”: 15 luglio 1584.
La sua prima formazione musicale, nell’età degli incanti, avviene nell’ormai vetusto duomo di Valenza prossimo a essere ricostruito. Da putto cantore di enorme talento alla fine del Cinquecento a maestro di coro dal 1606, incarico mantenuto sino al 1610 (durante le prevosture dei parroci Bocca Vincenzo 1566-1605 e Bocca Bartolomeo 1605-1630).
Scapitta coltiva i sentieri del sacro, con un velo di disgusto verso una certa società. Veste il saio dei frati minori conventuali, si cita in un convento genovese; tuttavia anche quello valenzano di S. Francesco appartiene alla provincia francescana di Genova. Poi nel 1624 (1621?) lo troviamo cappellano di corte e tenore in cappella nella basilica di S. Antonio a Padova. Qui si perfeziona e pubblica la sua opera prima, ovvero il primo libro di “Concerti” a 1,2,3,4 voci con basso continuo. La raccolta dimostra i sui legami con la città del Santo: il concerto a quattro voci “O anema mea” che la completa è dedicato a Leone Talenti, guardiano della basilica patavina.
Nel suo grandioso avvenire lo scorgiamo inizialmente (1626) a Venezia nella cappella di S, Marco, registrato come “Fra Vincenzo da Valenza”, e quindi a Innsbruck, come tenore, strumentista e cappellano di corte di Leopoldo V d’Asburgo, arciduca del Tirolo. Alcuni documenti ne attestano la presenza dal 1626 al 1632. Per i modi educati (associava qualità umane e artistiche), per l’aspetto non certo superficiale o irrazionale e come tributo di gratitudine quale laudatore di corte, pare abbia chiesto all’arciduca di riconoscergli perfino uno stemma nobiliare (5 luglio 1632).
È in questo periodo tirolese che risale la parte più cospicua e nota della sua produzione a stampa: è la lirica delle cose difficili quando anche la religione diventa ode. A lui si deve l’opera musicale seconda “ Vaghi fiori di Maria vergine” (1628) una raccolta di antifone e litanie mariane che testimonia ulteriormente i rapporti trattenuti con la cerchia arciducale, “Missae quinis octonisque vocibus” (1629) dedicate a Leopoldo V, «Musica di camara» opera quarta (1630, perduta).
Morto l’arciduca (13 settembre 1632) la sua vedova Claudia de’ Medici, di fronte alla necessità di ridurre l’organico della scricchiolante cappella, il 6 maggio 1633, raccomanda Scapitta al cardinale Ernst Adalbert von Harrach, arcivescovo di Praga, decantandone l’ottimo servizio, la fedeltà e la diligenza. Forse è grazie all’intervento del prelato che Scapitta trova collocazione presso il cardinale Franz Dietrichstein, vescovo di Olomouc e governatore della Monravia, diocesi suffraganea di Praga.
Per quanto ci è dato sapere, e senza avere una data precisa (forse dal 1643), lo troviamo quindi confessore, tenorista e maestro di cappella di Ladislao IV re di Polonia, nonché provinciale francescano di Transilvania. Accanto all’attività di musicista a corte, dove esprime al meglio la sua arte, ha un ruolo rilevante anche nella religiosità mantenendosi più che mai rigoroso; un vero contemplativo e una guida autentica transfuga ad honorem, in un documento dell’epoca viene definito “S. Theologiae Doctor, Visitator et Commisarius Generalis”.
Fonda un convento a Varsavia e ne diventa il primo guardiano. Morto re Ladislao IV Vasa (20 maggio 1648), Scapitta rimane in servizio nella cappella del successore, Giovanni II Casimiro Vasa (fratello di Ladislao IV). Alcuni documenti lo indicano tra i tenori con il soprannome toponimo “Walensa”. Due suoi “Canoni” inclusi nel “Cribrum musicum” di Marco Sacchi ci informano di una certa collaborazione col celebre compositore romano, attivo per molti anni in Polonia.
Quando la corte reale abbandona Varsavia, per il disordine e la minaccia dell’invasione svedese, rendendo fosca e scollata dalla realtà la sua situazione, senza aspettative e con la quasi certezza che finirà male, ripara smarrito a Vienna (1655) dove muore nel convento francescano di Lemberg, presumibilmente il 1° agosto 1656.
Tutte le sue raccolte superstiti sono di musica da chiesa, anche se il frate valenzano si dedicò pure a generi più mondani oggi non più rinvenibili, scardinando con coraggio le regole dell’epoca. Quasi nulla rimane anche dell’attività musicale in Polonia di Scapitta, detto anche “Valenza”, probabilmente per via della perdita di tutti i materiali in uso nella cappella dei Vasa.
Purtroppo, anche questo conterraneo famoso è stato quasi completamente dimenticato nella sua città natale. Poiché spesso in modo sconcertante i più titolati restano ignoti.