I Templari a Valenza
Un nuovo approfondimento del professor Maggiora
VALENZA – Nel XII secolo le poche strade del territorio valenzano vedono sfilare pattuglie dì armati con bianchi mantelli svolazzanti su cui è impressa la croce rossa, intrisi di utopie e di un profondo senso del sacro, diretti verso la Terrasanta al grido “Deus lo vult”, Dio lo vuole. Sono i Templari, un Ordine di monaci guerrieri (che dal 1118 rappresenterà una potente forza militare cristiana attenta alle vicende della Terrasanta durante le Crociate), pronti a cadere per difendere il Santo Sepolcro: l’Ordine sarà sciolto con bolla “Vox in excelso” emanata 22 marzo 1312 (un vero e proprio colpo di grazia). Hanno anche molto altro da fare, soprattutto dal punto di vista religioso (sono, in fondo, un potente ordine monastico vero e proprio che vanta il sostegno celeste) e pure da quello finanziario; agiscono con modalità inedite e godono di privilegi funzionali concessi dal papato, tra i quali l’indipendenza da ogni autorità che non sia quella del Papa stesso, l’esenzione dai tributi e la concessione di edifici religiosi; esercitano un enorme potere anche politico: su tutto però ancora oggi permangono grandi perplessità storiche.
Ai nostri tempi questo ordine militare-politico-commerciale del Medioevo si definirebbe una “multinazionale” potentissima; ha un bilancio complessivo superiore a quello di decine di Stati messi insieme, possedimenti e insediamenti in ogni parte del Mediterraneo e d’Europa tra i quali porti, innumerevoli fortezze, castelli e monasteri. Nella nostra zona ha una presenza massiccia, soprattutto per il favore accordatogli da parte dei Marchesi di Monferrato, una famiglia che svolge un ruolo considerevole in tutta la lunga vicenda delle Crociate.
La venerazione dei dogmatici Templari per la Maddalena è nota, mentre la chiesa di Santa Maria, ricostruita dopo il terremoto padano del 1117 sulla preesistenze Cappella di Pieve a cura dell’Ordine dei Templari (diventerà molti anni dopo il Duomo di Valenza), indica molto probabilmente il luogo della “mansione” (sito-complesso autosufficiente) più rilevante dei Templari locali; intorno a questa chiesa all’inizio del nuovo millennio si raggruppava il nucleo centrale del “locus Valentiae”. Nella liturgia di ammissione all’Ordine, più volte viene invocata Maria la Madre del Signore e il volgo valenzano è molto attratto da questo simbolo basilare cristiano che si propaga e si espande con un’ovattata veemenza e con tanti gesti formali; la consolazione religiosa con i suoi riti e liturgie è forse l’unico ambito che in questi tempi unisce tutti.
A Valenza, in questi anni, fuori della Porta Astiliano (poi Porta Alessandria) si trova la chiesa di San Giovanni, attigua a un piccolo convento (una specie di grangia-ricovero) dove sono presenti i monaci Gerosolimitani (un ordine religioso e cavalleresco nato anch’esso nel periodo delle crociate, alla fine dell’XI secolo a Gerusalemme) detto anche dei Giovanniti o dei Cavalieri di S. Giovanni: una congregazione “ospitaliera” che si assume l’onere dell’assistenza a pellegrini e viandanti. Dipende dalla precettoria di San Giovanni Gerosolimitano “della Ripa” di Montecastello (la più estesa commenda del contado alessandrino). Il luogo ecclesiale valenzano funziona da ospizio per i più emarginati nomadi medievali e per i lebbrosi. Già in un atto del 2 aprile 1096 è menzionata in Valenza una “terra Sancti Iohannis” situata in regione Astiliano, probabilmente il più antico insediamento piemontese di Giovanniti. Ma, mentre i Cavalieri Ospitalieri, che si dedicano maggiormente all’assistenza, abbracciano la Regola agostiniana, i Templari continuano a seguire quella benedettina, senza seminare dubbi, con esempi generosi di dedizione e sacrifici, spesso per riscattare qualche piaga nera che si sentono nell’anima. Dopo l’abolizione dell’ordine dei Templari tutti i loro beni e possedimenti passeranno ai Gerosolimitani in seguito alla bolla “Ad Providam Christi Vicari”, emanata da papa Clemente V il 2 maggio 1312; anche le mansioni e chiese della zona passeranno perciò all’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, detti poi anche di Rodi o di Malta, vale a dire i futuri Cavalieri di Malta.
I Templari, combattenti indomiti per la fede verace con la virtù e l’abnegazione al servizio, (essendo monaci hanno fatto pure il voto di castità), non solo difendono e mantengono sicure le strade e i pellegrini ma offrono anche alloggio e assistenza nelle loro precettorie, magioni, ospizi e domus che si trovano nei luoghi strategici di passaggio (qui da noi soprattutto il transito sul Po). Nel Duecento Valenza è in congiunzione con una delle tante diramazioni della via Francigena (del pellegrinaggio verso Roma), proveniente dalla Valle d’Aosta per dirigersi verso Pavia e quindi a Piacenza, difesa da magioni (mansioni) templari.
Solo i Templari, tra il XII e il XIV secolo, possono accogliere nelle loro case gli scomunicati e i fuorilegge più in generale, ai quali solo i Poveri Cavalieri di Cristo possono dare cristiana sepoltura: pochi hanno l’ardire di contraddirli. La zona tra Valenza e Novi pare sia l’area di addestramento dei Cavalieri del Tempio e il campo di concentramento dei prigionieri (arabi ed ebrei, trattati con la ferocia del tempo come sub umani) catturati in Terrasanta.
La nostra zona, sempre in obbedienza acritica e sgomenta (il dubbio è combattuto e demonizzato come una pericolosa eresia da sopprimere) passa dal Comitato di Lomello al leggendario Guglielmo V degli Aleramici (a lungo combattente in Terrasanta con i Templari, dove troverà la morte nel 1191) il quale nel 1162 crea signore di Lazzarone (attuale Villabella) Ferdinando Sannazzaro, mentre il 4 dicembre 1163 l’imperatore Federico I Barbarossa conferma i privilegi su Lazzarone ai quattro cavalieri (Milites, legati all’Ordine) Rainiero, Burgonzo, Assalito e Guidone (Widonis) de Sancto Nazario (almeno due sono figli di Ferdinando). Pertanto, quando nel 1164 sempre Federico I (che attacca la Chiesa e vuole nominare antipapi) sottomette definitivamente il Comitato di Lomello a Pavia, nomina signori di Valenza Anselmo, Raineiro e Oberto Visconti (di Monferrato). Ma nel disordine dei tempi, in presenza di rigorosi dogmi, verità rivelate e credenze religiose indiscutibili, da accettare senza dubbi, i reggenti di casa nostra impreparati e impauriti sono manipolati da questi ordini religiosi locali che aprono le loro grandi braccia e promettono, oltre a contributi finanziari, il perdono a chi si avvicina a loro.
Successivamente, nei diplomi di Federico II del 1219, sarà nuovamente delineato il territorio dell’antica Contea Lomellina (Lumellina), divenuta la carta assorbente egemonica di un vasto territorio che include anche alcuni paesi di là dal Po compreso Valenza. Il Comune, sempre pronto a oscure trame e a far credere al popolo profano qualsiasi cosa, assume in questi secoli tre tipi di forma di governo: consolare (XI‑-Xll secolo), podestarile (XIII secolo) e quella del “Capitano del popolo” (XIV secolo). Spesso un esterno che, salito sul trono municipale, cercherà di fare cose con l’assenso di tutti, o per lo meno di molti, controllando infine meglio “l’armata Brancaleone depressa” dei pochi Templari locali rimasti dopo lo scioglimento del 1312, anche se le vere leve del potere sono altrove.
Travolgendo antiche certezze e senza che i più se ne rendano conto, Valenza entra verso la fine del Duecento, in qualche modo e sempre più, nell’orbita viscontea sino al punto che tutti i territori adiacenti risulteranno ben presto in mano ai milanesi a discapito dei Monferrini.
Tra i pochi documenti dell’epoca esistenti, riferiti ad atti “rogati” in Valenza e in altri luoghi, compaiono nomi di autorevoli valenzani detentori di un certo potere e non scevri da interessi, tra cui alcuni potenti oscurantisti Templari: anno 1158, Anselmus de Valenza (Visconti) – 1167, Rufinum de Valentia (console illustre) – 1195, Ferrarius de Valentia – 1198, Raynerius de Valencia (Visconti) e Ansaldus de Valenca – 1199, Ogerius Capitaneus de Valenca et Alexius de Valenca, Ferrarius capitaneus Valentie – 1202, Oglerius Capitaneus de Valentia – 1202, Capitanei de Valentia – 1204, vari consoli del Comune di Valenza – 1209, illorum de valentia – 1223, Alexius de valencia (giudice) – 1224, Arpini de Valentia – 1231, Alexius de Valentia (giudice).
La presenza Templare è quindi certamente importante in tutta questa zona; vi sono evidenti tracce storiche soprattutto nella Precettoria di Casale S. Evasio denominata Santa Maria del Tempio, con diversi edifici e proprietà sparse soprattutto nell’attuale frazione che porta ancora quel nome e in direzione di Valenza in un’area all’epoca abbastanza popolata, con la relativa Chiesa di Santa Maria del Tempio ora in zona industriale casalese.
Diversi atti di compra-vendita nel nostro territorio sono stipulati all’interno della Precettoria di Casale, segno inequivocabile sia degli ottimi rapporti che intercorrono tra il Tempio e la dispendiosa classe gentilizia valenzana sia della fiducia di cui questi monaci godono tra i valenzani.
Alessandria, che è rifondata dai Templari nel 1168 dopo essere stata in parte già innalzata prima, diventa una piazza di primaria importanza dell’Ordine. Qui è presente la mansione (o magione) annessa alla commenda di Santa Margherita, detta la Streppona (o de Sterpono), anche chiamata la Margariota o Margaritona (per alcuni recenti storici si ergeva dove oggi c’è Piazza Valfrè). Alle sue dipendenze vi sono due case “fuori le mura”, ancora oggi in piedi, chiamate rispettivamente “della Torre” (convento, dove alloggiano i frati‑cavalieri) e “del Tempio” (accoglie i pellegrini) situate nella piana di San Michele. La chiesa di Santa Margherita viene da alcuni segnalata nel Borgo Bergoglio o Borgoglio (attuale Cittadella), mentre la chiesa di Santa Maria di Castello individua molto probabilmente la magione più autorevole di Alessandria, cioè quella della Maddalena. Lo scudo crociato templare è rimasto il simbolo del gonfalone di Alessandria.
Si conoscono anche i nomi di alcuni frati templari dell’alessandrino dotati di tanta energia e nobilitati da un’eccezionale fermezza di carattere quali: Busco, Gerardo, Giacomino, Giovanni (sarà precettore a Moncalieri), Guglielmo (sarà precettore della mansione di Modena), Manfredi, Rufino, Rubeo Guglielmo (precettore dell’Ordine di Alessandria).
Un altro importante ordine religioso, in parte laicale, che si stabilisce a Valenza è quello degli Umiliati. Predicano un ritorno alla vita frugale e austera, improntata sulla spiritualità, in opposizione alle ricchezze e alla vita dissoluta che sempre più spesso sono diffuse anche all’interno della Chiesa stessa. Nascono da queste parti alla fine del XII secolo e sono culturalmente vicini alla regola benedettina dell’ora et labora; ondeggiano tra il sacro e la natura, contribuiscono allo sviluppo socio–economico locale portando nella zona la lavorazione dei panni di lana (i famosi “panni umiliati”) esportati fino a Venezia tramite il Po.
Nel 1229 i Francescani (o Frati Minori Conventuali, una nuova potente ascesa religiosa, un ordine inquieto e ingombrante per qualcuno) si stabiliscono nella nostra città. Ottengono subito un enorme successo poiché sanno parlare alla gente e offrono un’idea nuova del messaggio cristiano: una Chiesa salvifica che conforti tutti. Sulla creazione di una chiesa e di un convento francescano a Valenza vengono indicate date diverse: 1229, 1322, 1239. La cronistoria più verosimile ci fa propendere per una primitiva piccola chiesa romanica sorta nel 1239 e poi, accanto e su di essa, una suntuosa basilica iniziata nel 1322 e conclusa nel 1332 con la costruzione attigua di un convento; il tutto al centro della nostra città (ora piazza Verdi-Teatro Sociale).
Con un certo potere concentrato nelle loro mani, questi Ordini religiosi spesso si arrogano il diritto di assumere con prepotenza decisioni del tutto vitali per i valenzani e, mentre molti elementi ideali svaniscono, chi li ripudia diventa un abietto svillaneggiato marchiato dal demonio e isolato quasi con sadismo.
In mezzo a tutto questo mondo religioso e occulto, di enigmi irrisolti, pieno di dignitosa sofferenza e di paura della morte, ricco anche di simbolismo e immagini falsate, storia e mitologia si mescolano fornendo i protagonisti perfetti per le più fantasiose e surreali trame medievali.