Licenziata dopo intervento al piede: il giudice dispone il reintegro
La causa di una lavoratrice contro la Wama, azienda del settore sicurezza e videosorveglianza
ALESSANDRIA – A tre anni dal licenziamento subìto da parte dell’azienda per la quale lavorava da 13 anni – si legge in un comunicato UILM – “è stata fatta giustizia per la lavoratrice Michela Giussani impiegata come operatore amministrativo alla Wama s.r.l. di Alessandria, colosso del settore della sicurezza e della videosorveglianza nota per la realizzazione e gestione di impianti antifurto e antintrusione con sede a Castellazzo Bormida”.
“Dopo una prima decisione negativa il Tribunale di Alessandria ha accolto il ricorso in opposizione presentato dall’avvocato Stefano Ena dichiarando nullo il licenziamento intimato alla lavoratrice Giussani; la vicenda è stata seguita dal segretario generale UILM Alessandria Alberto Pastorello e dagli avvocati Stefano Ena e Massimo Lasagna dello studio legale associato Ena Gallina Lasagna Lunati di Alessandria.
La fine del rapporto di lavoro risale a fine ottobre 2018 – continua il sindacato – sancita con un licenziamento fondato esclusivamente su un comportamento del tutto lecito e legittimo tenuto dalla lavoratrice, come statuito nella sentenza del Tribunale di Alessandria.
La signora, infatti, mai assentata in 13 anni di servizio dal lavoro, è stata costretta dai continui forti dolori e su intimazione del medico a sottoporsi con urgenza ad un intervento al piede che prevedeva l’inserimento di una protesi e la conseguente riabilitazione necessaria al recupero, come dimostrato con la documentazione medica.
L’azienda invece aveva ritenuto l’assenza dal lavoro della signora per serie ragioni mediche una misura eccessiva ed incompatibile all’entità della malattia. Per questo era ricorsa addirittura ad un investigatore privato che aveva pedinato la signora nei suoi spostamenti per raccogliere presunte prove sulla mancata veridicità della malattia, sulla quale si sarebbero insinuati i sospetti del titolare. Peccato che la raccolta di questa documentazione non abbia alcun valore, in quanto priva di competenze mediche.
Stefano Ena, legale della lavoratrice Giussani: “La volontà ritorsiva che ha portato al licenziamento, mai facile da dimostrare, è stata provata da una plurima serie di elementi, tutti concordanti. La linea difensiva scelta era complessa, ma è stata riconosciuta ed ha comportato per la lavoratrice il diritto ad un risarcimento del valore di quasi 100.000 euro.”
Alberto Pastorello, segretario UILM Alessandria: “Un’azienda che ha un’immagine di spicco sul territorio e spesso si adopera in azioni di beneficienza, non può allo stesso tempo tenere un atteggiamento simile nei confronti del personale. Speriamo che una sentenza del genere possa essere utile per il riconoscimento del licenziamento ritorsivo come tale: troppo spesso licenziamenti illegittimi non vengono impugnati per paura, per non intentare una causa che sappiamo durare anni e alla fine a pagare è il soggetto più debole, il lavoratore.
E’ dunque nostro compito, dopo aver appurato i fatti, accompagnare in un momento di grande difficoltà che mina anche l’autostima le persone ad intraprendere il percorso giusto per ottenere quanto gli spetta. In un momento in cui il mondo del lavoro occupa ancora troppe poche donne è fondamentale tutelare a maggior ragione i loro diritti ”
Il licenziamento, illecito e nullo, costa quindi all’azienda la reintegra della lavoratrice, il pagamento delle retribuzioni e dei contributi maturati in questi anni oltre alle spese legali sostenute.