«Il Deposito non è una discarica. ma un’assunzione di responsabilità»
La discussione sul Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi sta entrando nel vivo e ha toccato ora il Piemonte, durante le due sedute del 15 e 16 novembre. Dopo la pubblicazione il 5 gennaio scorso della CNAPI (Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee), assieme al Progetto preliminare del Deposito Nazionale e del Parco Tecnologico (DNPT), sono state raccolte critiche e proposte sui criteri e la localizzazione delle aree. Si è poi entrati nella fase della consultazione pubblica, allo scopo di scegliere in modo collaborativo l’ubicazione del Deposito Nazionale. Come è noto, nel territorio della provincia di Alessandria vi sono cinque dei quattordici siti nazionali giudicati “molto buoni” e un sito dichiarato “buono”.
Bisogna sempre ricordare che il Deposito Nazionale non è solo una “discarica”, ma molto di più. È prima di tutto una assunzione di responsabilità, in quanto quasi la metà dei rifiuti da mettere in sicurezza riguarda il comparto medico e di ricerca, comparti meno mediatici ma molto vicini alla vita delle persone, e da ciò questi rifiuti sono il risultato del nostro benessere. Citando il Dott. Chiaravalli, direttore del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, il tema fondamentale è la “chiusura di un ciclo dei rifiuti”, tema che non può essere eluso all’infinito, e che è stato è stato per necessità affrontato in tutti i paesi sviluppati.
In questa mappa interattiva si possono vedere tutti i criteri di esclusione e come hanno ridotto man mano le aree disponibili e potenzialmente idonee
Nelle giornate del 15 e 16 novembre i vari portatori di interesse (in gergo “stakeholder”), hanno esposto le loro ragioni, manifestando perplessità o contrarietà alla localizzazione nel proprio territorio, per le ragione più diverse.
La critica più frequente ha riguardato la sicurezza in generale la presenza di falde acquifere superficiali in generale. Queste, non ben mappate o troppo vicine alla superficie, e con variazioni di profondità elevate in conseguenza di eventi climatici avversi. Si è anche lamentato l’uso di mappe non aggiornate agli ultimi studi geologici. Sentiti i pareri esposti nel seminario, saranno perciò riformulati i criteri e quindi mappate con maggiore cura le aree rimaste, per produrre valutazioni più adeguate rispetto alla scelta finale.
È stato chiesto perché i siti individuati per il futuro deposito siano diversi e lontani da quelli dove già insistono impianti nucleari. Dal punto di vista strettamente tecnico, impianti che hanno finalità differenti richiedono caratteristiche geomorfologiche differenti. Ad esempio, il sito della centrale di Trino è stato escluso come deposito a causa della vicinanza al Po, che è criterio escludente per un deposito, viceversa qualsiasi impianto termoelettrico ha bisogno di un corso d’acqua.
In ogni caso l’area AL-2 nel comune di Bosco Marengo è a meno di 2km dal sito di Fabbricazioni Nucleari, questo escluso perché su strada principale e troppo vicino ad aziende considerate pericolose.
Ulteriori considerazioni hanno riguardato quantità e modalità di trasporto dei rifiuti radioattivi (il Piemonte è detentore della maggior parte dei rifiuti per radioattività). Da ciò l’indicazione implicita che sarebbe meglio scegliere un sito nel centro Italia, essendo presenti rifiuti anche in Sicilia.
Quanto alle preoccupazioni per le ricadute negative sul comparto agro-turistico, in quanto le zone piemontesi interessate sono ricche di colture pregiate e insediamenti turistici, in tutti paesi ci si è posti il problema ma l’approccio appare diverso. Ad esempio, secondo il sindaco di Soulaines-Dhuys, cittadina francese vicino al sito de l’Aube che ospiterà oltre un milione di mc contro i 78.000 italiani, grazie all’approccio partecipativo e di confronto costruttivo fra cittadini ed aziende, il deposito non è visto come una minaccia per il territorio, caratterizzato dalle rinomate attività vinicole dello Champagne e da un parco di divertimenti che attrae circa 650.000 visitatori l’anno.
Si sono poi poste molte preoccupazioni sulla sicurezza, sia inerenti il sopracitato assetto idro-geologico che l’impatto di aerei (questo aspetto è stato citato per il sito torinese vicino all’aeroporto di Caselle), ma in questo caso i rischi sono già stati valutati a monte e le strutture sono progettate per resistere a questi eventi.
Il 15 dicembre 2021 saranno presentati i risultati del Seminario Nazionale, che si sommeranno alle oltre trecento proposte e osservazioni tecniche presentate in precedenza. La SOGIN (Società Italiana Gestione Impianti Nucleari) produrrà quindi una nuova mappa, la CNAI (Carta Nazionale Aree Idonee), che sarà la rosa finale da cui scegliere il sito definitivo. Nella nuova mappa potrebbero sia diminuire che aumentare i siti papabili, dato che alcune considerazioni fatte al tempo della prima stesura saranno aggiornate. Si attenderà quindi un’eventuale autocandidatura e si aprirà la trattativa conclusiva con i territori.
La previsione è di arrivare alla scelta del Deposito Nazionale nel corso del 2022, ma il percorso appare tutt’altro che in discesa.