Cavallero e Notarnicola catturati a Valenza
Una nuova curiosità sulla storia della Città dell'Oro
VALENZA – La banda Cavallero era una gang criminale fortemente politicizzata che operò tra Milano e la provincia di Torino in una serie di rapine compiute negli anni sessanta; si formò a Torino in un bar di Corso Vercelli, nel quartiere periferico Barriera di Milano. Le rapine rivoluzionarie del gruppo, che pensa soprattutto alle donne e ai quattrini, dopo qualche anno di scacco alla polizia, si trasformano in violente scorribande. La banda era composta dal capo indiscusso e carismatico Pietro Cavallero detto “il Piero” (lavoratore saltuario di fede estremista di sinistra), il suo braccio destro Sante Notarnicola (ex sindacalista, ambulante di fiori e facchino), Donato Lopez e Adriano Rovoletto. L’ultimo suo atto si compie il 25 settembre 1967, quando prende d’assalto il Banco di Napoli in Largo Zandonai a Milano. La polizia interviene e, come se non bastasse, dopo una sparatoria tra i passanti con un interminabile inseguimento in città, alla fine del quale si contano 3 morti (un quarto sarà stroncato due giorni dopo da un infarto), la loro fuga finisce con uno schianto contro un muro. Rovoletto viene catturato subito, Lopez la mattina successiva; Cavallero e Notarnicola riescono a scappare e, aggirandosi per le campagne, raggiungono infine la nostra zona.
I banditi al casello di Villabella
Sono latitanti da una settimana anche se braccati e ricercati da imponenti forze di polizia. Per catturarli si è messa in atto una formidabile caccia all’uomo che tiene tutta Italia sdegnata con il fiato sospeso: l’ultimo loro rifugio sarà un casello abbandonato nel nostro territorio.
Lunedì mattina 2 ottobre 1967 a Villabella di Valenza la signora Evasina Cordaro e poi il figlio Mario Ghezzi notano aggirarsi nel sobborgo due individui sconosciuti dall’aspetto sospetto e questi nostri concittadini cui viene un brivido lungo la schiena, privi del consueto umano menefreghismo e senza troppa paura, fanno una prima segnalazione ma pare che le attenzioni non siano troppo precise e le ricerche dei due delinquenti risultino senza esito.
Notarnicola racconterà: ….Arrivammo a un casello ferroviario abbandonato, entrammo, non si poteva più andare avanti senza essere visti da qualcuno, era giorno fatto. «Siamo fregati», disse Piero. «A quest’ora la polizia sa che siamo da queste parti, arriveranno a centinaia, magari con i cani, ci troveranno». «Eppure non possiamo andarcene di qui», risposi. «Nei campi ci sono i contadini, i cacciatori, siamo obbligati ad aspettare la notte»……
Nel pomeriggio il Notarnicola si porta nella bottega di Maria Caprino Arrigo e acquista delle provviste. Dopo aver pagato con una banconota da dieci mila lire si allontana ma dimentica la borsa. La signora Caprino esce per restituirgliela e riconosce all’esterno il Cavallero che attendeva il complice in strada (le loro foto segnaletiche sono pubblicate in prima pagina su tutti i giornali). La circostanza acquisisce dimensioni inquietanti e, con evidente prode coraggio, della circostanza vengono subito informati i carabinieri che, in una situazione di incertezza e poiché sta facendosi buio, pare decidano di rimandare l’operazione al mattino del giorno dopo (scelta non semplice, anche per le numerose segnalazioni sbagliate ripetutesi in ogni parte della Lombardia e del Piemonte). Nel frattempo il risoluto valenzano Ghezzi informa, senza ritrosia, di aver notato i due banditi nelle vicinanze del casello ferroviario abbandonato. Parole che non cadono nel vuoto, infatti è li dove sono nascosti che il giorno dopo, 3 ottobre 1967, il maresciallo Nicola Sganda con il collega Domenico Colli Vignarelli ed i carabinieri Luigi Morabito e Giuseppe Giordano, degni di citazione, sorprendono e arrestano i due criminali che non oppongono resistenza credendo ormai di essere circondati dalle forze dell’ordine, quasi consapevoli che la loro forsennata e disperata corsa si fermerà qui a Valenza.
Sempre Notarnicola riporterà: ….. Si abbassarono le sbarre del passaggio a livello. Arrivarono delle macchine. Poi si fermò una 1100, scesero dei carabinieri, più in là c’era un gippone, si avvicinarono al casello con i mitra spianati. Lui (Cavallero) sentì dei rumori, mi chiese cosa fosse. «Niente», risposi. «Contadini». Pochi secondi, un lampo, il riflesso di tanti anni di addestramento a combattere in sincronismo, l’istinto di avvertirlo, tentare la sorte, ancora una volta. Poi immediatamente la stanchezza, il rifiuto, il distacco psicologico ebbero il sopravvento. «Basta, questa volta basta, sono affari suoi, io non c’entro in questa sua guerra privata…»; e tacqui. Pochissimi secondi, il rumore degli scarponi nella stanza di sotto, poi su per la breve rampa di scale. Balzò, convinto che fossero dei contadini, mi guardò, vidi una luce di stupore e poi di allarme nei suoi occhi. Girò lo sguardo e si trovò la canna del mitra davanti. Tutto era veramente finito. Dietro il carabiniere sbucò il vecchio maresciallo. Mi guardò. «Tu chi sei?»….. La risposta «Sante Notarnicola, Bandito».
In una borsa vengono trovate cinque pistole e un centinaio di proiettili. Gli arrestati sono tradotti immediatamente al Comando Legione carabinieri di Alessandria e, dopo un primo interrogatorio, al carcere di via Parma davanti al quale stanziano centinaia di curiosi indignati che mandano grida ostili al passaggio degli impassibili arrestati.
Dei quattro, solo Lopez ottiene una condanna a 12 anni e sette mesi. Gli altri, quando viene letta la sentenza (8 luglio 1968) che li condanna all’ergastolo, intonano la canzone proletaria e alzano i pugni.
Cavallero otterrà, più di vent’anni dopo, la semilibertà e in seguito la libertà condizionale; diventato pittore e scrittore, morirà pentito nel 1997. Notarnicola, rivoluzionario e poeta, con tentata evasione, diventa un’icona del movimento carcerario e della sinistra antagonista, dal 1995 in regime di semilibertà, nel gennaio 2000 otterrà la libertà; ammalato e guarito di Covid morirà a Bologna nel marzo 2021.
Con non poco scalpore, sono stati protagonisti sbagliati di un’Italia complicata che forse e per fortuna non c’è più.