Come si è formato il territorio valenzano: il mare Padano e il lago di Astigliano
Un nuovo viaggio nella storia con il professor Maggiora
VALENZA – Il pianeta Terra si è formato circa 4,5 miliardi di anni fa dalla nebulosa solare e il territorio valenzano comincia a prendere forma alla fine del periodo Terziario (70 – 2 milioni d’anni fa). Per quanto il Terziario sia un’era molto calda, nel suo ultimo periodo (Pliocene: 5-2,6 milioni di anni fa) il clima comincia a raffreddarsi; dove ora si levano le nostre prospere colline, circa cinque milioni di anni fa c’era un’inquieta distesa d’acqua: il mare. Questi luoghi custodiscono una storia arcaica le cui tracce sono incredibilmente giunte sino a noi.
Dalle nostre parti, nella vicinissima Pecetto di Valenza presso la Cascina Guarnera (ora Geosito La Guarnera), ubicata lungo le pendici occidentali del rilievo collinare Bric Fea, sono stati rinvenuti recentemente fossili e minerali di origine marina (studi e scavi del 1973 e del 1981), dovuti alla presenza nel nostro territorio del Mare Padano (occupava l’attuale Piemonte Meridionale); restano gli affioramenti di un tipo particolare di roccia sedimentaria, denominata “tripoli”, che costituisce il risultato del lento depositarsi di gusci di organismi microscopici, quali foraminiferi e diatomee.
Ma se c’era il mare primordiale c’erano, senza ombra di dubbio, anche i pesci. Sempre a Pecetto di Valenza sono state fatte scoperte importanti per la paleontologia internazionale. Dal Miocene superiore (circa 9,5 milioni di anni fa) sono giunti sino a noi pesci cristallizzati da una perfetta fossilizzazione; sono venuti anche dall’Università di Austin a studiare queste lische fossili. I nomi scientifici sono enigmatici: Lepidopus proargenteus (simile al pesce sciabola), Maurolicus gregarious e muelleri (specie presente a grandi profondità, dotata di fotofori, con una luminosità autonoma illuminavano gli abissi con la loro bioluminescenza), Sygnathus Albyi (progenitore del pesce ago e dell’ippocampo). Ma soprattutto l’Archeotetraedon bannikovi, il pesce palla dell’antichità, unico al mondo nel suo genere e altri quali l’Alosa elongata e il Merluccius merluccius.
Nel corso di 3 milioni di anni, in seguito a sconvolgimenti della crosta terrestre, si verifica il sollevamento del bacino piemontese, col conseguente ritiro delle acque a est e la formazione di terreni paludosi e bacini lacustri nella parte occidentale della Valle Padana. Dall’inizio del Quaternario (2 milioni d’anni fa) l’immensa pianura, compressa e sospinta dalle immani forze della natura, si deforma secondo quelle caratteristiche che oggi noi vediamo.
Il nostro territorio diventa quindi necessariamente di natura alluvionale, si forma attraverso sedimenti e materiale di trasporto, convogliati inizialmente in grandi ghiacciai e in seguito trascinati e raccolti da corsi d’acqua. E’ una mescolanza principalmente sabbiosa, con strati sovrapposti arenosi e argillosi, in parte pure ghiaiosa, pertanto di differente permeabilità, mentre nel sottosuolo si generano falde ricche di eccellente acqua.
Non è quindi un caso se l’impetuoso defluire delle acque dato dal progressivo scioglimento dei ghiacciai trasforma pian piano il volto della zona, scavando le valli con corsi d’acqua, laghi e acquitrini. Il terreno delle nostre dolci colline si copre di una rigogliosa vegetazione che presto (si fa per dire) si trasforma in selve e boschi. In particolare la gran parte dei depositi superficiali affioranti è il prodotto dell’attività fluviale, successiva alla glaciazione Würm che si è conclusa circa 18 mila anni fa.
Sembra che ci fosse una presenza sporadica di cacciatori/raccoglitori nomadi (Homo sapiens neanderthalensis) durante il Paleolitico medio (120.000 – 40.000 anni fa). Si tratta però ancora di un ambiente solo appena vivibile e molto ostile; segni di eventuali insediamenti umani durante il Paleolitico sono sicuramente scomparsi in seguito all’azione di ghiacciai.
Il lago di Astigliano
Presumibilmente, la naturale conca dolce e luminosa che custodisce oggi la zona abitativa di Astigliano era una volta l’invaso idrico di un lago che, molto probabilmente, aveva un collegamento di scarico con il Po attraverso uno stretto passaggio individuabile in quell’avvallamento dove procede la ferrovia che da Alessandria conduce a Valenza. Difficile stabilire se la presenza d’acqua ad Astigliano o Astiliano sia da far risalire a un periodo relativamente vicino (4.000 – 6.000 anni fa), oppure se essa debba essere annoverata all’epoca preistorica. Le fonti d’acqua capaci di mantenere un persistente livello a questo lago, coperto poi verosimilmente da smottamenti del terreno collinare che hanno delineato il panorama che oggi conosciamo, possono essere individuate in quella gran quantità di sorgenti che ancora oggi rendono la valle molto fertile. Si è anche ipotizzato che tra il Neolitico e l’Età del Bronzo, dalla fine del IV agli inizi del II millennio avanti Cristo, le sponde di questo lago ospitassero un villaggio palafitticolo; infatti sono stati rinvenuti alcuni resti di frammenti di pali conficcati nel terreno, forse con la funzione di sorreggere proprio quelle palafitte sotto il livello dell’acqua.
Purtroppo, per chi verrà dopo di noi, quanto accaduto negli ultimi decenni pare abbia molte analogie con processi di altre ere in cui ci sono poi state delle rilevanti glaciazioni. Quando sopraggiungerà non si sa: quello che si sa, è che l’ultima glaciazione è finita circa 10 mila anni fa.