Personaggi valenzani: Lorenzo de Rossi
Il Gutenberg italiano? Era di Valenza
VALENZA – Johannes Gutenberg è stato un orafo e tipografo tedesco al quale si deve l’inizio della tecnica della stampa a caratteri mobili nel XV secolo. Una vasta parte di operatori tipografici italiani ha riconosciuto in Lorenzo de Rossi il suo Gutenberg: un valenzano che ha svolto principalmente la sua attività di stampatore a Ferrara.
Nasce a Valenza in data incerta, intorno alla metà del ‘400; sono poche le notizie biografiche. Impara i segreti della stampa a Venezia, centro fiorente d’arte tipografica grazie alle alleanze con la casa d’Este e ai loro gusti, formazione che gli sarà molto proficua sul piano artistico. Qui, in società con altri, riproduce il famoso trattato medico/filosofico, scritto dall’arabo Averroè, dal titolo “liber de medicina”. Si trasferisce a Ferrara, dove l’illuminato mecenatismo degli Estensi accorda buone prospettive agli artisti del Primo Rinascimento.
Da un documento del 19 novembre 1488, Rossi (Laurentius de Rubeis de Valentia) risulta cittadino di Ferrara, sposato con Lucrezia Pirondini, figlio di Antonio e proveniente “de Valentia”; avrà quattro figlie e un figlio.
Nel primo periodo di attività nel ferrarese, dove tra il 1489 e il 1492 è molto vicino ai frati del convento di S. Francesco, dai suoi torchi escono il “Leggendario di San Maurelio” (30 dicembre 1489), una miscellanea di opere di Niccolò di Lira, Antonio da Bitonto, Alessandro di Hales (11 marzo 1490) e alcuni testi di medicina stampati tra il 1492 e il 1493.
Torna a Valenza e forse apre pure una tipografia, ma non rimane a lungo nella sua città natale che in questi anni assomiglia quasi un luogo di vacanza momentaneo e surreale, con prove d’assalto o più verosimilmente un pellegrinaggio armato, di vari eserciti; un posto poco adeguato per intraprendere attività raffinate che richiedono una certa tranquillità che è, per usare un eufemismo, di là da venire. Per la sua posizione strategica, Valenza è in questo periodo, e anche dopo, assediata e massacrata da arroganti francesi, da permalosi spagnoli e da altri, all’uopo amici o nemici.
Dal 1495 de Rossi ricompare a Ferrara dove produce le sue edizioni tipograficamente più eleganti: di Pietro Palagano da Trani “Liber de ingenuis moribus” (7 ottobre 1496), “Corona Beatae Mariae Virginis” (10 novembre 1496), ma soprattutto di Jacopo Filippo Foresti il “De claris selectisque mulieribus” (29 aprile 1497) e in volgare “Epistole di S. Girolamo” (12 ottobre 1497). Queste ultime due opere presentano un ricco corredo illustrativo e sono tra i libri più belli usciti dalle stamperie ferraresi del Rinascimento. San Girolamo è un incunabolo ampiamente descritto da tutti i bibliografi, famoso soprattutto per le numerose e splendide xilografie che contiene.
Lorenzo, che non circoscrive la sua frequenza soltanto nelle cerchie ecclesiastiche francescane risalenti fin ai suoi primordi ferraresi, è un personaggio elogiato e affermato con una professionalità senza pari, il giusto per affascinare chiunque. Lungo tutta la sua carriera, pratica il mestiere di libraio, cartolaio e editore anche con maggior continuità rispetto a quelle di affermato e magnificato stampatore. E’ protagonista del monopolio produttivo dell’arte impressoria ferrarese tra il Quattrocento e i primi due decenni del Cinquecento; rimarrà sempre tra i fornitori della corte con l’abilità di trarne vantaggi.
Tra l’agosto del 1499 e il febbraio 1500 il principe Alberto Pio commissiona a Rossi rilegature e forniture di circa duecento volumi. In questi tempi Ferrara è al centro di un vitale commercio librario che fa passare la merce da e per Venezia (centro prioritario per i suoi traffici), Verona, Mantova, Bologna, e altre città del nord est. Nei vari documenti egli figura costantemente come «cartularius» (mercante di carta) e questo non fa altro che mettere ulteriormente in evidenza la sua polivalenza nel settore.
Sino al 1500 stampa libri, in seguito soltanto opuscoli. Nel 1502, con l’arrivo a Ferrara di Lucrezia Borgia, stampa un libretto con i versi dell’umanista Celio Calcagnini dedicati alle nozze fra Lucrezia e Alfonso I d’Este. Prosegue nei primi due decenni del Cinquecento ma le testimonianze archivistiche di questo periodo sull’attività di questo famoso stampatore rinascimentale si riducono praticamente a poco. Tra gli autori pubblicati nel periodo figurano ancora nomi di rilievo, quale Celio Calcagnini o Mario Equicola: sono generalmente fascicoli effimeri, lavori legati alle vicende del tempo, belliche in primo luogo. Ma il suo tragitto sta volgendo al tramonto. Ricompare nel 1521 con il passaggio della sua stamperia (la più longeva e la più produttiva della Ferrara di questi anni con una cinquantina di edizioni accertate) al figlio Francesco il quale andrà avanti sino al 1574 con oltre 70 pubblicazioni. Da documenti appare ancora vivo il 17 maggio 1521; risulta invece defunto in una partita di spesa del Comune di Ferrara del 1522.
A Valenza è ricordato solo con una targa in un vicolo scomparso
Lorenzo de Rossi si definì nel “Colliget” di Averroè «Valentiensis insubris» e siglò alcune sue opere anche con il nome della sua città natale “de Valentia”: un vero sentimento di appartenenza.
A Valenza, purtroppo, è ricordato solo con una targa stradale di un vicolo ormai scomparso (via Cavour, dopo il bar) mentre questo personaggio valenzano, noto a tutti i bibliografi e studiosi dell’arte della stampa, meriterebbe un ben altro riconoscimento.