“Non ti riconosco più”
Ecco la frase che mai vorremmo pronunciare né tanto meno sentirci dire
Non di rado succede che entrino in studio coppie esauste dalla lotta intrapresa a cambiare – o meglio a “correggere” l’altro. “Non è più lo stesso, non lo riconosco…”; “Non è la donna che ho sposato, è cambiata…”. Lotta senza fine a causa delle premesse ingannevoli: l’altro non cambierà se non cambierò io insieme a lui o meglio se la coppia non evolverà.
Iniziamo con il parlare del motivo che spinge le persone nella scelta del partner. Essa è influenzata in particolare dalla storia personale familiare di ognuno, e spesso procede per somiglianza (scelgo un compagno simile al mio papà, seguendo il mandato familiare) o per differenza (scelgo una compagna in contrasto con il modello familiare).
Solitamente quando c’è la tendenza a seguire il mandato familiare nella scelta del partner la relazione di coppia andrà nella direzione di mantenere rapporti di dipendenza dalle famiglie di origine. Viceversa là dove i membri della coppia si affrancano dai legami familiari e si liberano dalle aspettative familiari vengono recisi i vincoli affettivi con le famiglie di origine vissuti come limitanti.
Cosa accade se le premesse che hanno guidano i membri della coppia nella scelta reciproca mutano nel tempo?Facciamo un esempio. Lei o Lui hanno cercato nell’altro qualcuno che “guarisse” la ferita abbandonica sperimentata nella famiglia di origine: una madre o un padre assenti, trascuranti.
Tale premessa definisce una relazione di coppia di tipo up-down, ovvero asimmetrica laddove l’altro funziona in modo compensatorio rispetto alle esperienze deprivanti vissute nel passato. Cosa accade se nelle fasi successive del ciclo di vita della coppia, per esempio un figlio che cresce, colui che si trovava in una posizione di dipendenza evolve verso una posizione di parità?
Cambiano le condizioni di partenza del patto costitutive della coppia. A quel punto l’altro verrà percepito in modo diverso da ciò che si credeva o che si pensava o si voleva che fosse. Ecco che l’altro deve cambiare, poiché non è più come prima.
Sono state deluse e tradite le aspettative di partenza e se la coppia non saprà rinegoziare il patto, tale nuova condizione potrà tradursi in uno spietato conflitto. E’ possibile riconoscere tre fasi nella costituzione della coppia: l’incontro e l’innamoramento, caratterizzato da un sentimento di pura ammirazione e coinvolgimento verso l’altro – tale periodo dura da uno a tre anni; la fase del risveglio, ovvero il momento in cui emergono le differenze e le divergenze tra i membri della coppia, nonché le disillusioni rispetto a ciò che l’altro avrebbe dovuto essere (ma non è) e che possono tradursi in gravi e profonde distanze o peggio conflitti, a meno che non si entri nella terza e ultima fase, ovvero quella della consapevolezza che l’altro va bene così com’è.
In sintesi, affinché la coppia evolva dall’innamoramento all’amore e raggiunga la fase 3, è necessario transitare dall’illusione alla disillusione.
E se una promessa non viene mantenuta? Se la fiducia si trasforma in inganno?
Si parla di tradimento. Il tradimento è per sua natura una atto di relazione: nasce e prende forma esclusivamente nei luoghi nei quali è presente un rapporto di fiducia con l’altro, e ad essere deluse (tradite) sono fiducia e aspettative. Per tradire è necessario prima “appartenere”. Là dove nella relazione di coppia si è instaurato un legame di fiducia profondo tanto più il tradimento sarà vissuto come grave.
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Succede che nella relazione di fiducia mettiamo allo scoperto qualcosa di noi che avevamo tenuto nascosto. Quindi quando veniamo traditi la ferita nasce dall’aver rivelato all’altro come siamo davvero. Non solo, quando si disvela un tradimento nella coppia il coniuge tradito viene travolto come da un uragano, si sente impotente, colto alla sprovvista.
Ma è proprio così? Possiamo davvero affermare che nessuna avvisaglia abbia segnalato il disagio nella coppia?
E’ importante riconoscere che, proprio perché vissuto nella relazione, il tradimento ha due protagonisti: il traditore e il tradito, figure che hanno collaborato entrambe alla rottura del patto.
Quando la coppia si forma le dimostrazioni di affetto tra i partners, le attenzioni, vanno a costituire il collante, il senso di appartenenza. Con il passare del tempo la situazione cambia e la coppia ormai consolidata allenta la trama del corteggiamento e può accadere che in questa fase possa insinuarsi il terzo.
Non è raro ascoltare le motivazioni di chi tradisce, solitamente riguardano il sentirsi trascurati, non visti, non ascoltati.
Capita a tutte le coppie?
Non necessariamente. Vi chiederete se è possibile prevenire un tradimento. Si. Affinché non si crei lo spazio per l’ingresso di un terzo nella coppia è necessario prendersi costantemente cura l’uno dell’altro e cura della relazione.
Esistono infatti fattori predittivi la lunga tenuta della relazione di coppia. Secondo una famosa terapeuta francese (A. Choukroun) sono sei le dimensioni di una relazione di coppia sana e durevole: rispetto, comunicazione, armonia sessuale, condivisione, progetti in comune, spazio del sogno.
In conclusione, creare una coppia, farla crescere e renderla solida e duratura nel tempo significa nutrirla giorno dopo giorno dell’amore per noi stessi e per l’altro, accogliendo limiti e risorse personali e relazionali alla ricerca di una costante e proficua crescita comune verso obiettivi sinceri e condivisi.
Buon lavoro dunque!