Valenza e Forum Fulvii Valentinum
VALENZA – Sin dall’epoca preistorica questo nostro luogo fu abitato senza soluzione di continuità. L’oscurità circonda però le vere origini di Valenza; forse fu una tribù staccata dei Bagienni (Liguri) verso il Po che trasse il nome di Vicani Iadatiti o Vactatini dall’abitare i Vici o Villaggi bagnati dal torrente Grana (Iactum è l’antico nome del corso d’acqua). Il luogo dei primi insediamenti fu la zona compresa tra le colline di Astigliano e il confine con Monte.
Durante l’Età del Ferro (900-300 a.C.) il posto pare fosse quasi una specie di emporio fluviale tra ovest ed est; si trovava anche sul percorso che collegava gli abitanti liguri verso il nord, un itinerario che partiva dal mercato etrusco di Genova. Una durevole produzione zonale di suppellettili si interruppe nel corso del V-IV secolo a. C., probabilmente per l’arrivo dei primi gruppi di Galli e per la crisi degli scambi con gli etruschi.
Secondo l’ipotesi oggi più accreditata il Forum Fulvii fu istituito alla fine del II secolo a.C. ad opera del console M. Fulvio Flacco, impegnato fra il 125 e il 123 a.C. in una campagna militare nel Monferrato contro le popolazioni di Salluvii e Vocontii.
Valenza (Valentia) è stata nel passato identificata con questo sito, ma ora è noto che esso si trovava invece nel villaggio di Villa del Foro (oggi un sobborgo di Alessandria) sulla grande strada consolare Fulvia. Nato quindi come forum (punto d’incontro per affari), inizialmente forse alla subordinazione di Dertona, Forum Fulvii fu assegnato alla Tribus Pollia che contava una parte notevole della regione piemontese.
Nel corso del I secolo a.C. avvenne la piena integrazione di Forum Fulvii nel sistema amministrativo romano attraverso un processo per gradi che ha visto l’acquisizione della cittadinanza latina nell’89 a.C, il conseguimento della cittadinanza romana nel 49 a.C. e infine la piena parificazione legale al resto dell’Italia. In seguito alla riforma di Augusto, introdotto all’interno della Regio IX Liguria, divenne municipium dotato di propria autonomia.
Caio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (in latino: Gaius Plinius Secundus), morto nell’anno 79 d.C. durante l’eruzione del Vesuvio, è stato scrittore, filosofo, naturalista, comandante militare e governatore provinciale romano. L’unica opera pervenutaci è il suo capolavoro, la Naturalis historia (Storia naturale, dal latino, propriamente “Osservazione della natura”), una vasta enciclopedia in 37 volumi che tratta di tutto e che riporta, tra i principali centri della IX Regio Augustea, il Forum Fulvii quod Valentinum. È un’opera che risente della fretta di un autore che annota tutto quanto va conoscendo ma dove non mancano informazioni inesatte e contraddizioni.
L’identificazione topografica e storica iniziale dell’antico Forum Fulvii Valentinum con l’attuale Valenza non ha però convinto gli studiosi più recenti che hanno invece indicato, come predetto, la frazione alessandrina di Villa del Foro, visto l’abbondante materiale archeologico lì rinvenuto. Ma già in passato si fece strada anche la tesi che vi fossero due municipia romani (che avevano lo scopo di facilitare la romanizzazione dei territori), uno a Villa del Foro ed uno a Valenza: due luoghi diversi sebbene vicini.
Oggetto di riflessione è una lapide funeraria romana murata nel Duomo di Valenza che nel passato aveva permesso di localizzare in Valenza il centro di Forum Fulvii quod Valentinum citato da Plinio. La lastra è dedicata dal figlio al padre, veterano della legione IX Hispaniensis ed alla madre, cui sarebbe stata pure accomunata l’iscrizione della famiglia alla tribù Pollia, mentre sulla lastra si legge con difficoltà la menzione della tribù Pomptina (la stessa a cui appartenevano i residenti di Dertona).
Un’altra rilevante testimonianza è nel parco di villa Gropella a Valenza dove è conservato un sarcofago romano di pietra (gneiss) privo di coperchio e con l’iscrizione che si può così tradurre :”A LUCIO CALUSIO MARCO, TRIBUNO DELLA PRIMA COORTE FLAVIA. SECONIA VERA AL FIGLIO CARISSIMO”. Impossibile la datazione “ad annum”, si può genericamente collocarlo tra il I e il II secolo d.C.
Ed ecco cosa scrive Plinio.
Nei pressi di Forum Fulvii Valentinum (forse il dipartimento o una dipendenza dell’antica Valentia), lungo le rive del fiume chiamato dai liguri Bodinco (fiume senza fondo), quotidianamente si recano numerose persone, le quali setacciano i bassi fondali alla ricerca di piccoli frammenti di oro, utilizzati poi per forgiare monili e oggetti decorativi. Lo scrittore latino non precisa purtroppo se tali manufatti venissero forgiati a Valentia, ma la cosa pare abbastanza probabile in considerazione che in Valentia vi erano numerosi laboratori artigianali, i quali si dedicavano alla fabbricazione di suppellettili ed attrezzi vari o alla realizzazione di oggetti voluttuari, come dotazioni per il trucco femminile, pettini, ecc. Altre botteghe manuali servivano per rifornire dell’equipaggiamento le truppe poste a difesa del Po, composte da circa un migliaio di fanti e due Turme (squadre di cavalleria leggera composte da militari professionisti). I narratori latini non ci hanno purtroppo tramandato dati inerenti la popolazione del Municipio valenzano, si ha comunque ragione di ritenere che essa fosse molto corposa.
Plinio racconta le faticate dei contadini che all’alba partivano dai luoghi d’origine per arrivare dopo ore di tragitto nei pressi del porto valenzano e qui attendevano lungamente per essere traghettati in quanto il traffico fra l’una e l’altra sponda era molto intenso. Circa i commerci è possibile sapere che le stoffe vendute a Forum Fulvii Valentinum pervenivano dal porto di Genova, luogo ove approdavano navi provenienti dalla parte meridionale della penisola e dalle coste africane. Un’informazione singolare si acquisisce nel paragrafo dedicato alla religione locale; Plinio asserisce che a Forum Fulvii era molto vivace il culto al Dio Urano (dio del cielo) e che ad esso venivano sacrificati animali, mentre accanto al tempio vi era l’uso di gettare monete in un pozzo (una Fontana di Trevi dell’epoca) e qualche volta nientemeno che gioielli, allo scopo di accattivarsi la celeste benevolenza: pur se le genti dell’era erano poco provvisti di misericordia.
La Tavola Alimentaria fatta redigere dall’imperatore Traiano verso il 100 d.C. conferma l’importanza di Valentia nel periodo. In questo documento (un’iscrizione bronzea) , che presenta uno spaccato dell’organizzazione agricola del territorio con pregiate indicazioni toponomastiche e onomastiche, viene più volte citato il Pago Valentino (si presume la zona di Valenza) e fra i 32 “pagi” compaiono i nomi: Aestinianum, Betunianum, Munatianum (forse Astiliano, Bedogno, Monasso). Il Pago è un territorio che comprende più vici o villaggi, possiede un proprio concilio “Converticole” e “un Magister pagi”.
Il fatto è che rimane comunque difficile trarre delle conclusioni indubbie. Presumibilmente intorno al I secolo d.C. il “Forum Fulvi quod Valentinum” era un territorio con status municipale compreso tra Vardacate (Casale) a nord, Hasta (Asti) ad ovest, Aquae Statiellae (Acqui) a sud e Dertona ad est. Ma nel periodo successivo ha acquisito sempre più importanza la zona presso il Po in cui era ed è ora situata Valenza a discapito degli antichi centri della via Fulvia.