Personaggi valenzani: Giovan Battista Comolli
Il più grande e famoso artista cittadino
VALENZA – Il più grande e famoso artista valenzano è sicuramente Giovan Battista Comolli, gloria e vanto di questa nostra città. È certo che fu uno tra i più noti scultori italiani del periodo napoleonico. Grande amico dei più illustri personaggi dell’epoca, ha troppo spesso, per sua sventura, associato la politica all’esercizio delle belle arti cavalcando un certo radicalismo, e ne è stato quasi sempre la virtuosa vittima. Incapace di slegare il ruolo dell’artista da quello del contestatario, di separare la professione dalla fede politica, ha dovuto trasferirsi frequentemente passando per Roma, Torino, Grenoble, Parigi, Carrara, Londra e Milano. È stato uno schietto fiancheggiatore dei francesi fino alla caduta di Napoleone; durante la Restaurazione ha partecipato ai moti del 1821, sperimentandone la dura repressione. Incarcerato, è infine stato costretto dalle necessità della vita ad ossequiare i padroni austriaci.
Nasce a Valenza da Giovanni Comolli e Giuseppina Frasca (Trasti) il 19 febbraio 1775. Giovanissimo, in data imprecisata, si trasferisce a Roma dove già risiede Angelo Comolli, letterato ed erudito d’arte che pare fosse suo zio. Studia subendo l’influsso di Antonio Canova ma non è provato che sia stato suo allievo.
Nel 1798 alla caduta della Repubblica Romana subisce, quale sospetto giacobino, la devastazione della sua bottega; ripara in Francia a Grenoble sede del governo piemontese in esilio e vivace centro dell’emigrazione politica italiana. Qui, iscritto per breve tempo alla massoneria, il 24 giugno 1800 è eletto membro del Lycée de Science et des Arts di Grenoble, lavorando anche a Parigi e a Londra. Cessata l’occupazione austro-russa, il governo piemontese lo nomina scultore nazionale (26 agosto 1800) e poi professore universitario dell’Ateneo-Accademia torinese. I primi anni dell’Ottocento sono centrali per la sua affermazione professionale.
Un ritratto di Napoleone in gesso è offerto all’ateneo di Torino nel 1808; tra il 1809 e il 1812 il busto viene replicato in una serie di varianti segnalate a Casale Monferrato, ad Alessandria, a Genova, a Piacenza (Musei civici), a Milano (Museo del Risorgimento) e nel municipio di Valenza (sala consigliare) per dono della famiglia De Cardenas.
Dopo la fine del Regno Italico, con la Restaurazione e dando egli fastidio al potere, nel 1814 perde l’incarico di professore all’ateneo e subisce il crollo delle commesse; si trasferisce in Inghilterra dove rimane con la famiglia dal 1816 al luglio 1820.
Torna in Italia e si stabilisce a Milano; sfruttando le molte conoscenze maturate a Londra si inserisce negli ambienti dell’aristocrazia liberale milanese frequentata dall’amico, massone e cospiratore, conte Federico Confalonieri.
Tra agosto e ottobre 1820, durante il rientro definitivo in Italia, realizza quattro successivi passaggi in Piemonte che verranno criminalizzati al processo del 1822. In questi transiti ritorna anche nella sua città natale, soprattutto per incontrare i suoi amici Lorenzo e Francesco De Cardenas (conte, sindaco di Valenza nel 1813), indaffarati per organizzare a Valenza una scuola di mutuo insegnamento, parallela a quelle sorrette dal Confalonieri.
Implicato nel clima milanese di generale scontento verso l’Austria, si lascia trascinare dal desiderio di coltivare i suoi rapporti con quelli che erano allora i membri più energici e attivi della nobiltà lombarda (i cantori del salotto buono senza radicamento sociale, che tra i tanti obiettivi reazionari non hanno ancora la democrazia) e, il 3 aprile 1822, viene arrestato per alto tradimento, soprattutto per maldestre dichiarazioni del Confalonieri che lo coinvolgono nei fatti del 1821. Gli vengono formulate specifiche accuse di aver ospitato nel suo studio le prime riunioni dei federati, e di aver fatto da tramite tra il colonnello Perrone di San Martino e il Confalonieri per messaggi segreti di Carlo Alberto.
Ma dopo 18 mesi di fermo e il carcere, riesce ad ottenere la sospensione del processo per scarsità di prove concrete. La decisione del Supremo Tribunale di Giustizia è però dubitativa e non interamente assolutoria.
Uscito di galera e in difficoltà economiche si dedica pienamente al suo lavoro, accrescendo la sua fama che è già enorme; infine, per il solito eterno compromesso, è obbligato dalle contingenze a genuflettersi agli imperanti austriaci capovolgendo tutti i suoi ideali, forse pure con la maschera dell’insincerità. Tra le opere del periodo fra il 1825-1827 segnaliamo un ritratto del Metternich e i busti dell’Imperatore Francesco.
Nel 1829 produce un busto in gesso pressato raffigurante l’amico valenzano Francesco De Cardenas e un altro gesso rappresentante la Città di Valenza, conservati nei locali del Comune stesso. Sempre a Valenza realizza nel duomo le statue laterali al monumentale altare della Madonna del Rosario e stucchi nelle cappelle del Carmine e dell’Ascensione. Muore a Milano il 26 dicembre 1831 lasciando la vedova Giuseppa Susanni e cinque figli (Amalia, Maria, Clelia, Emilio e Giuseppe).
Comolli è considerato uno tra i più efficaci artisti “dei tempi nuovi”, un artista di vigorosa intelligenza che ha saputo raffigurare le fisionomie degli originali, trasmettendo i segni della dignità e del decoro. Nei suoi tanti busti egli “esprime l’immagine dell’animo” e “il carattere stesso del personaggio”.
Tra le opere più importanti ci sono i molti busti di Napoleone e quelli celebrativi di Eugenio di Beauharnais a Versailles, di Chaptal a Montpellier, di Vincenzo Monti e dell’Abate Casti a Milano. Quindi le opere a Villa Melzi di Bellagio sul Lago di Como con lo splendido gruppo di Dante e Beatrice, la pregevole statua della Pace a memoria del trattato di Campoformio. Valenza gli ha dedicato una via e la vecchia scuola di Avviamento Professionale.