‘Profondo Nord’ a Valenza
Un nuovo approfondimento storico del professor Maggiora
VALENZA – All’indomani delle elezioni comunali del 12 maggio 1991, più temute che attese, Valenza sale alla ribalta dei più importanti quotidiani nazionali che commentano la travolgente affermazione della Lega: 23.5%. Il neonato PDS ex PCI subisce una sberla perdendo 4 seggi (28,85%), la consueta DC contiene la perdita ad un seggio (26,99%), il “modernista” Polo Laico Socialista esce con le ossa rotte (ha perso per strada un terzo della sua forza, da 6 a 4 seggi, 13,91%).
Conseguentemente, dopo un raffinato lavoro di tessitura di alta scuola democristiana, il 3 luglio 1991 viene ufficializzata un’alleanza innaturale (per i tempi) tra ex comunisti e democristiani. Per i primi due anni e mezzo sarà eletto sindaco Mario Manenti (il primo sindaco democristiano della città) che scadrà tipo yogurt e verrà sostituito nell’incarico da Germano Tosetti, vice sindaco e assessore al bilancio nel primo periodo. Un caso che farà scuola, per capire il realismo e il pragmatismo della politica futura.
Valenza è una città di quasi 22 mila abitanti e con circa un migliaio di aziende orafe artigiane. La popolazione attiva (censimento 1991) è così ripartita: occupati 5.515 maschi e 3.106 femmine, disoccupati 338 maschi e 180 femmine, in cerca di occupazione 271 maschi e 284 femmine, totale 9.694. Una media tra le più alte del Paese.
Grazie a questo momento di concordia politica sembra sia nata per la gestione del Comune un’unità magica, una diade propizia all’intensificazione massima della sovranità ma, il 12 novembre 1991, il talk-show televisivo “Profondo Nord” scompagina letteralmente la vita della città dell’oro, creando un cataclisma capace di trascinare la situazione politica e commerciale, con involuzioni e reazioni incontrollate, lesive per la dignità di questa città. Una vicenda sconcertante e devastante che nessuno ricorderà volentieri.
La trasmissione, in onda da Valenza, mette in mostra quanto sia presente l’evasione fiscale nell’oreficeria valenzana.
Si sostiene che gli orafi dovrebbero pagare le tasse come le altre imprese, ma alcuni di questi hanno la sfrontatezza di indignarsi davanti al Paese che li osserva dallo schermo, contro ogni evidenza dimostrata e con alcune gaffe prive di scusante. Anche gli interventi e le perifrasi di alcuni importanti personaggi locali, ben provocati dal conduttore della trasmissione Gad Lerner (celebri le telefonate ai banchi metalli per conoscere la quotazione giornaliera dell’oro, sia ufficiale che “in nero”), danno un’immagine negativa della città e scatenano devastanti polemiche.
Dice Lerner in trasmissione: a Valenza l’evasione è “interclassista”, evadono gli imprenditori ed evadono i dipendenti. Un altro momento ad effetto è quando viene srotolato un tabulato con i nomi di oltre 300 presunti evasori valenzani o quando il segretario della Cgil Fausto Bertinotti chiede che gli artigiani, orafi compresi, liquidino le tasse in base al reddito dichiarato dai loro dipendenti.
I protagonisti politici ed economici valenzani ci sono tutti; in seguito farfuglieranno imbarazzate prese di distanza abbandonando la difesa ad oltranza di una purezza fiscale. Sembra il preannuncio macabro dell’abisso, da alcuni inseguito con forsennata voluttà e consumato dall’alto della propria presunzione. Per evitare di farsi ridere dietro si è scelto di farsi ridere davanti. Un danno di immagine memorabile.
Si crea anche una disgregazione tra le forze politiche e compagnia litigante, con pericolose collisioni personali e non pochi periclitanti. Il 29 novembre 1991 la trasmissione “Profondo Nord”, ormai celeberrima, approda in Consiglio comunale, in seduta pubblica con toni accesi da Ok Corral. Imputato numero uno, Gad Lerner a parte, il ruspante consigliere PDS Gatti, reo di aver sostenuto davanti ai riflettori di Rai 3, che la maggior parte dell’oro circolante a Valenza è “in nero” (in un mondo fallace, essere sinceri è diventato qualcosa di eccezionale). Le accuse non risparmiano neanche il navigato sindaco Manenti per aver accettato la trasmissione. Le premesse che finisca in caciara ci sono tutte; apprezzati esponenti dell’imprenditoria locale presenti e qualche scodinzolante cantore, con sprezzo della dignità, affermano persino che per gli orafi valenzani è quasi impossibile evadere. Uno sproposito, da restare agli atti e pervenire ai posteri. Un pizzico di pudore sarebbe stato gradito anche negli imbarazzanti interventi fatti in trasmissione. Sembra di essere a “scherzi a parte”, invece c’è poco da scherzare. Valenza è una città dal benessere conquistato che sembra aver smarrito la strada dei doveri, anche se il tema rimbalza da anni e non solo per questa città.
In un sondaggio su 500 intervistati, svolto dal quotidiano “La Stampa” nei giorni seguenti la trasmissione, 4 su 10 affermano che solo pochissime aziende sono interessate al mercato di oro “in nero”, il 50% ritiene che le polemiche incideranno poco sull’immagine del “prodotto Valenza” e 3 su 10 che i rappresentanti orafi hanno gestito male l’immagine della città. Ma probabilmente un sistema produttivo così spezzettato e disordinato come quello di Valenza non sarebbe sopravvissuto per così tanto tempo senza evadere il fisco.