Le parti comuni? Occorre fare chiarezza
L’elencazione contenuta nella legge può essere derogata dalle clausole riportate nell’atto di acquisto (può ad esempio verificarsi che il cortile rimanga di proprietà di un singolo condomino). L’atto di acquisto è un documento di grande importanza perchè è “il titolo” della proprietà di ciascun condomino ed al quale, ancor più che al regolamento condominiale, occorre fare riferimento per chiarire casi dubbi che a volte si verificano nei fabbricati di vecchia costruzione edificati in modo meno geometrico di quelli recenti, quando l’istituto del Condominio ancora non era nato o muoveva i primi passi.
A questo punto viene spontanea la domanda in quale misura ciascun condomino è proprietario delle parti comuni. La risposta è semplice. La proprietà di ciascuno si calcola in proporzione al valore dell’unità o delle unità immobiliari di cui è proprietario. Nasce così la tabella millesimale di proprietà la quale altro non è che uno specchietto in cui sono elencate le unità immobiliari di proprietà dei singoli condomini attribuendo a ciascuna un valore proporzionale rapportato a mille, vale a dire considerando pari a mille il valore complessivo dell’edificio. Non si tratta di una tabella riferita al valore economico delle unità immobiliari, ma soltanto di un prospetto ideato per la ripartizione delle spese che l’uso delle parti comuni comporta, come chiarito dalla Magistratura, ma questo argomento verrà affrontato più diffusamente in seguito.
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Si può affermare che in linea di massima non è consentito né al singolo e neppure all’assemblea dei condomini di modificare l’uso delle parti comuni che in sostanza deve rimanere immutato. È tuttavia prevista in circostanze che si possono definire eccezionali una deroga a favore dell’assemblea da convocarsi con specifiche modalità assumendo una deliberazione che richiede una maggioranza elevatissima. Deve essere sfatata l’opinione diffusa che il singolo condomino non possa in nessun caso utilizzare in modo più intenso le cose comuni (ad esempio aprire una finestra nel muro perimetrale o ampliare quella già esistente ecc.) e che l’assemblea sia libera di decidere se acconsentire o meno. In realtà si tratta di un diritto riconosciuto dalla legge al singolo condomino, ma a condizione che si tratti di un utilizzo che non impedisca agli altri componenti di esercitare il proprio diritto di servirsi adeguatamente della cosa comune, senza alterare la sua destinazione ed in particolare il decoro architettonico del fabbricato, elemento quest’ultimo che in tutto l’istituto condominiale è stato tenuto nella massima considerazione. Si raccomanda tuttavia che si tratta di un discorso delicato come si verifica ogni volta che il diritto di un singolo soggetto si trova a concorrere col parallelo diritto di altri ed occorre in ogni caso preavvisare l’amministratore manifestandogli la propria intenzione.
È essenziale avere presente che nessun condomino può rinunciare alla propria quota di proprietà sulle parti comuni, in tal modo sottraendosi al proprio obbligo non rinunciabile di contribuire al pagamento delle spese secondo la sua quota di proprietà, così come non è consentito a nessuno di appropriarsi o di usare in esclusiva, nemmeno in parte, una cosa comune recintando, per fare un esempio, una parte di pianerottolo o di cortile.
In tutti questi casi occorre non una deliberazione assunta a maggioranza ma il consenso scritto di tutti gli altri condomini, cosa che come tutti sappiamo è molto difficile da ottenere.