Berlinale 2021: Orso d’Oro a “Bad Luck Banging or Loony Porn”
CINEMA – Una programmazione interamente on line ha caratterizzato la 71esima edizione del Festival del Cinema di Berlino, quest’anno suddiviso in due fasi: la prima – dall’1 al 5 marzo – ha visto la proiezione su piattaforma digitale delle pellicole in concorso, riservata ai professionisti del settore e agli accreditati stampa, con la proclamazione dei vincitori; la seconda, denominata ‘Summer Special’ – dal 9 al 20 giugno – compatibilmente con le necessità dettate dall’emergenza sanitaria
proporrà al pubblico di dieci sale cittadine i film della Berlinale, insieme alla consegna dei premi.
La giuria di Berlino 2021 è composta da sei registi vincitori dell’Orso d’Oro nelle trascorse edizioni: si tratta dell’italiano Gianfranco Rosi (“ Fuocoammare ”, 2016), dell’iraniano Mohammad Rasoulof (“Il male non esiste”, 2020), dell’israeliano Nadav Lapid (“Synonymes”, 2019), della romena Adina Pintilie (“Ognuno ha diritto ad amare – Touch Me Not”, 2018), dell’ungherese Ildikó Enyedi (“Corpo e anima”, 2017) e della bosniaca Jasmila Žbanić (“Il segreto di Esma”, 2006).
L’Orso d’Oro è stato attribuito al regista romeno Radu Jude, per il suo controverso, grottesco e politicamente scorretto “Babardeală cu bucluc sau porno balamuc” (“Bad Luck Banging or Loony Porn”), sul tema dissacrante di un erotismo di coppia filmato che, invece di rimanere prerogativa dei soli protagonisti, si diffonde in rete, diventando virale.
La storia – ambientata a Bucarest in tempo di pandemia – è quella di Emi, insegnante di storia, e di suo marito, il cui video a luci rosse finisce inaspettatamente su di un sito internet per adulti, dilagando, poi, sui social. Una pellicola provocatoria, beffarda, suddivisa in tre parti (e molto frammentata anche a livello di linguaggio filmico), che nel secondo atto si allarga al racconto del passato sotto dittatura della Romania. «Sapevo di casi simili nella stampa locale, e anche in altri paesi, come ad esempio la Spagna e la Croazia», ha dichiarato dopo la vittoria Radu Jude. Ma l’ispirazione vera e propria è nata da dibattiti accesi con amici su questi temi. Non volevo fare un film moralista, con un giudizio secco. Alla fine del primo lockdown abbiamo dovuto decidere se finire il film il più in fretta possibile, oppure aspettare la fine della pandemia, che poi non è arrivata. Sono contento che si sia scelta la prima opzione».
«È un film realizzato con arte ed è allo stesso tempo divertente, intelligente e infantile, geometrico e vivido, nonché impreciso nel modo migliore. Aggredisce il pubblico, genera contraddizione e tuttav a non permette a nessuno di mantenere la distanza di sicurezza», ha motivato la giuria. «Un film che ha la rara ed essenziale qualità di un’opera d’arte duratura. Esso cattura sullo schermo il reale contenuto e l’essenza; lo spirito e il corpo, i valori e la carne nuda del nostro presente; proprio di questo momento dell’esistenza umana. E lo fa provocando lo spirito del nostro tempo, schiaffeggiandolo, sfidandolo a duello. E con ciò, sfida anche il momento del presente del cinema, scuotendo, con il movimento di cinepresa stesso, le nostre convenzioni sociale e filmiche. È un film abilmente realizzato ma nel contempo è sfrenato, intelligente e infantile, geometrico e vibrante, impreciso nel senso migliore. Cattura lo spettatore, provoca disaccordo, ma non consente a nessuno di tenersi a distanza di sicurezza».
L’Orso d’Argento per la miglior interpretazione da protagonista è andato, invece, all’attrice Maren Eggert in “Ich bin dein Mensch” (“I’m Your Man”) di Maria Schrader. Per la prima volta il premio è ‘gender-neutral’, con l’eliminazione delle categorie miglior attrice e migliore attore.
La pellicola racconta la storia d’amore di due berlinesi trentenni: Alma (Maren Eggert), studiosa di arte sumera, e Tom (Dan Stevens), un uomo colto, elegante, comprensivo e disponibile. Nulla di strano in questa relazione, se non per il fatto che Tom è una macchina dalle fattezze umane, assegnata ad Alma nell’ambito di un programma finalizzato alla sperimentazione di “prodotti” per single.
Il film si interroga incessantemente, tra inquietudine e ironia, sulle possibilità e sui limiti di un rapporto così surreale, apparentemente destinato al fallimento. Eppure – sostiene Alma – «quello che ci rende felici non è la perfezione, bensì la fantasia, la continua ricerca della felicità. È questo che ci rende umani».
Il premio all’interpretazione di Maren Eggert è stato così motivato: «La sua presenza ci ha resi curiosi. La sua charme ci ha resi empatici. E la sua tavolozza di doti recitative ci consente di sentire, ridere e fare domande. Con sicurezza ha dato vita a un copione eccellente, supportata da meravigliosi colleghe e colleghi e dalla regista, ha creato un personaggio memorabile nel quale possiamo identificarci e che ci porta a riflettere sul nostro presente e sul nostro futuro, sulle nostre relazioni e su ciò che veramente vogliamo nella vita».
La giuria internazionale ha poi premiato con l’Orso d’Argento Gran Premio della Giuria “Guzen to sozo” (“Wheel of Fortune and Fantasy”) di Ryusuke Hamaguchi, mentre l’Orso d’Argento Premio della Giuria è andato a “Herr Bachmann und seine Klasse” (“Mr Bachmann and His Class”) di Maria Speth; il Premio per la miglior Regia ha laureato Dénes Nagy per “Természetes fény” (“Natural Light”) e l’ Orso d’Argento per la migliore interpretazione da non protagonista Lilla Kizlinger in “Rengeteg – mindenhol látlak” (“Forest – I See You Everywhere”) di Bence Fliegauf. Infine, l’Orso d’Argento per la miglior sceneggiatura è andato a Hong Sangsoo per “Inteurodeoksyeon” (“Introduction”) dello stesso Sangsoo e l’Orso d’Argento per il iglior contributo artistico a Yibrán Asuad per il montaggio di “Una película de policías” (“A Cop Movie”) di Alonso Ruizpalacios.