Anno 2020: una pandemia può indirizzarci verso un certo tipo di alimentazione?
L’anno passato e quello in corso sono stati caratterizzati da un evento che nessuno di noi si sarebbe mai immaginato di dover affrontare: un virus chiamato SARS-CoV-2 ha presentato scenari degni di un film, con malati che esibiscono problemi respiratori e, meno frequentemente gastrointestinali. Purtroppo, le cure sono praticamente inesistenti e l’unico modo che abbiamo per difenderci è un sistema immunitario forte e responsivo che esiste proprio per proteggerci da agenti infettivi nocivi, mettendo in atto risposte articolate e complesse, ad opera di diversi tipi di cellule e di molecole.
Ma, per supportare questo carico di lavoro, l’organismo richiede un’aumentata disponibilità di acidi grassi e aminoacidi, derivanti dai grassi e dalle proteine dalla dieta, con cui costruisce molecole implicate nella risposta immunitaria come ad esempio le immunoglobuline, cioè gli anticorpi. Inoltre, molto spesso queste reazioni di sintesi hanno bisogno di cofattori minerali o vitaminici, aumentandone quindi il fabbisogno. Ad esempio, alcune cellule del sistema immunitario lavorano contrastando gli agenti infettivi con la produzione di molecole ossidanti, da cui però le stesse cellule del nostro organismo devono difendersi. Ecco allora aumentare la richiesta di vitamine ad azione antiossidante quali la vitamina C e la vitamina E e di minerali che cooperano con enzimi antiossidanti (manganese, rame, zinco e selenio). In sostanza, quindi, la buona nutrizione crea un ambiente nel quale il sistema immunitario riesce a rispondere in maniera appropriata, mentre carenze nutrizionali o sbilanciamenti nell’assunzione ne riducono l’efficacia, come è noto accada in quei pazienti malnutriti, immunodepressi e quindi più predisposti verso lo sviluppo di infezioni. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), che fra l’altro autorizza sulle etichette alimentari frasi del tipo “mantenimento delle funzioni del sistema immunitario”, sottolinea proprio l’importanza a questo scopo di vitamina A, B6, B12, C, D e di elementi in traccia quali zinco, rame e selenio.
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La vitamina A è nota, infatti, per promuovere lo sviluppo degli epiteli e quindi della cute (prima linea di difesa contro insulti infettivi esterni) e per promuovere differenti aspetti della funzione immunitaria, oltre che proteggere l’organismo da disturbi respiratori e diarrea. Le vitamine del gruppo B da parte loro, agendo come cofattori di diversi enzimi, interagiscono con processi basilari nella difesa dell’organismo e la vitamina C di agrumi, kiwi, peperoni, protegge anch’essa gli epiteli, soprattutto il tratto respiratorio superiore, diminuendo la durata e la gravità di infezioni, cosa molto nota alle mamme che somministrano ai bambini, nella stagione fredda, spremute di arance in quantità. Azioni simili sono state dimostrate per la vitamina D. Per quanto riguarda invece i minerali è noto che lo zinco ha un’azione variegata sul sistema immunitario, tanto che un cattivo assorbimento di questo minerale predispone a più facili infezioni da parte di agenti batterici, virali e fungini, così come il selenio sembra migliorare molti aspetti nelle reazioni contro agenti infettivi.
Un effetto noto, collegato all’infezione da SARS-CoV-2 e spesso responsabile di un esito nefasto è la “tempesta di citochine”, in cui l’organismo è portato verso una reazione infiammatoria eccessiva facendo sì che la battaglia fra ospite e virus diventi veramente dura, con sviluppo della sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) ad esito spesso fatale. Al di là del considerarla una terapia, da un punto di vista strettamente nutrizionale, potremmo dire che l’assunzione di acidi grassi ω-3 e in particolare EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico), grazie alla loro funzione antinfiammatoria, potrebbero cercare di limitare la produzione di molecole pro-infiammatorie e di citochine. Sono stati valutati casi clinici di ARDS con somministrazione di alte dosi di EPA e DHA e quello che si è osservato è stato un miglioramento nei parametri infiammatori e respiratori e un miglioramento per quanto riguarda la durata del ricovero in terapia intensiva, anche se al momento questo non può certo essere considerato un approccio terapeutico nell’infezione COVID-19.
In conclusione, possiamo però dire che una dieta bilanciata, in cui si abbia cura di assumere determinate vitamine e minerali in quantità adeguate rende il nostro sistema immunitario “forte” e lo supporta su vari fronti nel contrastare fenomeni indotti da agenti infettivi esterni, così come l’assunzione di nutrienti che contrastano processi infiammatori può coadiuvare nel mantenimento dell’integrità dell’organismo.
*Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica
Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
valeria.magnelli@uniupo.it