“L’ultimo bacio” compie 20 anni
Muccino si qualifica come narratore per eccellenza del disorientamento giovanile, associato agli ideali sfuggenti e al desiderio di libertà
CINEMA – “L’ultimo bacio”, il terzo e fortunatissimo lungometraggio di Gabriele Muccino (ricompensato da cinque David di Donatello, tre Nastri d’Argento e altrettanti Ciak d’Oro, oltre che dal Premio del pubblico al Sundance Film Festival di Robert Redford) compie vent’anni: uscito nelle sale italiane il 2 febbraio 2001, è rimasto per sei mesi in programmazione come campione d’incassi, regalando al suo autore la notorietà internazionale e spalancandogli le porte dorate di Hollywood: in occasione del ventennale, viene riproposto questa sera – 6 febbraio – in prima serata su Rai Tre.
Notato dal divo Will Smith proprio grazie a “L’ultimo bacio”, Muccino ha avuto la possibilità di girare in America – tra il 2006 e il 2015 – tre film, i primi due di maggior impatto e successo: “La ricerca della felicità”, “Sette anime” e “Padri e figlie”.
A prescindere dall’esperienza americana, tuttavia, il regista romano resta – proprio a partire da “L’ultimo bacio”, nel sequel “Baciami ancora” (2010) come nei successivi “L’estate addosso” (2016), “A casa tutti bene” (2018) e “Gli anni più belli” (2020) – il cantore transgenerazionale di una condizione umana fragile, perennemente in bilico tra autoesaltazione e sconfitta.
Debitore, nello stile, un po’ a Malick, un po’a Linklater (specie quello di “Tutti vogliono Qualcosa”), Muccino si qualifica come narratore per eccellenza del disorientamento giovanile, associato agli ideali sfuggenti e al desiderio di libertà.
I temi che più gli stanno a cuore (particolarmente evidenti ne “L’ultimo bacio”) sono quelli dell’incomunicabilità fra gli individui, della crisi dei rapporti amorosi, dell’ansia di capire finalmente chi si è e dove si va: vent’anni fa Muccino inizia a comporre il ritratto di una generazione, quella dei trentenni di allora (i cinquantenni di oggi, nostalgicamente raccontati in “Gli anni più belli”), complicata, più aderente ai sogni che agli ideali; la prima a fare le spese di cambiamenti sociali e di costume che non ha avuto modo di conoscere nel loro originarsi.
Tra dialoghi animati, “sussurri e grida”, urla e strepiti, Muccino immerge gli spettatori nel cuore di una storia controversa, intessuta di alti e bassi emotivi, sentimentali, esistenziali: irrisolta, come irrisolti sembrano essere i protagonisti – da Carlo (Stefano Accorsi) a Giulia (Giovanna Mezzogiorno), da Adriano (Giorgio Pasotti) a Marco (Pierfrancesco Favino) e Paolo (Claudio Santamaria) – già irrigiditi dentro le loro solitudini, manie, malesseri, ambizioni frustrate, quotidiani egoismi. Sempre in procinto di fare i conti con la realtà, interiore ed esterna. L’unica via, in fin dei conti – ma impiegheranno circa vent’anni ad accorgersene – per edificare il futuro.
«Se me l’aspettavo? No, assolutamente no. Fu tutto totalmente inatteso. Uno tsunami che mi travolse», ricorda Gabriele Muccino, intervistato per il sito www.hotcorn.it. «[…] poco dopo cambiò tutto: “L’ultimo bacio” arriva a sette mesi dall’11 settembre, una data che modifica poi la nostra concezione di futuro. La fame di cambiare vita e di cogliere l’ultima possibilità prima di diventare vecchi – come nel film vogliono fare Carlo, Adriano e gli altri – viene sostituita dal terrore del kamikaze che si fa esplodere su un aereo o in metropolitana. Improvvisamente quel viaggio di fuga non sarebbe più stato più un sogno, ma un incubo. Dopo quella data, il nostro futuro non è più stato così leggero e infinito come volevamo, anzi, è diventato sempre peggio, dal terrorismo fino alla pandemia».
Secondo il regista i giovani protagonisti del film – tra l’altro interpretati da una nuova leva di attori che nel tempo avrebbe costituito la punta di diamante del cinema italiano – «[…] non erano eroi, non erano intellettuali, anzi: Carlo e gli altri erano figli di un dio minore, come lo è la mia generazione. Siamo una generazione di ragazzi nati all’ombra di quelli che avevano la verità in mano, di quelli che ideologicamente sapevano tutto. L’arroganza intellettuale degli anni Settanta ha fatto molti danni e per questo diede fastidio mettere in scena ragazzi che non erano intellettuali e riconoscevano il fatto di non esserlo. Ma se pensiamo al populismo venuto poi, era solo un’anticipazione di quello che sarebbe successo».
“L’ultimo bacio”
Regia: Gabriele Muccino
Origine: Italia, 2001, 115’
Cast: Stefano Accorsi, Giovanna Mezzogiorno, Stefania Sandrelli, Sabrina Impacciatore, Pierfrancesco Favino, Martina Stella, Claudio Santamaria, Sergio Castellitto, Giorgio Pasotti
Soggetto: Gabriele Muccino
Sceneggiatura: Gabriele Muccino
Fotografia: Marcello Montarsi
Musiche: Paolo Buonvino
Montaggio: Claudio Di Mauro
Scenografia: Eugenia F. di Napoli
Costumi: Nicoletta Ercole
Effetti: Paolo Ricci
Produzione: Domenico Procacci per Fandango
Distribuzione: Medusa