Renzo Penna: “Teatro Comunale, vanificato gran parte dell’impegno per recuperarlo”
"È urgente mettere in sicurezza gli archivi, il ‘fondo Guazzotti’, i manifesti della storia del Teatro, della scuola di recitazione i ‘Pochi’. Per evitare la fine tutt’ora inspiegabile del ‘fondo Ferrero’"
Vi proponiamo l’intervento di Renzo Penna, attualmente presidente di “Città Futura”, già dirigente sindacale della Cgil, deputato e assessore provinciale all’Ambiente
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Ancora una volta il cambio tra le amministrazioni chiamate a governare il Comune di Alessandria, nel voler mettere in discussione le scelte operate e gli impegni presi dalla vecchia compagine, finisce per arrecare danni alla città. Anche perché, volente o nolente, i lavori di una nuova giunta, almeno nei primi anni, risultano condizionati dagli atti che in precedenza sono stati assunti e deliberati dalla struttura politica e amministrativa dell’Ente. Per fare solo un esempio i lavori di ristrutturazione del palazzo comunale, attualmente in fase di avanzata realizzazione, erano stati previsti e decisi dalla precedente amministrazione.
Era già successo nel 2007 quando, chi era prevalso nella competizione elettorale, volle stravolgere il sistema di raccolta dei rifiuti urbani che, con il “porta a porta”, stava registrando ottimi risultati, sia nella percentuale che nella qualità della differenziata, con una forte riduzione dei rifiuti indifferenziati da destinare alla discarica. Una decisione, oggi, da tutti ritenuta sbagliata che ha finito con il causare il fallimento dell’azienda di raccolta (Amiu) e portato ad avere, tutt’ora, la città con il sistema di raccolta e gestione dei rifiuti considerato il peggiore della regione.
Ciò è nuovamente accaduto nel 2017 quando i nuovi amministratori hanno ritenuto che la cura e l’attenzione dei confronti del Teatro Comunale, agibile e in parte riattivato dalla giunta di Rita Rossa, non fosse tra le loro priorità. Un teatro, ricordo, inquinato da amianto nel mese di settembre 2010, rimasto chiuso al pubblico per oltre cinque anni e ritornato bonificato ai cittadini di Alessandria nel gennaio 2016. Una bonifica la cui fase decisiva, come presidente della commissione comunale di Cultura, ho avuto il privilegio di seguire direttamente dall’aprile del 2013 sino alla sua positiva conclusione.
All’inizio la situazione era di forte tensione: la Regione Piemonte reclamava la liquidazione della Fondazione del Teatro, i lavoratori erano in cassa integrazione e la bonifica era ferma. Per rimetterla in funzione sono stati fondamentali alcuni elementi: la determinazione della giunta, l’impegno dei lavoratori del teatro – tre dei quali con un ruolo nella stessa bonifica – il sostegno da parte della Fondazione Cassa di Risparmio delle spese per le analisi e lo smaltimento dei materiali e le capacità di relazione della direttrice di Aspal, la società proprietaria dell’immobile. Messo da parte il secondo e più complesso cantiere – quello della sala grande e delle gallerie – si decise di affrontare la bonifica delle sale Ferrero, Zandrino e Foà, rispettando il protocollo che prevedeva a carico della ditta “Switch 1988” l’onere dei soli lavori. Mentre la loro direzione continuava ad essere affidata alla “3ì Engineering”. Dal punto di vista politico e delle relazioni con il sindacato è risultata decisiva, sul finire del 2013, la decisione della maggioranza di favorire la mobilità dei lavoratori del Teatro verso Amag, inizialmente a tempo parziale e, in seguito, a tempo pieno.
Per superare una impasse nella quale si era incagliata la bonifica è stato necessario, nella primavera del 2014, sacrificare le poltrone della sala Ferrero. Le azioni di battitura e aspirazione delle prime file delle poltrone avevano raggiunto risultati apprezzabili, ma rimanevano le riserve dei responsabili dello Spresal. Si è così optato per la loro sostituzione, convenendo con i tecnici del Servizio che era giusto offrire tutte le garanzie per un locale che doveva tornare ad essere frequentato con assoluta fiducia dai cittadini. A tale proposito preciso che il Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro dell’Asl provinciale pose sin dall’inizio due condizioni alla bonifica: una fibra litro la concentrazione di amianto da non superare – secondo l’indirizzo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, più rigorosa della legge nazionale che ne prevede due – e il rilascio del teatro non per parti separate, ma nella sua globalità e solo al termine dell’intera bonifica.
Il 19 maggio 2014 veniva certificata la bonifica della sala Ferrero e dopo tre anni e mezzo dalla chiusura i componenti la Commissione, gli amministratori e i giornalisti potevano entrare in questa parte del teatro senza l’obbligo di indossare speciali tute.
Il terzo cantiere, quello del grande palcoscenico e dei locali adiacenti, non ha incontrato problematiche particolari e ne è stata riconosciuta la bonifica il 12 gennaio 2015. Nel frattempo con la direzione dei lavori e lo Spresal le numerose complicazioni presenti nella sala grande venivano superate decidendo di isolare il plenum della sala dai locali sottostanti, chiusi ermeticamente, e di smantellare la volta in legno. Lavori impegnativi, anche per le presenti condizioni ambientali, proseguiti con la messa in opera di un ponteggio che ha occupato l’intero spazio della sala e consentito, in sicurezza, la bonifica e la pulizia di tutto ciò che si trovava nella parte alta del teatro, a 25 metri d’altezza. Il rilascio dell’ultimo cantiere e dei locali del laboratorio e delle luci di scena è stato definito il 3 dicembre 2015. Le analisi e il monitoraggio, effettuato dal Polo amianto dell’Arpa Piemonte ha riscontrato concentrazioni di fibre inferiori a 0,3 fibre-litro. Un risultato comunicato dallo Spresal il 26 gennaio 2016 e che, da solo, certifica l’ottimo lavoro fatto. Dopo di allora, per oltre un anno e sino alla fine della consigliatura, il foyer, le sale attrezzate e finanche lo spazio della sala grande sono tornate disponibili e impegnate in diverse iniziative e attività teatrali.
Ho ricostruito per sommi capi il percorso della bonifica, durata due anni e mezzo, e la ripresa di attività del Teatro perché il sostanziale abbandono della struttura, non più soggetta a manutenzione e alla presenza assidua di addetti, decisa dall’amministrazione insediatasi a metà del 2017, ha vanificato molto di quell’impegno. Oltre a causare la chiusura dell’adiacente esercizio e a rendere marginale e trascurata una parte centrale della città. Una realtà che adesso, per essere recuperata, avrà necessità di risorse di gran lunga maggiori a quelle che sarebbero state necessarie a garantire la normale attività del Teatro.
Gli ex dipendenti del Teatro, attivi nella bonifica, mi hanno, più volte, fatto presente come la costante manutenzione della struttura, ad iniziare dal tetto, che loro periodicamente garantivano, aveva impedito le infiltrazioni d’acqua che si sono, poi, puntualmente verificate e hanno interessato, rendendole inagibili, le stesse sale predisposte per gli spettacoli. Una ragione in più per reclamare al più presto la ripresa in cura dell’immobile, la sistemazione delle parti danneggiate e il ritorno delle attività teatrali in tutte le parti agibili. Non trascurando la possibilità di utilizzare il palcoscenico, il terzo per grandezza a livello nazionale, come capitato nei primi anni ‘90 per lo spettacolo la “Memoria del gelso”, mirabilmente diretto da Marco Baliani, con le tribune del pubblico direttamente sul palco. E per fare in modo che le preziose documentazioni sulla vita e le attività del Teatro ancora presenti all’interno dello stabile siano preservate e non rischino la fine del “fondo Ferrero”: 4 mila volumi e riviste cinematografiche, oggi introvabili, che la famiglia di Adelio Ferrero aveva donato al Teatro. Un fondo registrato e di proprietà della Sovrintendenza dei Beni librari della Regione che, nella prima convulsa fase seguita all’inquinamento, è andato, inspiegabilmente, perduto.
Mi riferisco all’archivio storico del Teatro Comunale (1878 – 2 ottobre 2010) con tutti i manifesti degli spettacoli; al “fondo di Giorgio Guazzotti”, critico, autore ed organizzatore teatrale di livello nazionale; all’archivio della scuola di recitazione i “Pochi”, dal 1957-’58. E, non ultimo, al pianoforte a coda, presente nella sala Ferrero, uno Steinway & Sons di sicuro valore che bisognerebbe evitare finisse anch’esso rovinato dall’incuria.