‘Ci chiedono aiuto. Ma è importante la collaborazione’
Casa e lavoro sono le richieste che gli assistenti si sentono ripetere più spesso
PROVINCIA – “I servizi sociali lavorano a fianco della persona per cercare di promuovere la loro autonomia”. E spesso le aspettative di chi si presenta agli uffici del Cissaca sono molto più alte di quello che effettivamente i servizi sociali e quelli sanitari possono fare. Le parole della direttrice del Consorzio, Stefania Guasasco, vogliono tentare di eliminare qualche luogo comune sulle richieste di welfare, sempre in aumento: “Ci chiedono di risolvere problemi concreti come lavoro e abitazione, ma alla base ci dev’essere la volontà della persona di farsi aiutare. Alcuni lo capiscono, altri, a fronte di una collaborazione, non riescono comunque a fare la propria parte. Alla base di tutto c’è il principio di autodeterminazione”.
In un certo immaginario popolare si crede che al Cissaca gli operatori possano risolvere ogni tipo di problema.
Roberto Stura, direttore del distretto sanitario alessandrino precisa: “Di fronte ad un problema sociale o portato alla ribalta delle cronache la comunità si interroga sul perché i servizi non facciano qualcosa. Ammesso che possiamo coordinare i vari enti, le risposte non devono arrivare solo da noi”.
Basti pensare alla richiesta di una casa popolare che dipende dall’Atc. La maggior parte non si sofferma sul costo dei servizi sociali e sanitari: “Curiamo ricchi e poveri e i budget annui non aumentano. Se si decide di destinare più fondi per un capitolo, vuol dire toglierli da un’altra parte”.
Si capisce che per poter aiutare il più possibile, è stato esteso il concetto di incapacità di gestire la propria vita, interpretandolo in senso più ampio come “non autosufficienza sociale”, dove magari la burocrazia ortodossa si sarebbe fermata ai soli casi clinici.
In aumento la povertà di relazioni e la solitudine in città
Sono 980 le nuove “situazioni di bisogno complessivo” trattate dal Cissaca nel 2018, trend in aumento. Casa e lavoro sono le richieste che gli assistenti si sentono ripetere più spesso. Il Consorzio viene incontro con buoni pasto (alla mensa Caritas) e con contributi economici: un fondo di 350 mila euro all’anno per andare a tamponare le situazioni più gravi. Ma con l’introduzione del reddito di cittadinanza – che va già a coprire parte dei soggetti a rischio – questa somma potrà essere meglio ripartita. Oltre alla povertà più generalizzata la paura per gli operatori è che aumenti la “povertà di relazioni”, la solitudine, insomma, e interrogarsi su che opportunità si possano offrire per migliorare le relazioni, anche solo per parlare con altre persone e non sempre con il proprio cane. “La fortuna è di avere una città viva, nonostante le apparenze: volontari, associazioni, enti sensibili. C’è però bisogno di una regia comune”.