Beautiful Boy
CINEMA – “Close your eyes, have no fear. The monster’s gone, he’s on the run and your daddy’s here, Beautiful boy” (“Chiudi gli occhi, non avere paura, il mostro è andato via, sta fuggendo e tuo padre è qui, splendido ragazzo”) Il titolo dell’ultimo lavoro del regista belga Felix Van Groeningen, dopo il successo – nel 2012 – di Alabama Monroe – Una storia d’amore, nominato all’Oscar come miglior film straniero, rimanda a una celebre canzone di John Lennon, nelle cui strofe, a sua volta, ritroviamo in nuce la storia del film.
Nel 2008 il giornalista David Sheff dà alle stampe Beautiful Boy: A Father’s Journey Trough Is Son’s Addiction, romanzo la cui origine si trova in un articolo scritto dallo stesso Sheff per il “New York Times”, dal titolo My Addicted Son. Nel pezzo il cronista racconta con estrema sincerità il calvario suo e del figlio Nic, un ragazzo apparentemente sereno e appagato, in realtà vittima di una dipendenza profonda da alcol e ogni tipo di droga, nel passaggio dalla cocaina all’eroina, sino ad arrivare al Crystal Meth, la metanfetamina in cristalli: la prima causa di mortalità al di sotto dei cinquant’anni in America, come ci ricorda la didascalia conclusiva del film di Van Groeningen.
A pochissimo tempo di distanza dalla pubblicazione del libro di David Sheff, sempre nel 2008, esce un secondo libro, questa volta a firma di Nic Sheff: Tweak: Growing Up on Methaphetamines (Crescere con la metanfetamina).
Van Groeningen confronta e unifica le due narrazioni, trasformandole in un solo racconto-fiume che alterna i punti di vista e gli sguardi dei due personaggi principali, Nic e suo padre, e getta un ponte tra il passato e il futuro (tramite il frequente uso di flashback di raccordo, alla ricerca del punto di origine delle problematiche attuali).
Il lavoro sulla scrittura cinematografica, compiuto con lo sceneggiatore Luke Davies, conduce a una struttura narrativa molto rigorosa, con l’andamento della cronaca, oggettiva nella denuncia di una vera e propria piaga sociale (l’abuso giovanile di farmaci e sostanze stupefacenti) nell’America contemporanea.
Lo stile giornalistico, da inchiesta, viene – poi – stemperato e corretto dall’emotività e il pathos dei momenti di dialogo, confronto, scontro, ricordo di un tempo sereno e lontano che abbracciano padre e figlio entro un orizzonte doloroso ma ricco di stimoli, di speranze sfilacciate, di futuro.
I codici cinematografici si incaricano, attraverso un sapiente gioco di luci e di inquadrature, di focalizzare l’attenzione dello spettatore sul rapporto tra David e Nic, enfatizzato dall’incrocio di sguardi tra i due, spesso molto più pregnante rispetto alle parole.
La colonna sonora rafforza l’assunto, a tratti in maniera un po’ troppo enfatica, passando da John Lennon a David Bowie, dai Nirvana ai Sigur Ròs, per approdare persino a una sinfonia di Henryk Górecki, che colora il momento di una sfumatura melodrammatica.
L’ormai rodato Steve Carell (visto, tra gli altri, in Café Society di Woody Allen, 2016, e Vice – L’uomo nell’ombra di Adam McKay, 2018) e la giovanissima promessa ormai consolidata Timothée Chalamet (protagonista del pluricandidato all’Oscar e premiato per la miglior sceneggiatura non originale Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, 2017, e – nello stesso anno – di Lady Bird, per la regia di Greta Gerwig), istituiscono un duetto attoriale di prim’ordine, sfiorando il melò senza mai caderci dentro.
Chalamet, complice la fisicità adolescenziale, nervosa e irrequieta, regala potere ipnotico al suo personaggio, ambivalente e tormentato. “Mi sono buttato anima e corpo in questo progetto – rivela l’attore – credevo fortemente nella storia. Ho perso quasi 10 chili per la scena dell’overdose, ci tenevo a essere il più possibile autentico. E questo vale per tutto quello che faccio. È questo che ho trovato interessante. Il mio personaggio non è un ragazzo povero o un disadattato: è la dimostrazione di quanto pericolose possano essere le droghe. Sullo sfondo c’è anche la storia di un bambino che diventa un adolescente e poi un uomo, con tutte le ansie e contraddizioni del caso. La sua è una bella storia di riscatto: è caduto in basso, ma è stato in grado di riprendersi, grazie all’amore dei suoi cari e alla sua volontà. Tutti possiamo commettere errori, ma c’è sempre una via d’uscita. E l’amore è di certo una forza che aiuta”.
Riguardo il suo rapporto con il vero Nic Sheff Chalamet ricorda: “Si è presentato all’improvviso in un ristorante di Los Angeles con sua sorella… Ha significato moltissimo parlargli e confrontarmi con lui. Quando ci siamo salutati mi sono sentito totalmente libero di interpretarlo. Come se mi avesse dato la sua approvazione”.
Beautiful Boy
Usa, 2018, 112′
Regia: Felix van Groeningen
Sceneggiatura: Luke Davies, Felix van Groeningen (dal libro “Beautiful Boy” di David Sheff e dall’autobiografia di Nic Sheff, “Tweak”)
Fotografia: Ruben Impens
Montaggio:Nico Leunen
Cast:Timothée Chalamet, Steve Carell, Stefanie Scott, Oakley Bull, Maura Tierney, Kaitlyn Dever, Jack Dylan Grazer, Christian Convery, Amy Ryan, Timothy Hutton
Produzione: Amazon Studios, Big Indie Pictures, Plan B Entertainment
Distribuzione: 01 Distribution