Quando i turchi promettevano: “Porteremo Pernigotti nel mondo”
Nel 2013, all'indomani dell'acquisizione, i fratelli turchi Toksoz avevano promesso investimenti nella Pernigotti di Novi Ligure. Invece secondo i sindacati lo stabilimento è stato "dimenticato" e non sono stati fatti ammodernamenti degli impianti
Nel 2013, all'indomani dell'acquisizione, i fratelli turchi Toksoz avevano promesso investimenti nella Pernigotti di Novi Ligure. Invece secondo i sindacati lo stabilimento è stato "dimenticato" e non sono stati fatti ammodernamenti degli impianti
NOVI LIGURE – «Siamo fieri di aver acquisito Pernigotti, marchio ricco di storia e fascino che identifica nel mondo la gianduia e il torrone italiano. Manterremo e potenzieremo l’attuale struttura, sviluppando l’attività in nuove aree geografiche, sfruttando la forza del marchio Pernigotti», dicevano i fratelli Ahmet e Zafer Toksoz nel 2013, dopo aver rilevato lo stabilimento novese dalla famiglia siciliana Averna (quella del famoso amaro), che a sua volta l’aveva comprata da Stefano Pernigotti nel 1995. E giusto tre anni fa, sempre i due fratelli turchi ribadivano: «Vogliamo portare Pernigotti a competere in dieci anni con i grandi player mondiali del cioccolato».
Purtroppo niente è andato come dichiarato. Ci sono stati sì investimenti nel marketing e nel settore pubblicitario, ma non sul fronte produttivo. Lo stabilimento di Novi è stato “dimenticato”, denunciano i sindacati, senza effettuare alcun ammodernamento degli impianti. Negli ultimi cinque anni sono stati accumulati diversi milioni di euro di perdite e ne ha risentito anche il settore dei semilavorati per la gelateria, di cui la Pernigotti era leader in Italia con oltre il 9 per cento del mercato.
Ad aprile del 2015 aveva chiuso anche il magazzino in località Barbellotta, esternalizzato a Parma: allora a pagarne il prezzo erano stati 50 lavoratori, tra fissi e stagionali. «Questo è il primo prezzo che il territorio novese paga in termini di occupazione per mano della nuova proprietà della Pernigotti. Speriamo che sia anche l’unico», aveva detto all’epoca Raffaele Benedetto, segretario provinciale della Filt-Cgil. Una speranza che purtroppo si è rivelata vana.

Nel 1944 un bombardamento distrugge l’opificio che viene ricostruito e trasferito negli ex magazzini militari di viale della Rimembranza, dove ancor oggi la Pernigotti ha sede. Negli anni Settanta a Paolo subentra il figlio Stefano [nella foto]. È un periodo buio: entrambi i figli di Stefano muoiono in un incidente stradale nel 1980. Lui, senza eredi, nel 1981 cede la Sperlari agli americani di Heinz e nel 1995 la Pernigotti alla famiglia siciliana Averna, che nel 2013 a sua volta vende l’azienda dolciaria novese alla Sanset Food, divisione alimentare del gruppo Toksoz. Attualmente la Pernigotti produce – in diversi stabilimenti, anche all’estero – gianduiotti, torroni, uova di pasqua, preparati per gelato, snack al cioccolato e tavolette, praline e creme spalmabili.