Subì violenze e maltrattamenti dal marito e dalla suocera, due condanne in tribunale
Un uomo di 34 anni è stato condannato dalla corte di Assise di Alessandria a quattro anni di reclusione per violenza sessuale e maltrattamenti e all'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Con lui, per il reato di maltrattamento, è stata condannata a due anni di reclusione anche la madre di lui
Un uomo di 34 anni è stato condannato dalla corte di Assise di Alessandria a quattro anni di reclusione per violenza sessuale e maltrattamenti e all'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Con lui, per il reato di maltrattamento, è stata condannata a due anni di reclusione anche la madre di lui
CRONACA – E’ stato condannato dalla corte di Assise di Alessandria, presieduta dal giudice Aldo Tirone, Abdennabi Sadiqi, 34 anni, a quattro anni di reclusione per violenza sessuale e maltrattamenti e all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Con lui, per il reato di maltrattamento, è stata condannata a due anni di reclusione anche la madre di lui, Fatna Jad, 55 anni. A giudizio era finito anche il suocero, Moustapha Sadiqi, 62 anni, assolto per non avere commesso il fatto. Tra le accuse iniziali c’era anche quella di riduzione in schiavitù, derubricata dalla corte in maltrattamenti, su proposta dello stesso pubblico ministero.
Secondo l’accusa, la giovane donna ha dovuto subire, dal suo arrivo in Italia, fino al 2014, non solo le botte, ma anche parole pesanti: «asino parlante… le mucche sono meglio di te.. non servi a nulla». A lei spettava fare i mestieri per tutta la famiglia, stirare, servire colazioni, pranzi e cene, ad orari diversi. Le veniva impedito di tenere i contatti con la famiglia, in Marocco, e di avere relazioni sociali al di fuori della cerchia domestica. Era la suocera, sempre secondo quanto è emerso in aula, a dettare l’agenda alla quale la giovane doveva attenersi. Le parole della madre erano il “verbo” per il figlio, marito della sposa, che lavorava tutta la settimana a Genova. Era l’anziana di casa che riportava se la nuora si era comportata bene, o male. Quando lo sposo rientrava dal lavoro, rincarava la dose di botte e rimproveri e pretendeva di consumare rapporti sessuali, a suo piacimento. E’ stato a Genova che la giovane donna è entrata in contatto con una delle associazioni antiviolenza, che hanno raccolto le sue parole e il suo dolore.
Alla donna che si è costituita parte civile con l’avvocato Alessandro Suffia, è stato riconosciuto un risarcimento del danno. La difesa, assunta dagli avvocati Stefania Canepa e Murizio Tommarelli, ha sostenuto l’innocenza dei due imputati.