Cannabis ad uso terapeutico: “Alessandria ancora in fase sperimentale”
Dal 2013 la cannabis può essere prescritta gratuitamente come palliativo nella cura di sclerosi, distrofie, dolori cronici, anoressia, ecc In ambito medico, però, il dibattito resta aperto...
Dal 2013 la cannabis può essere prescritta gratuitamente come palliativo nella cura di sclerosi, distrofie, dolori cronici, anoressia, ecc In ambito medico, però, il dibattito resta aperto...
ALESSANDRIA – Quando si parla di cannabis l’opinione pubblica è solita dividersi in tre grandi ‘correnti di pensiero’: la prima, quella dei ‘praticanti-sostenitori’, ovvero coloro che ne decantano doti e potenzialità auspicandone la legalizzazione; la seconda, quella dei proibizionisti duri e puri, per i quali “è una droga e la droga si combatte senza se e senza ma”; a questi si aggiunge una terza ‘scuola’, quella degli indecisi, in cui si collocano coloro che invece hanno le idee confuse perché “è comunque una droga, quindi fa male, però anche l’alcool e le sigarette fanno male eppure sono legali..”. Quando invece si parla di cannabis ad uso terapeutico? Beh, in questo caso la suddivisione è decisamente meno marcata, anche perché a riguardo i pareri sono generalmente sconnessi, frammentari e, a volte, inesistenti. Sì, perché in Italia si sa ancora poco (forse pochissimo) sugli usi e sulle potenzialità di questa pianta in ambito farmacologico. Sclerosi multipla, distrofie, dolore oncologico e cronico, cachessia, glaucoma, vomito ed inappetenza da chemioterapici sono solo alcune delle patologie per cui dal 2013 è possibile la prescrizione di cannabis terapeutica gratuita con spese a carico del Sistema Sanitario Regionale.
Fino alla fine del 2016 il prodotto doveva essere importato dall’Olanda – Bediol e Bedrocan le tipologie più diffuse – ma da gennaio 2017 le farmacie galeniche (ovvero le farmacie che solitamente producono in laboratorio le preparazioni magistrali, ndr) possono acquistare l’FM2, la ‘cannabis di Stato’ prodotta dallo Stabilimento Chimico-Farmaceutico Militare di Firenze. Un decreto ministeriale del 18 giugno scorso ha poi stabilito una tariffa nazionale di circa 9 euro al grammo (Iva 10% inclusa). Prima di quella data la cannabis (olandese e italiana) veniva venduta dai farmacisti a circa 15 euro al grammo per un costo di 7 euro al grammo più Iva. Un provvedimento che se da un lato va incontro alle esigenze economiche del paziente, dall’altro ne condiziona la fornitura da parte delle farmacie. “Purtroppo è inevitabile – spiega il dott. Paolo Buzzi della Farmacia ‘Villiosio’ – se il prodotto costa ai farmacisti più di quanto è possibile farlo pagare diventa poi difficile accettare ordini di una certa rilevanza. Credo sia stata presa questa decisione per agevolare le farmacie ospedaliere e per avere un prezzo unificato a livello nazionale. Questo ha creato però grossi problemi alle farmacie private”.

Il dottor Marcello Pittaluga, titolare della Farmacia ‘Osimo’ e presidente dell’Ordine Provinciale dei Farmacisti di Alessandria, lamenta invece eccessive lungaggini burocatiche e discutibili riscontri medici. “Non tutti i farmacisti sono disposti ad avviare la procedura per la vendita di cannabis terapeutica perché le complessità burocratiche non sono poche. In passato – dichiara il dottor Pittaluga – mi sono interessato al prodotto per soddisfare le esigenze di un cliente che aveva richiesto la cannabis. Lo stesso cliente poco tempo dopo ha deciso di interrompere la cura perché non ne ha riscontrato alcun beneficio”.
La cannabis, se pur terapeutica, è comunque una sostanza presente sul registro degli stupefacenti, di conseguenza un ordine farmaceutico richiede particolari procedure. “Prima di consegnare al cliente il prodotto, – spiega il dottor Buzzi – questo deve essere analizzato da un laboratorio specializzato che ne valuta principi attivi e qualità, quindi i tempi solitamente si allungano. Teniamo conto che i laboratori di questo genere più vicini si trovano a Pavia, Torino o Milano”. Costi di spedizione che si aggiungono così a tariffa ed onorari. “Il decreto ‘Cresci-Italia’ del 2012 ha liberalizzato gli onorari professionali. In questo caso si aggiunge un problema in più perché se il prezzo è fisso mentre gli onorari restano liberi diventa complicato per i pazienti avere costi uniformati”.

Occorre ricordare che le varietà di cannabis ad uso terapeutico sono almeno sei e che diversi sono i modi tramite i quali queste vengono assunte. Un infuso, ad esempio, ha sull’organismo un effetto più blando ma più duraturo (almeno quattro o cinque ore). L’assunzione per via inalatoria, invece, ha un effetto più forte ed immediato che però svanisce nel giro di due ore. Ad ogni modo, emblematica almeno sul piano delle intenzioni la scelta fatta dallo Stabilimento Chimico-Farmaceutico Militare di Firenze che da qualche mese ha deciso di triplicare la produzione per arrivare ad una disponibilità di oltre 300 kg.
“Riguardo l’efficacia penso che solo il medico e il paziente possano giudicare effetti e benefici. Per noi farmacisti – sottolinea Paolo Buzzi – esistono parecchi corsi di aggiornamento sulla cannabis terapeutica. In Italia due società scientifiche si occupano esclusivamente dello studio di questo prodotto. Pian piano sta diventando un argomento sempre più discusso ed approfondito, ma c’è ancora tanto da lavorare. In Piemonte gli ospedali e le farmacie ospedaliere che prescrivono cannabis terapeutica sono in aumento. I dati riguardanti il 2016 sul consumo di cannabis terapeutica sono ancora abbastanza bassi perché parliamo di una terapia di seconda o terza scelta. Inoltre ancora non esiste una casistica sufficientemente ampia per malattie quali sclerosi e distrofie. Il dibattito, dunque, è effettivamente aperto”.