Il suicidio di un ragazzo, il suicidio di tutti
Scioccante. E questo lunico aggettivo che mi viene in mente per descrivere lepisodio accaduto a Lavagna, dove il 13 febbraio un ragazzo di sedici anni si è tolto la vita. Fatto che lascia tutti quanti allibiti, perché dinnanzi ad un suicidio non si può fare altro che rimanere in un silenzio sconcertato.
Scioccante. E? questo l?unico aggettivo che mi viene in mente per descrivere l?episodio accaduto a Lavagna, dove il 13 febbraio un ragazzo di sedici anni si è tolto la vita. Fatto che lascia tutti quanti allibiti, perché dinnanzi ad un suicidio non si può fare altro che rimanere in un silenzio sconcertato.
Fatto che lascia tutti quanti allibiti, perche dinnanzi ad un suicidio non si può fare altro che rimanere in un silenzio sconcertato.
Si dice che la causa di questo folle atto sia stata la droga, sia stato quel terribile vizio che un ragazzo troppo giovane si stava portando dietro; forse per la vergogna, per la disperazione, per un meccanismo inspiegabile del cervello, il giovane si è lanciato dalla finestra di casa: ad aspettarlo, la morte.
Quella mattina la madre, Antonella Riccardi, era andata alla Guardia di Finanza per denunciare il figlio, con un coraggio molto discusso e altrettanto esaltato; ma, si sa, “nelle grandi imprese è impossibile piacere a tutti” (Solone).
Questa fu davvero una grande impresa; chi sa cosa sarebbe stata la cosa giusta da fare?
Il poeta Lello Voce, parlando per personale esperienza, critica il comportamento della donna, accusandola di non essere stata abbastanza vicino al figlio in un momento di assoluto e vertiginoso smarrimento. Dice di essersi salvato dopo otto anni di dipendenza da droghe leggere e non solo, proprio grazie alla madre, che con pazienza lo seguiva giorno per giorno nella sua lotta contro l’insoddisfazione e qualcosa che si potrebbe chiamare “non vita”.
L’appello della madre durante i funerali del figlio è davvero uno slancio a vivere, un discorso rivolto a ragazzi che come suo figlio possono cadere in questa trappola, e non uscirne più. “Per mio figlio è troppo tardi, ma forse non lo è per alcuni di voi”.
Un appello alla salvezza, un grido contro le droghe e contro la società alienante in cui siamo immersi. Se un ragazzo giovane si toglie la vita, vuol dire che qualcosa non va. La vera causa va ricercata oltre la droga, oltre la perquisizione fatta a casa, oltre tutto ciò di cui tanto si è parlato; il fatto è semplicemente questo: la drammaticità di un suicidio, la cui causa risiede soltanto nella mente di colui che lo ha compiuto.
Molti dicono che l’unico provvedimento davvero utile sarebbe adottare un approccio psicologico più efficace. Forse hanno ragione gli americani, che riconducono ogni tipo di malessere ad uno stato mentale, e non c’è persona in America che non vada da uno psicologo. Prima si va dallo psicologo, che cura il nostro umanamente precario equilibrio mentale, e poi si affronta tutto il resto.
Si è parlato anche molto della dubbia giustizia nell’attuare perquisizioni nelle scuole; “Dobbiamo salvarli noi questi ragazzi” ha affermato Renzo Nisi, comandante provinciale della Guardia di Finanza. Per portare avanti questo compito, secondo lui sono necessari controlli periodici nelle strutture più frequentate dagli studenti; un’idea razionalmente condivisibile, ma emotivamente condannabile. Il problema non è uno, i problemi sono tanti.
La vita frenetica, il consumismo allarmante, la tecnologia in ascesa esponenziale, la difficoltà nell’esprimere emozioni e pensieri che fanno parte di noi e ci rappresentano unicamente.
Una lotta continua; un confronto da sostenere. Cerchiamo gli strumenti per superare indenni questa corsa a ostacoli: la vita.