Emma Camagna: “Il futuro è incerto, ma noi da giovani abbiamo fatto più sacrifici”
La nota giornalista di Alessandria, 60 anni di carriera, racconta la 'sua' Città piena di contraddizione, ma che non può non amare. I mandrogni, il traffico, la guerra, i giovani e molto altro.
La nota giornalista di Alessandria, 60 anni di carriera, racconta la 'sua' Città piena di contraddizione, ma che non può non amare. I mandrogni, il traffico, la guerra, i giovani e molto altro.
Ha visto l’alba de “L’unica vera conquista industriale, la Michelin” e il tramonto della Borsalino, storie da annali di biblioteche ormai, che i giovani “sempre attaccati ai telefonini” non conoscono più. “Anche perché i ragazzi di oggi non sembrano molto disposti a fare sacrifici, anche se fanno più volontariato”. E ricorda la figlia di una conoscente che non voleva lavorare il sabato in negozio, preferendo le ‘vasche’ in corso Roma. Inaudito per la decana dei giornalisti che ha sempre lavorato sette giorni su sette: “Ho fatto sacrifici ma sono ancora in salute. Ho lavorato molto, ed ho vissuto”, racconta con un po’ di amarezza nel vedere le nuove generazioni poco combattive. “Sono anche altri tempi”, ci pensa su, “Noi uscivamo dall’università sapendo già cosa avremmo fatto da grandi. Il domani era, per così dire, un po’ più delineato. Questa è invece una generazione fragile che non sa cosa ne sarà del proprio futuro”.
Dagli Anni ’50 Emma Camagna ha raccontato vite, morti e (pochi) miracoli di una città che ovviamente è cambiata con il mutare delle epoche, ma che, alla fine, è rimasta sempre la stessa. Si susseguono le generazioni ma i Mandrogni, alla fine, restano sempre critici, freddi e caustici. Onesti perlopiù (“In tanti anni di cronaca giudiziaria posso dire che sono pochi gli alessandrini delinquenti”), anche se il confine tra truffatori e uomini d’affari, spesso era sottilissimo. In puro stile mandrogno. “Nel raggiro c’era comunque ingegno”, ammette.
Come si vive oggi? “Amo Alessandria, anche se so che non è una bella città. Il centro è una tristezza, con tutti questi negozi che aprono e chiudono alla velocità della luce. I marciapiedi sono tutti rotti, e per me che vado sempre a piedi è un problema. Si, perché Alessandria si può tranquillamente percorrere camminando. Dal Tribunale al centro arrivo prima io che la mia collega in auto, non mi stresso a trovare parcheggio. Faccio movimento e non inquino. Mi piace percorrere adagio via Bissati per gustarmela…”.
Non parlatele del Meier, però (“Non ci sono ancora andata sopra”), preferisce lo stile antico (anche se riconosce il vantaggio idraulico), e non chiedetele di acquistare all’Outlet di Serravalle: “Ci sono andata una volta: mai più. Chi ha i soldi – e ce n’è in città – dovrebbe far girare l’economia nei negozi vicini. E non andare a Milano, per sentirsi migliore degli altri. Gente così è ancora più provinciale”. Della storia recente ricorda le capacità del sindaco Abbiati, il carisma di Basile (“anche se politicamente non era molto…”) e la forza della Calvo, “Spesso ci siamo scontrate”. Sulla politica contemporanea si salva in calcio d’angolo: “E’ da un po’ che sono lontana dalle cronache politiche…”
Ipse dixit
Pigrizia. Gli Alessandrini sono sempre critici, ma se dai qualcosa rispondono con entusiasmo
Odi et amo. Ho sempre amato Alessandria: faccio adagio via Bissati per gustarmela
Bellavita. Ho iniziato a vivere a 40 anni, vivo molto meglio adesso
[Intervista tratta dal settimanale ‘Alessandria News e Sport’ di lunedì 9 gennao 2017]