In scena una “Roba da Matti”
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Stefania Cava - stefania.cava@alessandrianews.it  
26 Dicembre 2015
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In scena una “Roba da Matti”

Andrà in scena questa sera, 26 dicembre, "Roba da Matti", commedia in tre atti scritta e diretta da Diletta Argenteri e portata in scena dalla giovane compagnia di teatro di Piovera. Siamo andati ad incontrarli, per scoprire qualcosa in anteprima...

Andrà in scena questa sera, 26 dicembre, "Roba da Matti", commedia in tre atti scritta e diretta da Diletta Argenteri e portata in scena dalla giovane compagnia di teatro di Piovera. Siamo andati ad incontrarli, per scoprire qualcosa in anteprima...

CULTURA E SPETTACOLO – Il comico Leonard Fechtner sosteneva che l’unico modo per non impazzire, a questo mondo, fosse quello d’essere già un po’ matti. Saltar la corda con il filo sottile che divide la normalità da un’innocua follia, del resto, è sempre stato molto facile: gli effetti collaterali, di solito, sono entusiasmo e adrenalina, un pizzico di autoironia e una buona dose di divertimento. Tutti ingredienti che abbiamo trovato anche nello spettacolo “Roba da Matti”, scritto e diretto da Diletta Argenteri, che sarà portato in scena dalla giovane compagnia amatoriale di Piovera, nella sera del 26 dicembre. Abbiamo avuto l’opportunità di assistere ad una prova e di fare quattro chiacchiere con la regista ed il cast.

L’anno scorso erano “Fiori d’Arancio”, quest’anno una “Roba da Matti”…
Diletta:Sì, nella commedia del 2014 eravamo volati indietro nel tempo, a inizio ‘900: avevo scritto il copione pensando ad un periodo che adoro, ed avevo potuto contare sul supporto di mio papà, storico regista di commedie pioverine, scomparso qualche mese prima che andassimo in scena. Quest’anno, invece, ci siamo spostati in un manicomio un po’ particolare, sull’orlo di una crisi economica e con un team di pazienti, dottori ed impiegati davvero fuori dal comune: si ride, ovviamente, con i matti, e non dei matti. Non c’è alcun intento di derisione nei confronti della malattia, ma si creano sul palco gag e battute che fanno capire come, in fin dei conti, esistano solo varie sfumature di follia.

Quella del 26 dicembre è una tradizione che si rinnova…
D:Sì, era un’abitudine pioverina del passato, che per tanto tempo è stata dimenticata. Tre anni fa, però, ci è venuto in mente di riproporre qualcosa. Abbiamo iniziato con un testo “prestato”, scritto da altri, ma l’anno seguente, con “Fiori d’Arancio”, è andata in scena una commedia originale ed interamente nostra. Il legame tra il paese, i suoi abitanti e le tradizioni, qui, è molto forte e capita che a calcare lo stesso palco ci siano più generazioni. Ero bimba quando ci recitavo con mio papà e quest’anno mia figlia parteciperà allo spettacolo. Insomma, una storia pioverina che si rinnova…

Il dialetto è una costante dei vostri spettacoli
D:Sì, cerco sempre di ritagliare due personaggi – di solito i più grandi della compagnia – che si esprimano esclusivamente in dialetto. Un’intera commedia in dialetto sarebbe impensabile, un po’ perché ormai sono in pochi a capirlo, un po’ perché la nostra compagnia è giovane ed i ragazzi non sanno parlarlo. Però un’impronta di chiacchiericcio dialettale, secondo me, è sana: col dialetto si esprime una parte più sanguigna, capace di rendere anche argomenti un po’ volgari più appetibili, grazie al linguaggio edulcorato 

La vostra compagnia è molto giovane.
D:Sì, l’età media è decisamente bassa, anche se ci sono alcuni veterani ed altre nuove entrate. Siamo tutti quanti attori non professionisti, che riescono a ritagliare dalla propria vita quotidiana il tempo e lo spazio per imparare il copione, provarlo ed occuparsi dello spettacolo, tra luci e scenografie. Non è sempre facile e capita che il clima, a volte, si faccia teso, ma riusciamo sempre, in un modo o nell’altro, a capirci e collaborare. Di solito i lavori iniziano presto, a marzo, quando concludo il copione nuovo. Ogni attore riceve la parte con cui ha più affinità, così da rendere più semplice anche la memorizzazione e l’interpretazione.

Sembrate divertirvi molto…
È vero, anche se gli imprevisti a volte sono all’ordine del giorno. Ogni tanto mando io stessa sul palco qualche attore che non avrebbe dovuto essere in scena, per disturbare e rendere più comico il quadro. I ragazzi sono molto bravi a reggere il gioco, improvvisano ed io mi fido di loro.

La vostra pazzia sembra essere contagiosa. Come si fa ad essere così affiatati?
Cast: Ci mettiamo impegno, ma la regola fondamentale è una, che diceva sempre chi ha fatto teatro prima di noi: si va avanti finché ci si diverte. Nel momento in cui subentra la noia, la pigrizia o semplicmente passa la voglia, si abbandona la squadra. Altrimenti, ci si mette d’accordo e si affrontano insieme le difficoltà, come sempre.

Vi piacerebbe portare in giro la vostra commedia?
C: Sarebbe divertente, ma anche molto più impegnativo, perché qui giochiamo in casa. Siamo tutti del paese e tutti ci conoscono, quindi a volte ci perdonano qualche gaffe. Il testo della commedia, tra l’altro, è a tratti una businà, come quella di Gelindo: parla di personaggi pioverini difficilmente “esportabili”. E poi ci sarebbero i problemi legati ai turni di lavoro, agli impegni personali…

Un impegno non indifferente. La soddisfazione, però, è grande…
C: Sì, soprattutto quando si incontrano, a fine spettacolo, persone che ci ringraziano per aver regalato loro un paio di ore spensierate. Sembra roba da poco, ma è una cosa che ci riempie di orgoglio e di adrenalina, e ci carica anche per il resto dell’anno.
D:In fondo, siamo un gruppo di matti, ma io a loro lo dico sempre: siamo un bel gruppo.

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