Jihaidismo ed espansionismo dell’Isis, incontro con Domenico Quirico
L'inviato di guerra de "La Stampa", tornato da poco da un viaggio in Siria, insieme al prof. Valter Coralluzzo è stato ospite dell'associazione Cultura e Sviluppo per ragionare sul micidiale intreccio fra guerra e terrorismo che dal Medio Oriente sta investendo le società europee
L'inviato di guerra de "La Stampa", tornato da poco da un viaggio in Siria, insieme al prof. Valter Coralluzzo è stato ospite dell'associazione Cultura e Sviluppo per ragionare sul micidiale intreccio fra guerra e terrorismo che dal Medio Oriente sta investendo le società europee
ALESSANDRIA – Chi, meglio di Domenico Quirico – nel 2013 ostaggio degli jihaidisti in Siria per ben 5 mesi – , può descrivere il profilo di un combattente dell’Isis? Anzi, di Daesh (adattamento di DAIISH, cioè l’acronimo tratto direttamente dall’arabo “Al Dawla Al Islamiya fi al Iraq wa al Sham, n.d.r.) , termine che lo stesso Quirico preferisce usare. Insieme a Valter Coralluzzo, professore di discipline storico-politologiche all’Università di Torino, il giornalista e inviato di guerra de “La Stampa”, da pochi giorni rientrato da un viaggio in Siria, venerdì 4 è stato ospite dell’associazione Cultura e Sviluppo. Un’intensa e molto partecipata occasione per riflettere su temi mai come in questo ultimo periodo di stingente attualità, quali la sanguinosa guerra civile in Siria e la preoccupante espansione dello Stato Islamico, che con gli ultimi terribili attentati sta seminando terrore in tutto il mondo.
Sgombrare il campo dalla retorica, spazzare via i luoghi comuni, anche questo serve per comprendere meglio il fondamentalismo islamico del califfato. “Quello in corso non è un conflitto tra civiltà e barbarie – sostiente Coralluzzo – Il terrorismo è un frutto, se pur ibrido, della modernità. Basti pensare al grande utilizzo fatto di internet e delle moderne tecnologie per promuovere la propaganda dell’Isis. Senza poi dimenticare i forti legami che legano lo Stato Islamico all’economia globale”. Un disegno politico con mire espansionistiche, che manifesta la chiara volontà di amministrare territori e popolazioni, è questa la grande differenza che c’è tra l’Isis di oggi e l’Al-Qaeda di ieri. “Bin Laden non sognava nemmeno di riuscire a costruire uno Stato islamico, – afferma Quirico – gli bastava seminare il terrore nel mondo. Al Qaeda era un problema di polizia, di intelligence. Un problema che è stato praticamente risolto”. Il califfato, invece, è un “progetto territoriale. La sua attività non si esaurisce nel terrorismo. La novità è la conquista del territorio con metodi tradizionali, come l’abbattimento delle frontiere di due ex Stati, Siria e Iraq” sostiene Quirico.

Lo scoppio nel 2011 della guerra civile in Siria è stata la scintilla dalla quale si è generato il califfato di Abu-Bakr Al-Baghdadi, “senza la guerra in Siria lo Stato Islamico probabilmente non sarebbe mai nato. Il regime siriano è stato eliminato e di conseguenza si è creato un vuoto dal quale tutto ha avuto inizio”. A partire dal 2012, infatti, lo Stato Islamico dell’Iraq, fondato da Al-Zarqawi durante l’occupazione americana successiva alla caduta del regime di Saddam Hussein, è intervenuto in Siria contro il regime di Assad, riuscendo poi ad occupare Raqqa e trasformandola nella capitale dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria.
