Intervista ad “Audi” (Fabrizio Audano), figura storica del tifo alessandrino
Materia Grigia ha intervistato Fabrizio Audano, per tutto l'ambiente grigio, e non solo, semplicemente "Audi". Una lunga chiacchierata sulla storia del tifo alessandrino, con aneddoti e confidenze, e con un'analisi sulla società e la squadra di oggi
Materia Grigia ha intervistato Fabrizio Audano, per tutto l'ambiente grigio, e non solo, semplicemente "Audi". Una lunga chiacchierata sulla storia del tifo alessandrino, con aneddoti e confidenze, e con un'analisi sulla società e la squadra di oggi
ALESSANDRIA – Sabato 31 Ottobre 2015 – Stadio Moccagatta
Ci ritroviamo proprio nel posto giusto: grazie all’ospitalità di Rossella e Massimo, ad accogliere la squadra di Materia Grigia in quest’occasione è il bar all’interno dello stadio Moccagatta. Un luogo ideale dove i tifosi (della curva e non) possono ritrovarsi, scambiare opinioni sulla partita precedente, organizzare il tifo e le eventuali trasferte degli incontri a venire.
Qui ci attende uno degli ultras storici dell’Alessandria Calcio, Fabrizio Audano, per tutti semplicemente “Audi”. Una maglia in bella mostra con la scritta “Ultras. La passione non è reato”, e sullo sfondo una magnifica foto della Gradinata Nord. Insieme a lui vogliamo affrontare una serie di temi, con particolare attenzione alla storia e alla situazione attuale del tifo organizzato in Alessandria.
Zio, Audi
“Mi considero un Ultras, da sempre, nella mente e nell’orgoglio, come dice uno striscione fatto dai tifosi cagliaritani. La passione per i Grigi mi è stata passata da papà che mi portava già allo stadio quando avevo appena quattro anni. Ho infatti iniziato a venire qui al Moccagatta nel 1969. Ricordo bene le stagioni 73-74 e l’anno della serie B, 74-75. Frequentavo già a quei tempi la curva ma, devo dire, che era allora molto blanda. Migliorò grazie ai ragazzi dell’oratorio (di San Rocco, ndr) che avevano fondato gli Ultras. Allora avevo nove anni e li seguivo con le latte di ferro per poter fare baccano allo stadio non potendo io battere sul tamburo. Fu però una battaglia con mio padre che non voleva diventassi un ultra. Mia madre spesso mi copriva quando volevo andare a vedere le partite anche in trasferta”.
Gli amici
“Ne ho parecchi di amici, alcuni purtroppo non ci sono più. In primis Chiarugi, Enrico Cislaghi. Lui era un vero leader, e probabilmente ora è anche il capo fra gli angeli, là in alto. Quando è mancato ha avuto riconoscimenti da tutta Italia per com’era allo stadio. Anche Cisley, che faceva il panettiere, veniva a San Rocco. Questi ragazzi portavano avanti il nome Ultras, preso da quelli della Fiorentina. Qualche amico, però, oggi non viene più. Fra quelli ancora presenti posso ricordare in particolare Geppo e il Long (Carlo ndr) fra i più vecchi. Chiarugi era il capo, ruolo che si è guadagnato con i gesti e con quello che ha fatto. Al suo funerale, dove c’era anche don Ciotti, sono andato a parlare e, pubblicamente, l’ho ringraziato per come mi ha insegnato ad essere Ultra, leale e sempre presente a incoraggiare la squadra, ma anche a contestarla quand’è il caso. Una contestazione che, senza eccessi, è utile persino nei momenti positivi. Questa è una mia presa di posizione maturata negli anni nei confronti dei giocatori verso i quali è da tempo che non riesco più ad appassionarmi. Non riesco cioè ad avere il mio personaggio a cui “volere bene”.

“Fra i tanti passati negli anni ricordo in particolare Galparoli, Serioli, Perugi che è mancato, Tony Sabato. Giocatori che sul campo sudavano per la maglia e, anche se perdevano, uscivano fra gli applausi della gente del Mokka. Per come la vedo io, la generazione di giocatori di oggi è molto differente… Ed è troppa la distanza con i tifosi”.
Le trasferte più dure
“Da giovane (nell’81) ricordo un Carrarese-Alessandria, quando ci fu una grossa trasferta di massa di tifosi grigi. Sul campo pareggiammo 1-1 ma dovemmo fare tutto il viale di ritorno dallo stadio inseguiti dai tifosi avversari. Si arrabbiarono perché noi, ricordo, avevamo una maglia bianca con l’ovale nero ed il teschio con la spada. Loro, anarchici, la presero come una provocazione politica. Pareggiammo anche grazie al fatto che il nostro portiere Zani parò un rigore. L’unico a fare invasione sul campo fu Enrico Cisley”.
La curva e la politica
“La nostra curva non ha assolutamente una connotazione politica. Siamo totalmente distaccati. Ricordo solo una volta, quando festeggiavamo una promozione col Siena, che Remo (Benzi), per goliardia, attaccò la bandiera dell’America e quella della Russia (Unione Sovietica ndr) insieme a quella di Bob Marley. Anni fa ci furono litigi con quelli di Potere Grigionero, un gruppo legato al Fronte Nazionale della Gioventù con sede in corso Romita. Ma da noi, attualmente, la politica rimane fuori. Questo è evidente anche dai simboli che sono utilizzati e dai cori che cantiamo. Poi, ciascuno ha le sue idee, ma il tifo è un’altra cosa”.
Gli anni ’80 e ’90
“Da noi non ci sono mai stati episodi di scontri pesanti. Uno di quelli più forti fu a Savona, nel 1981 in occasione di una Savona-Alessandria finito 0-1. Un tifoso avversario mi pare che finì addirittura in coma. Ma si trattò appunto di un caso isolato”.
Le tifoserie meno amate e quelle gemellate
“Le squadre nostre nemiche sono note a tutti, dal Casale al Novara, dal Derthona allo Spezia. In questi casi si parla anche di odio, ma in realtà io ho rispetto per gli ultras, perfino di queste squadre; gli spezzini e i casalesi li conosco, e sono comunque sempre presenti. I rapporti di amicizia si sono instaurati grazie ai più vecchi di noi, e ancora una volta soprattutto grazie a Enrico. Sono in particolare Genoa, Torino, Viareggio e Trento”.

“Oggi purtroppo non c’è molta partecipazione soprattutto durante la settimana. Sembra che molti non facciano altro che timbrare il cartellino alla domenica e poi non si vedono più fino alla partita successiva. Manca un luogo di ritrovo, un posto in cui fare la “preparazione” settimanale. Molti usano solo la tastiera per esprimere le loro opinioni che, pur legittime, non sono quasi mai costruttive. Sono solo improntate alla critica. Oggi manca quel luogo che una volta era il Baleta, dove ci si poteva trovare. Anche il bar dello stadio però potrebbe diventarlo. Quelli che portano avanti il nome Ultras si vedono solo alla domenica, ma a volte è necessario avere un contatto con la società o con le forze dell’ordine, e in quel caso ci siamo sempre anche io e Massimo. Non sono particolarmente contento della curva di adesso. Domenica scorsa (Alessandria – Renate ndr) sul 3-0 sembravano “annoiati”. Inoltre ho l’impressione che la curva sia affollata perché costa solo dieci Euro e si vede bene. Ma in realtà è solo una porzione della Gradinata (il rettangolo segnato dall’area piccola della porta) a cantare, rimanere in piedi e partecipare al tifo. La curva vecchia, più bassa, era certamente più coinvolgente. Alcuni dei ragazzi che guidano la curva oggi li abbiamo visti partire questa mattina (per la trasferta a Cittadella ndr). In particolare persone come Roberto, il Pietra, è uno che va e tiene alto l’onore anche nelle situazione difficili come ad esempio durante la sconfitta a Lumezzane di quest’anno. Io, se devo contestare e ho qualche cosa da dire, non scrivo sulla tastiera, ma vado direttamente agli allenamenti o in società. Ho molta riconoscenza nei confronti dei nostri ragazzi della Nord per quanto successo invece in occasione del furto delle sciarpe nell’autogrill nei pressi di Brescia. Quello è stato un bel gesto fatto dai nostri, ricordato e riconosciuto da tutte le tifoserie (in particolare da quella del Brescia ndr).
Gli altri tifosi del Mokka
“Con quelli del parterre c’è una bella collaborazione. Il rettilineo è oggi una parte piuttosto anonima dello stadio. Anni fa volevamo fare uno striscione con scritto “Brigata Saliva” perché il guardalinee che andava da quella parte era costantemente bersagliato da persone che lo seguivano per tutta la partita. Oggi questo non capita più. Si va allo stadio e si sta seduti composti sui seggiolini”.
La presidenza Di Masi
“Devo dire che Luca sta facendo veramente tanto, nonostante il fatto che, all’inizio, ci siano state delle incomprensioni dovute al fatto che probabilmente lui era all’oscuro di tante situazioni preesistenti al suo arrivo. Può aver fatto degli errori, ma devo riconoscergli di essere un appassionato ed un tifoso. Lo ringraziamo perché, dopo Capra, le cose sono migliorate e stiamo andando bene”.

“Da quando è arrivato Gregucci i giocatori non hanno più alibi. Gregucci è intoccabile. Ha di buono la capacità di tenere a distanza i giocatori e di essere attento ad evitare che non si ripetano situazioni come quella dell’anno scorso, quando tanti non davano più retta a D’Angelo per evitare di fare i play-off. Gregucci è un “cuore” di Taranto, uno che ha lasciato qui un ottimo segno, pur essendo stato anche lui presente allo spareggio perso a Modena. Scienza, secondo me, è invece stato troppo molle nel rapporto con i giocatori. E questo alcuni lo avevano già notato al ritorno dal ritiro di Bardonecchia”.
Trasferte e tessera del tifoso
“Non vado in trasferta perché non mi tessero. “Loro” sanno tutto di me, Audano Fabrizio, nato ad Alessandria … eccetera, relative diffide ed arresti. Perché devo fare allora la tessera del tifoso? E perché allora quando c’è da organizzare qualche cosa vengono sempre da me? Parlo della Digos, con la quale ho sempre un rapporto di dialogo positivo fin dai tempi del dottor Sanna, attualmente Questore di Venezia. Diffide ne ho avute ma mai per motivi “stupidi”, come quello di aver portato allo stadio un coltello o di aver lanciato oggetti in campo. Come ho avuto modo di vedere qualche tempo fa, gli stewart all’entrata della Nord confiscarono un coltello ad un ragazzo. Ma è possibile venire allo stadio con un coltello? Questo significa un totale menefreghismo e indifferenza di persone che vengono solo, lo ripeto, per timbrare il cartellino. Io ho sempre seguito la squadra fino a quando non hanno introdotto l’obbligo della tessere del tifoso. Anche per Tyson (Massimo, che ci ospita e che è impegnato a sistemare il bar per la partita del pomeriggio, ndr) vale lo stesso discorso. Oggi, tra l’altro, non si riescono più a riempire i pullman come una volta, anche perché non vi sono occasioni di incontro settimanale. E’ paradossale, ma sembra che sia meglio quando la squadra lotta per la retrocessione, perché la curva si compatta e canta. Al contrario è facile vedere più critiche nei momenti migliori”.
La stagione 2015-2016
“A mio parere sarà fondamentale rimanere aggrappati alle prime 6/8 posizioni nella prima parte del campionato. Luca, a gennaio, potrebbe comprarci un paio di giocatori e, in primavera, potremo prendere il volo. Se non arriveremo primi, sarà fondamentale arrivare ad affrontare i playoff al top della forma, un po’ come fece il Como la scorsa stagione”.
I Grigi nel cuore
“I Grigi sono per me una passione, una fede. Rappresentano anche un momento, un luogo dove potermi incontrare con gli amici che non posso vedere durante la settimana. Una volta essere Ultras significava esserlo dal lunedì al lunedì, oggi questo è cambiato. Ma il mio spirito rimane quello di un tempo” “Mai per moda, solo per passione”.
A cura di Gianluca Ivaldi e Giorgio Barberis